Revisione di Edizione diplomatico-interpretativa del Mer, 17/02/2021 - 14:35

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 ᵻssai credetti celare. cio che

  mi conuen dire. calotroppo

 tacere. noce manta stagione. edi

  troppo parlare. puo dan(n)o adiue

  nire. p(er)che mauene temere lu                                        

  na elaltra cagione. quandomo

  atemenza. didire cio che co(n)uene

  leueme(n)te adiue(n)e. che suo dire

  efallenza. omo temente none be

  ne suo sengnore. p(er)che sio fallo

  il mi p(er)doni amore.
I

Assai credetti celare
cio che mi conven dire
ca lo troppo tacere
noce manta stagione
e di troppo parlare
può danno adivenire
per che mavene temere
l’una e l’altra cagione
quand’omo ha temenza
di dire ciò che convene
levemente adivene
che suo dire è fallenza.
omo temente non è bene suo sengnore.
perchè s’io fallo il mi perdoni amore.
 

certo bene sono teme(n)te. dimia

uollia mostrare. equando io creo

posare. meo core prende illeggibile.

e fa similemente. come chiua a fu

rare. che pur uedere lipare. lo(m)bra

dichui adottanza. Epoi prende

ardimento. quanta magiore pa

ura. cosi amore masighura. quan..

mi spauento. chiamare mer

ze aquella acui sono dato. mapoi

laueo oblio cio cope(n)sato.
 
II

Certo bene sono temente
di mia vollia mostrare
e quando io creo posare
meo core prende illeggibile.
e fa similemente
come chi va a furare
che pur vedere li pare
lombra di chi ha dottanza
 Epoi prende ardimento
quanta magiore paura
così amore m’asighura
quan..mi spauento
chiamare merzè a quella a cui sono dato
ma poi, la veo, oblio ciò c’ho pensato.
 

Dolcie me loblianza. ancora misia            

nocente. cheo uiuo dolzeme(n)te. e

mentre miado(n)na miro. eto(n)ne gra(n)

pesanza. poi chio sono canosce(n)te.

chella no(n) cura ne(n)te. dicio dondio

sospiro. Epiango p(er)usaggio. come

fa lomalato. chesi sente agrauato.

edotta insuo coragio. che p(er)lam(n)to

lipare spesse fiate. lisipassi parte

diria uolontate.

 
III

Dolcie m’è loblianza
ancora mi sia nocente
ch’eo vivo dolzemente
e mentre mia donna miro
et onne gran pesanza
poi ch’io sono canoscente
chella non cura nente
di ciò dond’io sospiro
E piango per usaggio
come fà lo malato
che si sente agravato
e dotta in suo coragio
che per lamnto
li pare spesse fiate
li si passi parte di ria volontate
 

cosi pianto elame(n)to. mida gran

benenanza. chio sento mia graua(n)

za. p(er)sospiri amontare. eda(n)mi inse(n)

gname(n)to. naue catenpestanza. e

chetorna inallegranza. p(er)suo peso

allegiare; Equa(n)do agio alegiato.

delograuore chio porto. io creo (per)

essere inporto. diriposo ariuato.

cosi mauene coma lacomizallia.   

chio creo auer uinto ancora so

no alabatalglia.
IV

Così pianto elamento
mi dà gran benenanza
ch’io sento mia gravanza
per sospiri amontare
e danmi insengnamento
nave c’ha tenpestanza
e che torna in allegranza
per suo peso allegiare
E quando agio alegiato
de lo gravore ch’io porto
io creo per essere in porto
di riposo arivato
così m’avene coma la comizallia
ch’io creo aver uinto, ancora sono ala batalglia.
 

pero coma la fenice. porria madi

uenisse. camore loconsentisse. poi

tale uita me dura. chesarde epoi ri

uene. che forse sio mardesse edinu

ouo surgesse chio muterria uentu

ra. ochio mirinouasse. come ceruio

inuechieze. chetorna insue belleze.

sesse miritrouasse forse che rino

uato piaceria. lado(n)de ongne bene

solo merzede saria.
V

Però coma la fenice
porria madivenisse
c’amore lo consentisse
poi tale vita m’è dura
che s’arde e poi rivene
che forse s’io mardesse
e di nuovo surgesse
chio muterria ventura
o ch’io mi rinovasse
come cervio in vechieze
che torna in sue belleze
s’esse mi ritrovasse forse che rinovato piaceria
là donde ongne bene solo merzede saria.