Revisione di Edizione diplomatico-interpretativa del Mar, 22/12/2020 - 18:58

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F. Guitton.

Tuttol dolor cheo mai portai fugioia. E lagioia neente apol
(d)olore del meo cor lasso acui morte socchorgha. Che p(ri)a del pia
cer poco puo noia  Epoi po forte troppo. hom dar tristore. Maggio
conuen che pouerta si porga. E lo ritornatore chalentratore. adomque
lasso i(n) pouerta tornato. Elmio richo aq(ui)stato. Che mai facesse alcun
delmeo paraggio sofferta deo che pur uiua aoltraggio d(i) tutta
gente delmio forsennato. non credo gia senon uol me dinnagio.
 

I.

Tutto  ̓ l dolor ch’eo mai portai fu gioia
e la gioia neente apo ̓ l dolore
del meo cor, lasso, a cui morte socchorga,
ché, pria del piacer, poco può noia;
e poi pò forte troppo hom dar tristore:
maggio conven che povertà si porga
e lo ritornadore, ch’a l’entratore.
Adomque, lasso, in povertà tornato
e ‘l mio richo aquistato
che mai facesse alcun del meo paraggio,
sofferrà deo che pur viva a oltraggio
di tutta gente del mio for sennato?
Non credo già se non vol me dinnagio.

 

Aj lasso che maluidi amaro amore. la soura natoral uostra belle
ssa. Elonorato piacente e piacere. E tutto bene chen uoi somma
grandessa. Euidi peggio il dibonaire core. Chumilio lauostra al
tera altessa en far ni dui dun core ⸶e⸷ dun volere. p(er)cheo piu como
mai portai richessa. Chalorichor damor nullaltro apare. nerai
n apo fare. richor como niquanto homo basso. niuostra par ra
ina amore passo. dumque chil meo dolor po pareggiare. che
qual piu p(er)de aq(ui)sta jnuerme lasso.
II.

Ai lasso, che mal vidi amaro amore
la sovra natoral vostra bellessa
e l’onorato piacente e piacere
e tutto bene ch’è  ̓ n voi somma grandessa,
e vidi peggio il dibonaire core
ch’umiliò la vostra altera altessa
en far ni dui d’un core e d’un volere,
perch’eo più c’omo mai portai richessa.
C’a lo richor d’amor null’altro apare,
né raina pò fare
richor, como ni quanto homo basso,
ni vostra par raina amor è passo.
Dumque ch’il meo dolor pò pareggiare?
Ché qual più perde aquista in ver me lasso.

 

Ai com pote homo che non auita fior durare contra dimal tu
tto forgrato. sicomeo lasso ostal dogni tormento. che selopiu
for tom fosse amassato. siforte esicoralmente i(n)dolciore  come dolor
enme Gia trapassato fora d(e) uita controgniar gomento co
me ui lasso uiuo diuita fore. Ai morte uillania fia e pechato
che simai desdegnato p(er)che uedi morir opo mi fora Ep(er)chio pio
souente e forte mora ma mal tuo grado eo pur morro forsato del(le)
mie man seo mei no(n) posso ancora.
III.

Ai com pote homo, che non à vita fior,
durare contra di mal tutto for grato,
sì com’eo, lasso, ostal d’ogni tormento?
Ché se lo più fort’om fosse amassato
sì forte e sì coralmente in dolciore,
com’è dolor en me già trapassato
fora de vita contro ogni argomento.
Come vi lasso vivo di vita fore?
Ai morte villania fia e pechato
che sì m’ài desdegnato,
perché vedi morir opo mi fora
e perch’io pio sovente e forte mora;
ma mal tuo grado eo pur morrò forsato
delle mie man, s’eo mei non posso ancora.