Ara.m platz, Guiraut de Borneil
(PC 389, 10° = 242, 14; Pattison XXXI)
A cura di Samantha Molinaro
Mss.: Da (183), N2 (18), E (221-222), R (24).
Rubriche: assente Da, Roembauç daurenga N2, Tenso E, tenso R.
Edizioni principali: Appel 1930 (Nella I edizione del 1895 Appel assume come ms. di base E, avendo a disposizione solo DaER; l’edizione del 1930 è conseguente allo spoglio di tutti i testimoni), p. 126; Chaytor 1902 (= Appel), pp. 33-34; Kolsen 1910-35, I, p. 374 (ER); Lommatzsch 1917, p. 66 (= Kolsen); Anglade 1927, pp. 74-77 (E); Audiau-Lavaud 1928, p. 191 (ed. basata su Kolsen); Pattison 1952 pp. 173-76 (Da); Riquer 2011, p. 455 (ed. basata su Kolsen, con ritocchi nella cobla VI); Sharman 1989, pp. 394-98 (ER); Milone 1998, pp. 67-71; Bec 2000, pp. 152-55 (= Pattison); Harvey-Paterson 2010, III, pp. 1062-74 (E).
Testo: Pattison 1952, p. 173 con modifiche nella punteggiatura e nella cobla VI (cfr. Roncaglia 1968, pp. 136-46).
Schema metrico-rimico: a8 b8 b8 c4 c4 d8 d8 (Frank, 705:9). Tenso costituita da otto coblas unissonans e due tornadas di due versi ciascuna.
Classificazione dei testimoni: è possibile raggruppare i manoscritti latori del testo in due famiglie principali: DaN2 e ER, come appare evidente dagli errori congiuntivi di DaN2 (vv. 33, 44 (-1 sillaba), 29?) e di ER (30, 34, 41, 42, 47).
Il solo errore congiuntivo fra la famiglia DaN2 e R sembra essere al v. 33, dove l’unica lezione corretta è quella del testimone E. Tutti i testimoni presentano inoltre errori individuali: Da ai vv. 7 tu, 20 can, 42 deig, 45 anan, 47 parla (+ 2), 55 deslia; N2 ai vv. 5 manca, 8 em, 9 qes, 45 ques; 52 dic (-1)[1]; E 7 seraun (+1), 8, 26 us (-1), 35 chantar (+1), 55 del leial; R ai vv. 5 prezaratz (+1), 32 gran, 39 me son, 45 us, 56 nz.
I primi testimoni DaN2 si mostrano molto più prossimi fra loro della famiglia ER: Da presenta varianti individuali solamente al v. 52 e N2 ai vv. 21, 45, 52, mentre E è isolato ai vv. 14, 22, 24, 38 e R ai vv. 28, 32, 33, 44, 51, 53, 55, 57.
Pattison seleziona Da come base, ritenendo che E possa aver funto da intermediario tra la famiglia DaN2 e R:
Rubriche: assente Da, Roembauç daurenga N2, Tenso E, tenso R.
Edizioni principali: Appel 1930 (Nella I edizione del 1895 Appel assume come ms. di base E, avendo a disposizione solo DaER; l’edizione del 1930 è conseguente allo spoglio di tutti i testimoni), p. 126; Chaytor 1902 (= Appel), pp. 33-34; Kolsen 1910-35, I, p. 374 (ER); Lommatzsch 1917, p. 66 (= Kolsen); Anglade 1927, pp. 74-77 (E); Audiau-Lavaud 1928, p. 191 (ed. basata su Kolsen); Pattison 1952 pp. 173-76 (Da); Riquer 2011, p. 455 (ed. basata su Kolsen, con ritocchi nella cobla VI); Sharman 1989, pp. 394-98 (ER); Milone 1998, pp. 67-71; Bec 2000, pp. 152-55 (= Pattison); Harvey-Paterson 2010, III, pp. 1062-74 (E).
Testo: Pattison 1952, p. 173 con modifiche nella punteggiatura e nella cobla VI (cfr. Roncaglia 1968, pp. 136-46).
Schema metrico-rimico: a8 b8 b8 c4 c4 d8 d8 (Frank, 705:9). Tenso costituita da otto coblas unissonans e due tornadas di due versi ciascuna.
Classificazione dei testimoni: è possibile raggruppare i manoscritti latori del testo in due famiglie principali: DaN2 e ER, come appare evidente dagli errori congiuntivi di DaN2 (vv. 33, 44 (-1 sillaba), 29?) e di ER (30, 34, 41, 42, 47).
Il solo errore congiuntivo fra la famiglia DaN2 e R sembra essere al v. 33, dove l’unica lezione corretta è quella del testimone E. Tutti i testimoni presentano inoltre errori individuali: Da ai vv. 7 tu, 20 can, 42 deig, 45 anan, 47 parla (+ 2), 55 deslia; N2 ai vv. 5 manca, 8 em, 9 qes, 45 ques; 52 dic (-1)[1]; E 7 seraun (+1), 8, 26 us (-1), 35 chantar (+1), 55 del leial; R ai vv. 5 prezaratz (+1), 32 gran, 39 me son, 45 us, 56 nz.
I primi testimoni DaN2 si mostrano molto più prossimi fra loro della famiglia ER: Da presenta varianti individuali solamente al v. 52 e N2 ai vv. 21, 45, 52, mentre E è isolato ai vv. 14, 22, 24, 38 e R ai vv. 28, 32, 33, 44, 51, 53, 55, 57.
Pattison seleziona Da come base, ritenendo che E possa aver funto da intermediario tra la famiglia DaN2 e R:
DaN2 - E - R
I.
Ara⸱m platz, Giraut de Borneill,
que sapcha per c’anatz blasman
trobar clus ni per cal semblan.
Aiso⸱m digaz,
si tan prezatz 5
so que es a toz comunal,
car adonc tut seran egual.
II.
Seign’en Lignaura, no⸱m coreill
si qecs troba a son talan;
mas eu son jujaire d’aitan 10
qu’es mais amatz
e plus prezatz
qui⸱l fa levet e venarsal,
e vos no m’o tornetz a mal.
III.
Giraut, non voill qu’en tal trepeil 15
torn mos trobars; que ja ogan
lo lauzo⸱l bon e⸱l pauc e⸱l gran.
Ja per los faz
non er lauzatz
car non conoisson (ni lor cal) 20
so que plus car es ni mais val.
IV.
Lingnaura, si per aiso veil
ni mon sojorn torn en affan
sembla que⸱m dopte del mazan.
A que trobatz 25
si non vos platz
c’ades o sapchon tal e cal?
Que chanz non port’altre cabtal.
V.
Giraut, sol que⸱l miels appareil
e⸱l dig’ades e⸱l trag’enan, 30
mi non cal sitot non s’espan.
C’anc granz viutaz
non fon denhtatz:
per so prez’om mais aur que sal
e de tot chant es atretal. 35
VI.
Lingnaura, fort de bon conseill,
es fis aman contrarian;
e per o si n’ai mais d’affan,
mos sos lev’atz
c’us enraumatz 40
lo⸱m deissazec e⸱l diga mal
que no⸱l deing ad home sesal.
VII.
Giraut, per cel ni per soleil
ni per la clardat que resplan,
non sai de que⸱ns anam parlan 45
ni don fui natz
si soi torbatz
tan pes d’un fin joi natural
can d’als cossir no m’es coral.
VIII.
Lingnaura, si⸱m gira⸱l vermeil 50
de l’escut cella cui reblan,
qu’eu voill dir: «a Deu mi coman»
cals fols pensatz
outracuidatz
m’a mes doptanza deslial? 55
No⸱m soven com me fes comtal?
IX.
Giraut, greu m’es, per San Marsal,
car vos n’anatz de sai Nadal.
X.
Lingnaura, que ves cort rial
m’en vauc ades ric e cabal. 60
- «Ora mi piacerebbe sapere, Giraut de Bornelh, perché andate biasimando il trobar clus e con quali argomenti; ditemi questo, se tanto apprezzate ciò che è comune a tutti: poiché in tal modo tutti saranno uguali.»
- «Signor Linhaure, non mi lamento se ognuno compone a suo gusto; ma io di questo son giudice: che [un canto] è più amato e apprezzato se lo si fa leggero e umile, e voi non ve la prendete a male.»
- «Giraut, non voglio che il mio trobar si volti in tal disordine che lo gradiscano allo stesso modo i dappoco e i valenti, la gente volgare e gli aritocratici. Mai sarà lodato dagli stolti, poiché non conoscono – né loro interessa – ciò che è più caro e vale di più.»
- «Linhaure, se perciò io veglio e volgo in affanno il mio soggiorno, segno è che io preoccupo del pubblico. Perché componete, se non vi piace che lo conoscano sempre tutti? Ché il canto non porta altro capitale.»
- «Giraut, purché io metta insieme il meglio e lo dica sempre e lo porti avanti, non m’interessa se non si diffonde tanto, perché mai una gran viltà fu motivo di dignità: per questo si apprezza più l’oro che il sale, e altrettanto vale per il canto.»
- «Linhaure, davvero siete fiducioso di un buon argomento, ponendovi contro gli amanti cortesi; e tuttavia se ne ho maggior fatica, il mio canto ci guadagna che un rauco me la scombini e me la pronunci male, perché non lo considero adatto a un cantore stipendiato.»
- «Giraut, per il cielo e per il sole e per la luce che risprende, non so di che stiamo a parlare, né dove sono nato, così sono turbato dal pensiero di una perfetta gioia naturale. Quando penso ad altro, non mi sta a cuore.»
- «Linhaure, così mi gira contro il rosso dello scudo colei che io corteggio, che ho voglia di dire: “mi rimetto a Dio!”. Quale folle pensiero tracotante mi ha fatto sorgere sleale timore? Non mi ricordo com’ella mi fece comitale?»
- «Giraut, mi dispiace, per San Marziale, che ve ne andiate prima di Natale.»
- «Linhaure, ché me ne vado ora ad una corte reale, ricca e potente.
[1] Mi trovo in disaccordo con Harvey-Paterson 2010 che vede errori individuali in N2 anche al v. 43 (ma N2 e Da coincidono perfettamente), e in E al v. 51 (cattiva lettura del ms., che reca cela e non cola).