I |
OR uolglio chantare poi chantare mitene. chelmerito damore combenena(n)za. jnallegranza. affanno me tornato. mille mercie alamoroso bene. chedi spieto uer me conorgolglianza. poi dumilianza. marico donato. A tale ma dato. chemifa parere. gioia lapena eltormento gioco. agiendio partte e loco. nel suo nobile sauere. chio gia p(er)me contare io nolsauria. lasua bieltade quante poderosa. chelaira tenebrosa. sapare faparere dinotte dia. |
Or volglio chantare poi chantare mi tene chʹel merito dʹamore com benenanza, in allegranza affanno mʹè tornato: in allegranza – affanno m'è tornato: mille mercié a l’amoroso bene che dispietò verʹ me con orgoglianza, poi dʹumilianza m’a rico donato. poi d'umilianza – m'ha rico<r> donato. A tale mʹa dato A tal m'ha dato – che mi fa parere che mi fa parere gioia la pena e lʹ tormento gioco, agiend’io partte e loco nel suo nobile savere; chʹio già per me contare io no ʹl savria la sua bieltade quantʹè poderosa, che lʹaira tenebrosa, sʹapare, fa parere di notte dia. |
II |
DUmqua sio chanto benagio rasgione. membrando alasua gaia porttatura. ongne ranchura. auere degio nobrio. sillargamente mena fatto mesione. chenou(n) volere congiunta suanatura. meco si chio paura. nono dip(er)dere mai losuo di sio. Matengno jmfio. lap(ro)pieta dellamia uita. p(er) chio congioia lapresi nomforzando. mapura me(r)ze chiamando. dengno didarmi lagioiosa compita. ondio sono rico da llei conosciendo. chel suo ualore auanti ma coretto. delo dispetto. douera pensan do ritemendo. |
Dumqua, s’io chanto, ben agio rasgione: membrando a la sua gaia porttatura ogne ranchura avere degio ʹn obrio; ogne rancura – aver deg<>io 'n obrio si˙llargamente me nʹa fatto mesione, che non volere congiunta sua natura meco, si chʹio paura non o di perdere mai lo suo disio. Ma tengno im fio la propietà della mia vita, perchʹio con gioia la presi nom forzando, ma, pura merzé chiamando, dengnò di darmi gioiosa compita: ondʹio sono rico da˙llei, conosciendo chʹel suo valore avanti m’a corètto de lo dispetto dov’era, pensando, ritemendo. |
III |
Ioporttai mia feruta lungiamente. cielata chio nonuolli adimostrare. p(er) nongra uare. lasua ferma conoscienza. fe como mo saluagio ueramente. quanda rio temppo forza locantare. colosperare. chalbuono uengna chabassi sua dolglienza. Cosi pura credenza. auea tutora nelsuo rico ualore. chio nomsaria dalsuo bene dipartito. sio lestesse gie chito. ma auanzerei comaltro seruidore. ondelsuo pre sgio matuto donato. piu che medesimo lei nondimandai. ondio ringrazo or mai. amore ellei elmio dolze aspetato. |
Io porttai mia feruta lungiamente cielata, ch’io non volli adimostrare per non gravare la sua ferma conoscienza: feʹ comʹomo salvagio veramente: quand’a rio temppo, forza lo cantare co lo sperare chʹal buono vengna chʹabassi sua dolglienza. Così pura credenza avea tutʹora nel suo rico valore, chʹio nom saria dal suo bene dipartito sʹio le stesse giechito, ma avanzerei com’altro servidore: onde ʹl suo presgio mʹa tuto donato più che medesimo lei non dimandai; ond’io ringrazo ormai amore e˙llei e ʹl mio dolze aspetato. |
IV |
Rjngrazio uoi difino core merze rendo. me(r)ze mia donna ancora dengno nomsia. sialta sengnoria. me acquistare. esio nauesse partte p(er) uno giendo. serebe altura digrande gientilia. nonche ballia. diuoi senzessere pare. P(er)zo laudare. miconueria ma no(n) sono sisen(n)nato. cheluostro presgio ame sico nue nisse. maco mel sagio disse. chi nompo tuto alquanto glie serbato. pero presgio ualore (et) chaunoscienza. jnuoi formata etuto acompimento. epiu bene p(er) vno ciento. chio diui sare nomso p(er) la mia scienza. |
Ringrazio voi, di fino core merzé rendo: merzé, mia donna, ancora dengno nom sia sì alta segnoria me acquistare; e sʹio nʹavesse partte per uno giendo, serebe altura di grande gientilia, non che ballia di voi senz’essere pare. Perzò laudare mi converia, ma non sono si sennato che ʹl vostro presgio a me si convenisse; ma, come ʹl sagio disse, chi nom po’ tuto, alquanto gli è serbato: però presgio valore et chaunoscienza in voi formata e tuto acompimento e più bene per uno ciento chʹio divisare nom so per la mia scienza. |
NOTE:
1) Molto significativa è l’attenzione di Aldo Menichetti per lo schema metrico delle canzoni che lo porta sovente a distaccarsi dalla numerazione dei versi dei singoli componimenti rispetto all’originale manoscritto e a segnalare eventuali asimmetrie ed irregolarità rispetto alla norma versificatoria. Alla destra della diplomatico-interpretativa si riportano eventuali differenze del testo di Menichetti nella disposizione dei versi rispetto all'originale manoscritto.