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I |
Quando mimembra lassa. sicome gia fui damore. pemsando alore. bene douria chi bassa. mostra chio sia dolore. Maio non(n)o ualore nullaltro mapesanza. ve giendo lamia amanza. dipartire. voria morire. oritornare alasua bene nanza. |
Quando mi membra, lassa, sì come già fui dʹamore, pemsando alore bene dovrïa morire languire, vegiendo lo meo sire me non guardare: eʹ passa e gli ochi bassa; mostra chʹio sia dolore. Ma io nonn-o valore nullʹaltro ma pesanza: Ma io nonn-ho valore vegiendo la mia amanza null'altro ma pesanza: di partire, veg<g>endo la mia amanza – dipartire, voria morire o ritornare a la sua benanza. |
II |
Bene uoria ritornare. quantio piu potenza. emetere jnubidenza. acio chio auere potesse cio chio solglio. nonmisaria cordolglio. ma disio trouare. vo gliendo comseruare. compiuta sua piagienza. poi chedillui seruenza. nono chedegio fare. piangiere esospirare. tutauia. olasua sengnoria. compiuta raquistare. |
Bene voria ritornare, quantʹiʹ o più potenza, e metere In ubidenza, a ciò chʹio avere potesse ciò chi’io solglio; non mi saria cordolglio ma disïo trovare, vogliendo comservare compiuta sua piagienza. Poi che di llui servenza non o, che degio fare? Piangiere e sospirare tutavia, Piangere e sospirare – tutavia, o la sua sengnoria compiuta raquistare. |
III |
Eo Raquistare nomposso. lassagiamai dilletto. chio falli ilsuo precietto. sono dengna dauere pena. piu che donna terena. pero elmeo sire mosso. sifero uerme adosso. chenomchura meo detto. Dumqua cheneraspetto do lglia emaninconia. dapoi chema nobria. nomso chedegia fare. piangiere sospirare. tanto chamenderagio laffolia. |
Eo raquistare nom posso, lassa, giamai dilletto, chʹio fallii ʹl suo precietto: sono dengna d’avere pena più che donna terena. Però è ʹl meo sire mosso sì fero ver me adosso che nom chura meo detto: dumqua, che ne raspetto? Dolglia e maninconia. dunqua, che ne raspetto? Da poi che mʹa ʹn obria, Doglia e maninconia. nom so che degia fare: Da poi che m'ha 'n obria, pianger e sospirare non so che deg<g>ia fare: tanto chʹamenderagio la ffollia. pianger e sospirare tanto ch'amenderag<g>io la follia. |
IV |
Lo mio greue follore. lassame dolorosa. fu quandio dispetosa. credea chegli altra amasse. ochenuer me fallasse. losuo ueracie amore. sio nesento dolore. rasgione poi chedio nefui uolgliosa. Esio partto dolgliosa. non(n)e gia me rauilglia. dumque sesasotilglia. didarmi malenanza. conuette compie tanza. merze cherendo che nalzi lecilglia. |
Lo mio greve follore, lassa me dolorosa, fu quandʹio dispetosa credea chʹegli altra amasse, o che ʹnverʹ me fallasse lo suo veracie amore: sʹio ne sento dolore rasgion’è, poi ched io ne fui volgliosa; e sʹio partto dolgliosa nonn-è già meravilglia. Dumque, se sʹasotilglia di darmi malenanza, convette com pietanza merzé cherendo, che ʹnalzi le cilglia. |
V |
Colemani giunte auanti. dolzelmeo sire piangiendo. umilemente cheren do. delmio fallire p(er)dono. esio colpata sono. on(n)e sospiri epianti. li miei dolori sono tanti. chio tuta ardo edingiendo. pero seuoi uegiendo. comosolete nomfate. chemoro jnueritate. sio noritorno allopremcipio stato. chio uagia jnamorato. vbriando lafera niquitate. |
Co le mani giunte avanti, dolze meo sire, piangiendo, umilemente cherendo del mio fallire perdono: e sʹio colpata sono, onne sospiri e pianti; li miei dolori sono tanti chʹio tuta ardo ed ingiendo: però, se voi vegiendo, como solete nom fate ché moro jn veritate, sʹio no ritorno a llo premcipio stato chʹio vagia jnamorato ubriando la fera niquitate. |