edizione diplomatico-interpretativa

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Assai cretti celare

Cio che miconvien dire

che lo troppo tacere

Non ce manta stagione

Et di troppo parlare

Puo dano adiuenire

Perche mauene temere

Luna et laltra rcagione                                           

quando homo ha temenza

Didir cio che conuene

Lieuemente adiuene

che un suo dire è fallenza

huomo temete non è ben suo signore

Pero sio fallo ilmi perdoni amore
I
Assai cretti celare
ciò che mi convien dire
che lo troppo tacere
non c’è manta stagione
et di troppo parlare
può dano adivenire
per che m’avene temere
l’una et l’altra cagione
quando homo ha temenza
di dir ciò che convene
lievemente adivene
che un suo dire è fallenza
huomo temete non è ben suo signore
però s’io fallo il mi perdoni amore
 
Certo ben son temente                                  

Dimia doglia mostrare                                

Et quando creo posare

Meo cor prende arditanza

Et fa similemente

Como chi va ad furare

Che pur veder lipare

Lombra dichi ha dottanza

Et poi prende ardimento

Quanto ha magior paura

Cosi amor masicura

Quando piu mi spauento                                 

Chiamar merze ad quella adcui son dato            

Ma poi laueo oblio cio cho pensato
II
Certo ben son temente

di mia doglia mostrare
et quando creo posare
meo cor prende arditanza
et fa similemente
como chi va ad furare
che pur veder li pare
l’ombra di chi ha dottanza
e poi prende ardimento
quanto ha magior paura
così amor m’asicura
quando più mi spavento
chiamar merzè ad quella ad cui son dato
ma poi, la veo, oblio ciò c’ho pensato
 
 
Dolce me loblianza

Ancor misia nocente

Cheo viuo dolzemente

Mentre mia donna miro

Et honne gran pesanza

Poi chio son ᵻnoscente

Chella no(n) cura niente

Dicio dondio sospiro

Et piango per vsaggio

Como fa lomalato

Che si sente aggrauato

Et dotta in suo coraggio

Che per lamento lipar spesse fiate

Glipassi parte di ria volontate
III
Dolce m’è l’oblianza
ancor mi sia nocente
ch’eo vivo dolzemente
mentre mia donna miro
et honne gran pesanza
Poi ch’io son ᵻ noscente
che ella non cura niente
di ciò dond’io sospiro
et piango per usaggio
como fa lo malato
che si sente aggravato
et dotta in suo coraggio
che per lamento li par spesse fiate
gli passi parte di ria volontate
 
Cosi pianto e lamento

Mida gran benignanza

cheo sento mia grauanza

Per sospiri amontare

E dami insegnamento

Nave che ha tempestanza

Che torna in allegranza

Per suo peso alleggiare                                   

Et quando haggio alleggiato

Dello grauor chio porto                                                

Io credo essere in porto

Diriposo arriuato

Cosi maduien como alla comenzaglia

Cheo creo hauer vincto ancor sono inbattaglia
IV
Così pianto e lamento
mi dà gran benignanza
ch’eo sento mia gravanza
per sospiri amontare
e dami insegnamento
nave che ha tempestanza
che torna in allegranza
per suo peso alleggiare
et quando haggio alleggiato
dello gravor ch’io porto
lo credo essere in porto
di riposo arrivato
cosi m’advien como alla comenzaglia
ch’eo creo hauer vincto ancor sono in battaglia
Pero come la phoenice

Vorria madiuenisse

Se amor lo consentisse

Poi tal uita midura

Che sarde et poi riuene

Che forse sio mardesse                                                

Et di nuovo surgesse

Chio muteria ventura

O chio mi rinnouasse

Como ceruo inuecchieze

Che torna insue belleze

Sesso mi ritrouasse

Forse che rinnouato piaceria

Onde ogne ben sol merzede saria.

 
V
Però come la phoenice
vorria m’adivenisse
se amor lo consentisse
poi tal vita mi dura
che s’arde et poi rivene
che forse s’io m’ardesse
et di nuovo surgesse,
ch’io muteria ventura
o ch’io mi rinnovasse
como cervo in vecchieze,
che torna in sue belleze
s’esso mi ritrovasse
forse che rinnovato piaceria
onde ogne ben sol merzede saria