I |
ORota diualore dolze meo sire. alegra sono seluostro gientile core. canta delfino amore. volgliendo ilmio comincio p(er)seguire. chassai megioia auerui aseruidore. e quandio sento chagiate disire. obrio ongne martire. esolo dibene nanza agio sauore. Cauoi mirando amore tuta mauingie. si chio onobrio ongne altro jntendimento. esenomfosse blasmo che pauento. jo seguirei laoue lamore mi pingie. malo dolze sperare chagio delpome. loquale credo compiere como ma vimse. che quando cominciai tanto mauimse. che purtemppo aspeta(n)do dico ome. |
Orota di valore, dolze meo sire, alegra sono, se ʹl vostro gientile core canta del fino amore, volgliendo il mio comincio perseguire: chʹassai me gioia avervi a servidore, e quandʹio sento chʹagiate disire, obrio ongne martire e solo di benenanza agio savore: ca, voi mirando, amore tuta mʹavingie, si chʹio o ʹn obrio ongne altro jntendimento e se nom fosse blasmo che pavento, jo seguirei là ove lʹamore mi pingie; ma lo dolze sperare chʹagio del pome, lo quale credo compiere como mʹavimse, che quando cominciai tanto m’avimse, che, pur tempo aspetando, dico :”O, me!”. |
II |
ORota sire quanta jnamorai. deluostro grande ualore diediui pengno. locore meco nolotengno. conuoi dimora poi checoninzai. edo temenza sio piu nanti ue ngno. nonio agia destati limiei guai. p(er)chio gia nonamai. nedisiai sensu questo mauengno. poragio dire chamore sia poderoso. epossame sicome glialtri amanti. alegra fare dichanti. edongne meo sospiro fare gioioso. pero fermeza degia te pilgliare. chaltra uolglienza gia piu nonmin cora. senon chio atendo lora. co mio uipossa alegra gioia donare. |
Orota sire, quanta jnamorai del vostro grande valore, diedivi pengno lo core: meco no˙lo tengno; con voi dimora poi che coninzai, ed o temenza, sʹio più nanti vengno, non io agia destati li miei guai, perchʹio già non amai né disïai; se ʹn su questo mʹavengno, poragio dire chʹamore sia poderoso, e possa me, sì come gli altri amanti, alegra fare di chanti, ed ongne meo sospiro fare gioioso: però fermeza degiate pilgliare chʹaltra volglienza già più non mʹincora, se non chʹio atendo lʹora comʹio vi possa alegra gioia donare. |
III |
ORota sire assai odo souente. comore non(n)e senonaue dottanza. chi nomsente persanza. nompo digrande ualore essere tenente. chi bene ama non uolglia souer chianza. mosostenere jngioia umilemente. cio cha damore presente. etutora afinando sua speranza. Tutora cielando lasua openione. fugiendo blasimo eseguen do umilitate. credo bene chelofate. tante lauostra nobile discrezione. edeo me desima auengna nomsia sagia. lonostro amore uolgliendo ricielare. assai sen to penare. temppo aspetando acio chemincoragia. |
Orota sire, assai odo sovente comore nonn-è, se non ave dottanza: chi nom sente pesanza nom po’ di grande valore essere tenente. Chi bene ama non volglia soverchianza, mo sostenere jn gioia umilemente ciò cʹha dʹamore presente, e tutora afinando sua speranza, tutora cielando la sua openïone, fugiendo blasimo e seguendo umilitate: credo bene che lo fate, tantʹè la vostra nobile discrezione. Ed eo medesima avengna nom sia sagia, lo nostro amore volgliendo ricielare, assai sento penare, temppo aspetando a ciò che mʹincoragia. |
IV |
ORato sire dolze meo sengnore. comfortate chio piu diuoi jnciendo. negia vita nomprendo. seno nsolo dip(er) venire alore. comio viposso sodisfare gaudendo. diquello laondio fui cominciatore. piu diuoi no dolore. eframe stessa sospiro pia ngiendo. Esenomfosse chio nonmidispero. pemsando delauostra gientilia. cheso chauete tanta cortesia. chatendere tempo nomuisia guerero. Epoi direte ame sio fo fallenza. eferma sichurta dime credete. che piu chio nomsono mia uostro mauete. diquanto piu auesse jnme potenza. |
Orato sire, dolze meo sengnore, comfortate, ch’io più di voi jnciedo, né già vita nom prendo se non solo di pervenire a lʹore comʹio vi posso sodisfare, gaudendo, di quello laondʹio fui cominciatore: più di voi nʹo dolore, e fra me stessa sospiro piangiendo; e se nom fosse chʹio non mi dispero, pemsando de la vostra gientilia, ché so chʹavete tanta cortesia, chʹatendere temppo nom vi sia guerero; e poi direte a me s’io fo fallenza, e ferma sichurtà di me credete che, più chʹio nom sono mia, vostro mʹavete, di quanto più avesse jn me potenza. |
V |
Orato sire sio nonuo seruito. p(er) nonuolere giano(n)o lasciato. eassai mi fora jngrato. chelo mio talento fossene seguito. chio uamo edamero edagio amato. e dongne altro disio me fugito. louostro fino amore me siagradito. congne valore auetemi furato. Pero conuie ne sico mppia lodisio. eseguiti lo bono comin ciamento. dicio prendete dame ferma mento. chesolamente equesto iluolere mio. dip(er) seguire louostro piaciere. enontardare gia lungo temporale. pero vipriego sedime uichale. chebono comfortto sia jnuostro pemsiere |
Orato sire, sʹio non v’o servito, per non volere già nonn o lasciato, e assai mi fora jngrato che lo mio talento fossene seguito: chʹio vʹamo ed amerò ad agio amato ed ongne altro disïo mʹè fugito; lo vostro fino amore mʹè si agradito, chʹongne valore avetemi furato. Però conviene si comppia lo disio, e seguiti lo bono cominciamento: di ciò prendete da me fermamento che solamente è questo il volere mio, di perseguire lo vostro piaciere e non tardare lungo temporale; però vi priego, se di me vi chale, che bono comfortto sia jn vostro pemsiere. |