INTRODUZIONE
Scavando indietro nella mia memoria, ricordo ancora le impressioni e le fantasie dell’adolescente che si trovava per le prime volte a contatto con i grandi testi della letteratura italiana; prima di capire realmente cosa fosse un’edizione critica e con quale processo giungervi, ripercorrevo il testo lettera dopo lettera, immaginando cosa stesse facendo Dante mentre scriveva l’Inferno, visualizzando le parole scorrere sul foglio, impresse sulla carta -così come le leggevo- da sempre e per sempre. Lo sbalordimento, quando scoprii che le pagine a nostra disposizione erano il risultato di un lungo lavoro di analisi delle fonti, di interpretazioni, confronti e intuizioni hanno aperto l’interesse per quello che c’è dietro al testo che noi leggiamo, un lavoro che troppo spesso passa inosservato ma che ci permette di fruire dei testi altrimenti inaccessibili o addirittura perduti.
In questa mia trattazione ho provato ad indossare i panni di un filologo, limitandomi però a fornire tutti gli elementi necessari per la costruzione di una nuova edizione critica. Andrò a ripercorrere la tradizione manoscritta di una trobairitz, una poetessa medievale, di cui abbiamo un solo componimento tràdito: Ar em al freg temps vengut, e tre vida. Personalmente, come nella maggior parte dei casi, solo in ambiente accademico ho potuto scoprire un nuovo mondo letterario in cui, anche se limitatamente, c’è spazio per la voce femminile in un epoca, quella Medievale, notoriamente misogina e in cui la donna è generalmente estromessa dall’espressione letteraria e, più generalmente, personale. Ho avuto modo di scoprire che la situazione femminile non era sempre così negativa come quella che ci viene descritta dai teologi e padri della Chiesa, con la loro visione estremamente patriarcale e misogina; in “Chants d’amour des femmes-troubadours”, nella sua introduzione P. BEc scrive : << […] Ma d’altra parte, almeno nei paesi occitani, la donna sposata poteva godere di quasi tutti i diritti del suo signore, il che implicava anche dei doveri. Lei poteva sostituire il marito durante la sua assenza e gestire i propri beni in relativa indipendenza […]>> inoltre, nell’immaginario comune, la donna nel Medioevo non aveva accesso all’istruzione, il che è vero nella maggior parte dei casi, sia per gli uomini che soprattutto per le donne comuni ma, leggiamo ancora in “Chants d’amour des femmes-troubadours”: <<[…] le nobildonne probabilmente godevano di una maggiore disponibilità culturale rispetto agli uomini, che erano sempre meno coinvolti (tranne che per i chierici) nel servizio delle armi. […] In breve, la situazione materiale, giuridica e intellettuale relativamente favorevole della moglie del signore può spiegare molto bene il suo interesse e il suo gusto, anche il suo impegno consapevole in campo poetico. […] nonostante la loro cultura e l’interesse per la cosa poetica, le donne hanno dovuto coltivare la letteratura esclusivamente per dilettantismo e non per guadagnarsi da vivere (non dimentichiamo che sono donne nobili): il che potrebbe spiegare perché sono state meno produttive dei poeti professionisti. Tuttvia si può anche supporre che il numero relativamente piccolo misura le condizioni reali della poesia femminile del tempo[1].>>.
Azalais de Porcairagues fu una trovatrice del XII secolo, si suppone sia nata nel 1140 nel villaggio di Portiragnes, ad est di Beziers, una decina di chilometri a sud di Montpellier -vicino ai territori che appartenevano a Gui e ai suoi fratelli- e morta nel 1177. Dalle poche righe delle vida sappiamo che probabilmente era sposata con “Gui Guerrejat”, fratello di Guglielmo VII di Montpellier, che nel 1177 divenne monaco fino alla sua morte avvenuta probabilmente un anno dopo. Secondo Sakari, Azalais era il “joglar” a cui Raimbaut d’Aurenga, vicino e cugino di Gui, dedicava le sue canzoni. Azalais fu attiva nel periodo classico, in cui la lirica trobadorica arriva al culmine della popolarità e diffusione; le viene attribuito un componimento: Ar em al freg temps vengut, una canzone dall’aspetto enigmatico; si suppone che il componimento nella sua forma originaria fosse diverso e che una delle strofe sia stata composta e inserita in seguito alla morte di Raimbaut d’Aurenga proprio per compiangere l’amico defunto. Interessante che nella tornada, la poetessa dedichi la sua opera alla viscontessa di Narbona, altra figra femminile che rompe lo stereotipo medievale-.
Procederò stilando le edizioni diplomatiche e diplomatico-interpretative, arrivando –con la collazione- a mettere in evidenza le divergenze nella tradizione; riporterò le scelte e gli studi dei vari editori per poter ottenere gli elementi fondamentali che consentono di costruire una nuova edizione critica del testo e di inquadrare in maniera storico-geografico-temporale la nostra trovatrice.
- Tradizione Manoscritta: edizioni diplomatiche, edizioni diplomatico-interpretative.
Dell’unico componimento trasmesso da Azalais de Porcairagues abbiamo sette manoscritti: K, C, I, Da, d, H, N, tre dei quali contengono una breve Vida I, K, d (nei manoscritti I e K vi sono delle ricche miniature che riproducono la figura della trobairitz). Il primo passo, dopo aver individuato le segnature dei manoscritti[2], consiste nella trascrizione diplomatica dei testi, con relativa riproduzione fotografica: in questa prima fase si trascrive il testo in caratteri moderni, esattamente come lo leggiamo, mantenendo indistintamente il carattere u/v, individuando le abbreviazioni segnalate dal copista e inserendole tra parentesi tonde. Successivamente, con il testo dell’edizione diplomatica a fronte, procediamo con l’edizione diplomatico-interpretativa, in cui sciogliamo le abbreviazioni, ammoderniamo la grafia inserendo le lettere maiuscole, i segni di interpunzione e correggiamo la misura del verso, andando a capo.
- Collazione:
dopo aver redatto l’edizione diplomatico-interpretativa, è il momento dell’analisi comparativa dei testi trasmessi; in questa fase, forse la più delicata di tutto il processo critico, si mettono a confronto tutte le lezioni (delle edizioni diplomatiche interpretative) attestate nella tradizione e si individuano le divergenze, distinguendo tra gli errori e le varianti; nella distinzione fra erore e variante dobbiamo tenere conto che: << una variante è una possibilità alternativa del testo, che non ne turba il senso, quand’anche fosse poco consona con lo stile dell’autore o qualitativamente inferiore alla lezione concorrente. Errore invece è una lezione che giudichiamo l’autore non avrebbe mai consciamente fatta propria, prchè linguisticamente inaccettabile o contraria alla logica, al buon senso oppure incompatibile con quanto egli poteva conoscere. […]>> (Filologia della letteratura italiana, P.Stoppelli)
- Collazione Ar em al freg temps vengut
nella seguente collazione, coloreremo in giallo gli errori e in celeste le varianti:
I,1 | K C Da I N d H |
Ar em al freg temps vengut, Ar em al freg temps vengut, Ar em al freg temps vengut, Ar em al freg temps vengut, Ar em al freit tems vengut, Ar em al freg temps vengut, |
I,2 | K C Da I N d H |
que’l gels e’l neus e la faingna, que'l gels e’l neus e la fanha, que’l gells e’l neus e la faingna, que’l gels e’l neus e la faingna, que es neus e gels e faigna, que’l gels e’l neus e la faingna, |
I,3 | K C Da I N d H |
e’ill auselet estan mut, e’li auzellet estan mut, e’li auzellet estan mut, e’ill ausellet estan mut, e’ill auselet estan mut, e’ill auselet estan mut, |
I,4 | K C Da I N d H |
c'us de chantar no s'afraigna; q'us de chantar non s'afranha; c’us de chantar non s'afraingna; c’us de chantar s'afraingna; que’us de cantar non se laigna; c'us de chantar no s'afraigna; |
I,5 | K C Da I N d H |
e son sec li rams pels plais, e son sec li ram pels plays, e son sec li ram pels plais, e son sec li rams pels plais, ez son sec li ram pels plais, e son sec li rams pels plais, |
I,6 | K C Da I N d H |
de flors ni fuoilla no’i nais, que flors ni fuelha no’y nays, que flors ni foilla no’i nais, que flors ni fuoilla no’i nais, que flors ni fuoilla no’i nais, qe flors ni fuoilla no’i nais, |
I,7 | K C Da I N d H |
ni rossignolls no’i crida, ni rossinhols no’y crida, ni rossignols no’i crida, ni rossignols no’i crida, n'il rusignols non crida, ni rossignolls no’i crida, |
I,8 | K C Da I N d H |
que l’am e mai me reissida. que l'an en may me rissida. que l’am e mai me rreissida. que l’am e mai me ressida. que l'an en mai nos reissida. que l’am e mai me reissida. |
II,1 |
K C Da I N d H |
Tant ai lo cors deseubut, Tant ai lo cor deceubut, Tant ai lo cors deseubut, Tant ai lo cors deseubut, Tot ai lo cor deseubut, Tant ai lo cors deseubut,
|
II,2 | K C Da I N d H |
per qu’ieu soi a totz estraingna, p[er] qu'ieu suy a totz estranha, per qu’eu soi a toz estraigna, per qu’eu sui a totz estraigna, per qu'eu sui si tota estraigna, per qui en soi totz estranigna, |
II,3 | K C Da I N d H |
e sai que l’om a perdut er sai que l’om a perdut e sai que l'om a perdut e sai que l’om a perdut er sai que l'om a perdut e sai que l’om a perdut |
II,4 |
K C Da I N d H |
mot plus tost que non gazaigna; mout plus tost que nom gazanha; molt plus tost que non gasaingna; mot plus tost que non gazaingna; molt plus tost com non gazaigna; mot plus tost que non gazaigna; |
II,5 |
K C Da I N NVII,1 d H |
e s’ieu faill ab motz verais, e s’ieu falh ab motz verays, e s’ieu faill ab motz verais, e s’ieu faill ab motz verais, per qu'eu sui en gran esmai, e s'ieu fail ab motz verais, e s’ieu faill ab motz verais, |
II,6 | K C Da I N NVII,2 d H |
d’Aurenga me moc l’esglais, d’Aurenga mi moc l’esglays, d’Aurenga me moc l’esglars, d’Aurenga me moc l’esglais, car sai qu'em aissi morai, d'Aurenga me mou l'esglais, d’Aurenga me mec l’esglais, |
II,7 | K C Da I N NVII,3 d H |
per qu’eu n’estauc esbaida per qu’ieu n’estauc esbayda per qu'eu in estauc esbaida per qu’eu n’estauc esbaida e s'eu fos enans fenida per qu'eu n'estau esbaida per qu’eu n’estauc esbaida |
II,8 | K C Da I N NVII,4 d H |
en pert solatz e partida. e pert solatz en partida. en pert solatz en partida. en pert solatz e partida. ben me tengra per garida. en pert solatz en partida. en pert solatz e pantida. |
III,1 | K C Da I N d H |
Domna met mout mal s’amor Dompna met mout mal s’amor Dompna met mot mal s’amor Domna met mout mal s’amor Dompna met molt mal s'amor Domna mes mout mal s’amor Dompna met mout mal s’amor |
III,2 |
K C Da I N d H |
que ab ric home plaideia, qu’ab trop ric home playdeya, que ab ric ome pladeia, que ab ric home plaideia, que ab ric home plaideia, que ab ric home plaideia, c’ab trop ric home plaideia, |
III,3 |
K C Da I N d H |
ab plus aut de vavasor, ab plus aut de vasvassor, ab plus aut de vavasor, ab plus aut de vavasor, a plus aut de varvasor, ab plus aut de vavasor, ab plus aut de vavasor, |
III,4 |
K C Da I N d H |
e s’ill o fai ill folleia; e s’ilh o fay ylh folleya; e s’ill o fai il folleia; e s’il o fai il foleia; e s'ill o fai ill foleia; e s’ill a fai ill follera; e cil qi o fai folleia; |
III,5 | K C Da I N d H |
quar so dis on en Vellai quar so diz on en Velay car so diz om en Veillai quar so dis on en Velai car so dliz hom sai e lai quar so dis on en Vellai qe Ovidis o retrai |
III,6 | K C Da I N d H |
que ges per ricor non vai, que ges per ricor non vay, que ges per ricor non vai, que ges per ricor non vai, amor per ricor non vai, que ges per ricor non vai, c’amors per ricor non vai, |
III,7 | K C Da I N d H |
e domna que n’es chauzida e dompna que n’es chauzida e dompna que n’es chauzida e domna que n’es chausida e dompna qu'eu es chauzida e domna que n’es chauzida […] dompna qe n’es causida |
III,8 III,8 |
K C Da I N d H |
en tenc per envilanida. en tenc per envilanida. en tenc per envilanida. en tenc per envilanida. en tenc per envilanida. en tenc per envilanida. ne tenc […] envilanida. |
IV,1 |
K C Da I N d H |
Amic ai de gran valor Amic ai de gran valor Amic ai de gran valor Amic ai de gran valor Amic ai de gran valor Amic ai de gran valor Amic ai de gran valor |
IV,2 |
K C Da I N d H |
que sobre totz seignoreia, que sobre totz senhoreya, que sobre toz seignoreia, que sobre toz seingnoreia, que sobre totz seingnoreia, que sobre totz seignoreia, q’en ditz d’amor seignoreia, |
IV,3 | K C Da I N d H |
e non a cor trichador e non a cor trichador e non a cor trichador e non a cor trichador e non a cor trichador e non a cor trichador e non a cor trichador |
IV,4 |
K C Da I N d H |
vas me que s’amor m’autreia. vas me que s’amors m’autreya. vas me que amor m’autreia. vas me que s’amor m’autreia. ves me que s'amor m'autreia. vas me que s’amor m’autreia. vas mi qe s'amor m'autreia. |
IV,5 | K C Da I N d H |
Eu dic que m’amors l’eschai, Yeu dic que m’amors l’eschay, Eu dic que m’amors l’eschai, Eu dic que m’amors l’eschai, Eu o dic que m'amor l'eschai, Eu dic que m’amors l’eschai, Eu dic qe m’amors l’eschai, |
IV,6 IV,6 |
K C Da I N d H |
e cel que dis que non fai e selh que ditz que no fay e cel que dis que non fai e cel que dis que non fai e cel que diz que non fai e cel que dis que non fai e tu qe ditz qe non fai |
IV,7 |
K C Da I N d H |
Dieus li don mal escarida, Dieus li don mal escarida, Dieus li don mal esgarida, Dieus li don mal escarida, Deus li don mal escarida, Dieus li don mal escarida, Dieus li don mal esparida, |
IV,8 | K C Da I N d H |
qu’eu m’en teing fort per guerida. qu’ieu m'en tenh fort per guerida. qu'eu m'en teing fort per guerida. qu’eu m’en teing fort per guerrida. qu'eu m'en conteing ben per garida.+1 VERSO IPERMETRO qu’eu m'en teing fort per guerida. qu’eu m'en teing per garida. -1 VERSO IPOMETRO |
V,1 |
K C Da I N d H |
Bels amics, de bon talan, Belhs amix, de bon talan, Bels amics, de bon talan, Bels amics, de bon talan, Bels amics, ses cor truan, Bels amics, de bon talan,
|
V,2 | K C Da I N d H |
son ab vos totz iorn en gatge, suy ab vos totz iorns en gatge, son ab vos toz iozz en guaie, son ab vos totz iorn en gatge, car me fos ab vos en gatge, son ab vos totz iorn engage, |
V,3 | K C Da I N d H |
cortesa e de bel semblan, corteza de belh semblan, corteza de bel semblan, cortesa e de bel senblan, cortes e de bel semblan, cortesa e de bel semblan, |
V,4 | K C Da I N d H |
sol non demandes outratge; sol no.m demandetz outratge; sol no.m demandes outraie; sol non demandes outrage; sol no.m dissessez oltrage; sol non demandes outratge; |
V,5 V,5 |
K C Da I N d H |
tost en veinrem a l’assai tost en venrem a l'assay tost en veirem a l'assai tost en veirem a l’assai tost annarem a l’assai tost en veinrem a l’assai tost en venrem a l’assai |
V,6 |
K C Da I N d H |
q’en vostra merce.m metrai: qu’en vostra merce.m metray: qu’en vostra merce.m metrai: qu’en vostra merce.m metrai: qu'eu vostra merce.m metrai: q’en vostra merce.m metrai: q’eu vos merce.m metrai: |
V,7 | K C Da I N d H |
vos m’avez la fe plevida, vos m’avetz la fe plevida, vos m’ave con la fe plevida, vos m’avez la fe plevida, vos m'avez la fe plevida, vos m’avetz la fe plevida, vos m’avetz la fe plevida, |
V,8 | K C Da I N d H |
que non demandes faillida. que no.m demandetz falhida. que no.m demandes faillida. que non demandes faillida. que no.m demandez faillida. que non demandes faillida. qe no.m demandes faillida. |
VI,1 |
K C Da I N d H |
A Dieu coman Belesgar A Dieu coman Belhesgar A Dieu coman Belesgar A Dieu coman Belesgar A Dieu coman Belesgar A Dieu coman Belesgar A Dieu coman Belesgar |
VI,2 | K C Da I N d H |
e plus la ciutat d’Aurenga e plus la ciutat d’Aurenga e plus la siutat d’Aurenga e plus la ciutat d’Aurenga e puois la ciuptat d'Aurenga e plus la cuitat d’Aurenga e plus la siutat d’Aurenga |
VI,3 | K C Da I N d H |
e Gloriet’el Caslar e Glorieta el Caslar e Gloriet’el Caslar e Gloriet’el Caslar e Gloriet’el Caslar e Gloriet’el Caslar e Gloriet’el Caslar |
VI,4 | K C Da I N d H |
e’l seingnor de Proensa e lo senhor de Proensa e lo seignor de Proenza e’l seingnor de Proenssa e’l seingnoriu de Proensa e’l seignor de Proenssa e lo seignor de Proenga |
VI,5 | K C Da I N d H |
e tot quant vol mon ben lai, e tot quan vol mon ben lay, e tot cant vol mon ben lai, e tot quant vol mon ben lai, ez tot cant vol mon be lai, e tot quant vol mon ben lai, e tot qan vol mon be lai, |
VI,6 | K C Da I N d H |
e l'arc on son fai l’assai. e l'arc on son fait l'assay. e l'arc on son fag l'assai. e l'arc on son faig l’assai. mas lai on son fait l'assai. e l’arc on son fag l’assai. e l’arc on son fach l’assai. |
VI,7 | K C Da I N d H |
Cellui perdei c’a ma vida, Selluy perdiey qu’a ma vida, Cellui perdiei c’a ma vida, Cellui perdei c’a ma vida, Perdiei celui c'a ma vida, Cellui perdei c’a ma vida, Celui perdei q’a ma vida, |
VI,8 | K C Da I N d H |
e’n serai totz iornz marrida. e'n serai totz iorns marrida. e’n serai toz iorz marrida. e’n serai totz iornz marrida. e'n serai totz iorn marida. e’n serai totz iorns marrida. e’n serai totz iornz marrida. |
VII,1 |
K C Da I N d H |
Ioglars que avetz cors gai, Ioglar que avetz cor gay, Ioglar que aves cor gai, Ioglars que avetz cors gai, Ioglar vos c'avez cor gai, Ioglars que avetz cors gai, Ioglar qe avetz cor gai, |
VII,2 |
K C Da I N d H |
ves Narbona portatz lai ves Narbona portatz lay ves Narbona portas lai ves Narbona portatz lai ves Nerbona portez lai ves Narbona portatz lai ves Narbona portas lai |
VII,3 | K C Da I N d H |
ma chanson ab la fenida ma chanson a la fenida ma chanson a la fenida ma chanson ab la fenida ma chansos a la fenida ma chanson ab la fenida ma chanso a la fenida |
VII,4 |
K C Da I N d H |
lei cui iois e iovenz guida. lieys cuy ioys e iovens guida. lei cui iois e iovenz guida. lei cui iois e iovenz guida. leis cui iois capdella e guida. lei cui iois e iovenz guida. lei cui ioy e iovens guida. |
Note:
Possiamo dire di avere una tradizione piuttosto omogenea, lasciando a parte le variazioni di natura grafica ed essenzialmente insignificanti, notiamo delle divergenze più significative, rispetto al corpus della tradizione, nei manoscritti H ed N.
Per quanto riguarda H (Vaticano Latino 3207), sappiamo che si tratta di un canzoniere dedicato in buona parte alle trobairitz , dal momento che contiene solo immagini di donne[4]; purtroppo è in pessimo stato, proprio nella terza parte, che riguarda le poetesse e le illustrazioni sono molto danneggiate; la canzone qui non conserva l’ordine delle strofe come nel resto della tradizione: In H 46 sono riportate in questo ordine: la strofa IV e la strofa III; in H 57: parte della strofa V (da tost en venrem..), strofa VI e tornada. Tra le differenze più importanti, nella strofa III, verso 5-6: Qe Ovidis o retrai c’amors per ricor non vai.
In N abbiamo VII coblas e una tornada: la strofa VII è composta da quattro versi che corrispondono ai versi 5-8 della strofa II nel resto della tradizione. N è sicuramente il manoscritto che diverge più da tutti gli altri, tanto è vero che A. Rieger nella sua edizione tratta separatamente N e C, Da, I, K, d;
Se guardiamo, però, da una prospettiva più ampia, ossia il codex in cui è inserito il nostro ms., sono interessanti le osservazioni contenute in “The troubadours: an introduction, ” sul canzoniere N; leggiamo: <<Gli scribi medievali e il loro pubblico chiaramente godevano nell’applicare la massima gamma di permutazioni dei testi. Queste permutazioni non dovevano manipolare la forma di una canzone in particolare. l’effetto e il significato del testo può essere trasformato in modi impressionanti dal drammatico affiancamento effettuato nell’ultima parte di N su uno spazio di otto o nove “folio”, lo scriba responsabile di questo canzoniere contrappone cinque canzoni del primo trovatore, Guglielmo di Peitieu, con sei canzoni di trobairitz, trovatrici femminili che vissero molto tempo dopo la morte di Guglielmo nel 1127. Varie circostanze inusuali segnalano l’intenzione dello scriba di porre le canzoni di Guglielmo e delle trobairitz come dibattiti, come visioni del mondo contrastanti [5][…]>> è singolare che il manoscritto che più differisce dal resto della tradizione faccia parte di questo canzoniere, forse lo scriba in questione potrebbe essersi preso la libertà, come spesso succedeva, di intervenire –seppur minimamente- sul testo in maniera arbitraria.
Tuttavia, nonostante le precedenti osservazioni, nel manoscritto non ci sono elementi che rompono la compattezza del corpus in maniera determinante.
- Edizione manoscritto I
Come abbiamo detto, dopo attenta analisi della collazione abbiamo visto che ci troviamo di fronte ad una tradizione piuttosto compatta, non è stato possibile identificare errori guida e quindi procedere con la costruzione dello stemma dei codici; per questo motivo, ho scelto come testo base il manoscritto I. Procederò stilando due apparati negativi : in uno riporterò tutte le lezioni divergenti attestate negli altri manoscritti; nell’altro gli emendamenti e le scelte dei diversi editori.
3.1 Ar em al freg temps vengut : apparato n° 1
(in apparato: lezioni attestate negli altri manoscritti)
[6]Ar em al freg temps vengut,
que'l gels e'l neus e la faingna,
e'ill ausellet estan mut,
4 c’us de chantar s'afraingna;
e son sec li rams pels plais,
que flors ni fuoilla no'i nais,
ni rossignols no'i crida,
que l’am e mai me ressida.
9 Tant ai lo cors deseubut.
per qu’eu sui a totz estraigna,
e sai que l’om a perdut
mot plus tost que non gazaingna;
e s’ieu faill ab motz verais,
d’Aurenga me moc l’esglais,
per qu’eu n’estauc esbaida
16 en pert solatz e partida.
Domna met mout mal s’amor
que ab ric home plaideia,
ab plus aut de vavasor,
20 e s’il o fai il foleia;
quar so dis on en Velai
que ges per ricor non vai,
e domna que n’es chausida
en tenc per envilanida.[7]
25 Amic ai de gran valor
que sobre toz seingnoreia,
e non a cor trichador
vas me que s’amor m’autreia.
Eu dic que m’amors l’eschai,
e cel que dis que non fai
Dieus li don mal escarida,
32 qu’eu m’en teing fort per guerrida.
Bels amics, de bon talan,
son ab vos totz iorn en gatge,
cortesa e de bel senblan,
36 sol non demandes outrage;
tost en veirem a l'assai
qu’en vostra merce.m metrai:
vos m’avez la fe plevida,
40 que non demandes faillida.
A Dieu coman Belesgar
e plus la ciutat d’Aurenga
e Gloriet'el Caslar
44 e'l seingnor de Proenssa
e tot quant vol mon ben lai,
e l'arc on son faig l’assai.
Cellui perdei c’a ma vida,
e’n serai totz iornz marrida.
49 Ioglars[8] que avetz cors gai,
ves Narbona portatz lai
ma chanson ab la fenida
52 lei cui iois e iovenz guida.
3.2 Ar em al freg temps vengut: apparato n° 2
(testo base ms. I, in apparato: emendamenti e scelte dei diversi editori)
Ar em al freg temps vengut,
que'l[9] gels e'l neus e la faingna,
e'ill ausellet estan mut,
4 c’us de chantar s'afraingna;
e son sec li rams pels plais,
que flors ni fuoilla no'i nais,
ni rossignols no'i crida,
que l’am e mai [10]me ressida.
9 Tant ai lo cors deseubut.
per qu’eu sui a totz estraigna,
e sai que l’om a perdut
mot plus tost que non gazaingna;
e s’ieu faill ab motz verais,
d’Aurenga me moc l’esglais,
per qu’eu n’estauc [11]esbaida
16 en pert solatz e partida.
Domna met mout mal s’amor
que ab ric home plaideia,
ab plus aut de vavasor,
20 e s’il o fai il foleia;
quar so dison en Velai[12]
que ges[13] per ricor non vai,
e domna que n’es chausida
en tenc per envilanida.
25 Amic ai de gran valor
que sobre toz seingnoreia,
e non a cor trichador
vas me que s’amor m’autreia.
Eu dic que m’amors l’eschai,
e cel que dis que non fai
Dieus li don mal escarida,
32 qu’eu m’en teing fort per guerrida.
Bels amics, de bon talan,
son ab vos totz iorn en gatge,
cortesa e de bel senblan,
36 sol non demandes outrage;
tost en veirem a l'assai
qu’en vostra merce.m metrai:
vos m’avez la fe plevida,
40 que non demandes faillida.
A Dieu coman Belesgar
e plus la ciutat d’Aurenga
e Gloriet'el Caslar
44 e'l seingnor de Proenssa
e tot quant vol mon ben lai,
e l'arc on son faig l’assai.
Cellui perdei c’a ma vida,
e’n serai totz iornz marrida.
49 Ioglars[14] que avetz cors gai,
ves Narbona portatz lai
ma chanson ab la fenida
52 lei cui iois e iovenz guida.
- Traduzione
1 Ar em al freg temps vengut, que'l gels e'l neus e la faingna, e'ill ausellet estan mut, 4 c’us de chantar s'afraingna; e son sec li rams pels plais, que flors ni fuoilla no'i nais, ni rossignols no'i crida, 8 que l’am e mai me ressida. 9 Tant ai lo cors deseubut, per qu’eu sui a totz estraigna, e sai que l’om a perdut 12 mot plus tost que non gazaingna; e s’ieu faill ab motz verais, d’Aurenga me moc l’esglais, per qu’eu n’estauc esbaida 16 en pert solatz e partida. 17 Domna met mout mal s’amor que ab ric home plaideia, ab plus aut de vavasor, 20 e s’il o fai il foleia; quar so dis on en Velai que ges per ricor non vai, e domna que n’es chausida 24 en tenc per envilanida. 25 Amic ai de gran valor que sobre toz seingnoreia, e non a cor trichador 28 vas me que s’amor m’autreia. Eu dic que m’amors l’eschai, e cel que dis que non fai Dieus li don mal escarida, 32 qu’eu m’en teing fort per guerrida. 33 Bels amics, de bon talan, son ab vos totz iorn en gatge, cortesa e de bel senblan, 36 sol non demandes outrage; tost en veirem a l'assai qu’en vostra merce.m metrai: vos m’avez la fe plevida, 40 que non demandes faillida. 41 A Dieu coman Belesgar e plus la ciutat d’Aurenga e Gloriet'el Caslar 44 e'l seingnor de Proenssa e tot quant vol mon ben lai, e l'arc on son faig l’assai. Cellui perdei c’a ma vida, 48 e’n serai totz iornz marrida. 49 Ioglars que avetz cors gai, ves Narbona portatz lai ma chanson ab la fenida 52 lei cui iois e iovenz guida. |
Ora siamo giunti alla stagione fredda, quando (ci sono) gelo, neve e fango, e gli uccelletti rimangono muti, poiché(il gelo) mette fine all’usanza di cantare; e sono secchi i rami sulle siepi, poiché né fiore o foglia vi nascono, né l’usignolo vi grida, che l’ami e maggio mi risveglia. Talmente ho il cuore ingannato, perché sono a tutti estranea, e so che l’uomo ha perduto molto più velocemente di quanto guadagna; e se io sbaglio con parole sincere, il terrore mi viene da Aurenga, perché ne sono sbalordita e ne perdo sollazzo e parte di tempo. Donna spende molto male il suo amore quando si mette d’accordo con un uomo ricco, molto superiore ad un valvassore, e se ella lo fa si comporta da folle; Poiché ciò dice un uomo nel Velai che (l’amore) non viene dalla ricchezza, e donna che sceglie questo la ritengo disonorata/invillanita. Ho un amico di grande valore che sopra tutti signoreggia, e non ha cuore traditore nei miei confronti poiché il suo amore mi concede. Dico che il mio amore gli spetta, e colui che dice che non lo faccio, Dio gli doni cattiva sorte, poiché io mi ritengo molto sicura. Caro amico, di buone intenzioni, sono con voi tutto il giorno in pegno, cortese e di bell’aspetto, soltanto non chiedermi cosa oltraggiosa; presto ci incontreremo alla prova, poichè io mi metterò alla vostra mercè: voi mi avete assicurato la vostra parola d’onore che non domanderete cosa sbagliata. A Dio affido Belesgar e la città degli Aurenga e Glorieta e il Castello e il signore di Provenza e tutti quanti vogliono il mio bene là, e l’arco dove le sue gesta sono incise. Ho perso colui che possiede la mia vita, e ne sarò tutti i giorni disperata. Giullari che avete cuore gioioso, verso Narbona portate la mia canzone con l’assegnazione/fenida: lei che gioia e gioventù conduce. |
- Commento
Ar em al freg temps vengut
Schema rimico a7 b7 a7 b7 a7 c7 c7 d7 d7 d7.
Sei coblas doblas (la sesta strofa non corrisponde, nelle prime due rime, alla quinta) di otto versi ciascuna e una tornada di quattro versi.
In N abbiamo due tornadas di quattro versi; la prima corrisponde ai versi 5-8 della strofa II nel resto della tradizione.
vv. 1-8: L’incipit si apre con la descrizione del paesaggio naturale, una rarità nel corpus delle trobairitz; un preludio invernale che può simboleggiare una condizione di dolore e sofferenza psicologica; l’identificazione dell’io lirico con il paesaggio invernale potrebbe alludere alla perdita dell’amore descritta nelle coblas successive. Altri ipotizzano che l’apertuta a sfondo naturale che mima gli aspetti della “natura-in inverno”, serve qui non come una dichiarazione di afasia erotica/poetica come succede spesso nella poesia dei trobadori ma come affermazione di afasia femminile superata. <<L’inverno è un tempo di sterilità e silenzio, quando la neve e il ghiaccio coprono il mondo ,
“e gli uccellini sono muti
poiché nessuno ardisce di cantare
e sono secchi i rami nelle siepi
e nessun fiore o foglia rinasce
né l’usignolo canta….”
paradossalmente, la stagionale dormienza nella natura di quella sorta di attività spesso metaforizzata dai trovatori come significante della loro creatività poetica (gli uccellini che cantano, le piante che germogliano), sembra rendere possibile ad Azalais il comporre: la sospensione della procreazione o il temporaneo arrestarsi dei giochi di coppia cortesi (dove i trovatori/amanti cinguettando come gli uccelli, hanno bisogno della silente partecipazione femminile) facilitano il suo lavoro poetico.>>[15]
Il verso 8 è il più problematico e il più discusso di tutto il componimento: nei manoscritti troviamo que l’an en mai nos reissida N; que l’an en may me rissida C; que l’am e mai me reissida K; Da que l’am e mai me rreissida; I, D que l’am e mai me reissida.
(Per le varie edizioni ed emendazioni cfr. apparato sopra.)
Secondo Sakari: << La maggior parte delle correzioni che si possano proporre si scostano dalla lezione dei manoscritti e tutte fanno torto allo spirito poetico della nostra trobairitz. Infatti la funzione del canto dell’usignolo non è mai stata di servire al risveglio, ma di simbolizzare lo sbocciare della natura […]. Attorniata dal silenzio pesante dell’inverno, la poetessa pensa al canto felice e ispirante dell’usignolo, che sveglia il suo animo a primavera>>.
Personalmente, l’emendamento di M. de Riquer que la en mai me reissida (che là in maggio mi risveglia) mi sembra la soluzione più pertinente con il senso della canzone e l’intervento meno invasivo rispetto alle lezioni tramandate dai mss.
v.14: d’Aurenga tutti gli editori concordano nell’identificare il personaggio citato ai vv. 14 e 42 con Raimbaut d’Aurenga, celebre trovatore, cugino di primo grado di Gui Guerrejat (presunto marito e amante di Azalais de Porcairagues). Secondo l’analisi di Sakari[16] Raimbaut aveva due sorelle, entrambe con il nome di battesimo della madre, Tibors o Tiburge; la più grande, già vedova di Geoffry de Mornas, signore di Provenza, venne data in moglie a Bertran de Baux (il loro figlio sarebbe stato il primo principe d’Orange): si tratterebbe di Na Tibors de Sarenom, anch’ella annoverata tra le trovatrici identificate; la minore si sposò con Ademar de Murviel. Situato alla stessa distanza da Beziers e da Portiragnes, anche se sul lato opposto, a nord-ovest, Murviel dista solo una ventina di chilometri dalla patria di Azalais, che potrebbe aver frequentato la vicina, cugina di Gui e sorella di Raimbaut.
I possedimenti che Raimbaut aveva ricevuto in eredità dal padre si trovano nelle immediate vicinanze di Portiragnes; basta osservare l’elenco nell’atto del Gennaio 1171, secondo i termini del quale il trovatore impegna, per diecimiladuecento solidi melgorienses, Aumelas (ortografia attuale del nome), nonché i suoi diritti su diversi altri castelli, a suo cognato Ademar de Murviel: <<Anno Domini MCLXXI, mense januarii, Raimbaudus de Aurenca, filius quondam Guillelmi de Omellacio & Tiburgiae de Aurenca ejus uxoris, supposti pignori pro XMCC solidis Melgoriensibus Ademaro de Muroveteri cognato suo & liberis, quos de Tiburgia sorore sua habet, totum castellum de Omellacio cum omnibus omino pertinentiis, & quae habebat in castello de Monte-Arnaldo, de Piniano, de Frontiniano, de Sancto Pontio, de Popiano, de Pojeto et in villa Sancti Baudilii, Sancti Amancii, Sancti Paragori de Pojeto, de Plaisano, de la Costa, de Adellano, de Abonanegues, de Vendemiano, de la Mota , de Carcaus & de Vallemala, & quid quid habebat ab flumine Ledi usque ad flumen Erauri.>> Secondo il dizionario topografico del dipartimento di Herault, i nomi attuali di questi luoghi formano un cerchio regolare intorno alla città vecchia e alle rovine del castello di Aumelas, tra Montpellier e Beziers.
v.19: vavasor categoria di nobiltà feudale, inferiore al barone. Scrive M. de Riquer <<Che nella maniera di esprimere e sentire l’amore dei trovatori ci sia una traslazione, come una costante metafora, dalle situazioni tra signore e vassallo e dalla terminologia giuridico feudale alle situazioni tra uomo e donna e al linguaggio sentimentale […]. Le relazioni amorose tra uomo e donna sono equiparate alle relazioni feudali tra signore e vassallo: lei è il signore, e il poeta il vassallo. Questo è talmente convenzionale che, quando il poeta è un gran signore, e la dama è indubbiamente di un rango più basso, egli si considera suo inferiore e suo vassallo.>> (M. de Riquer, Leggere i trovatori, 2010, p.135).
vv. 21-22 : Secondo Sakari[17] non è un riferimento a un proverbio del Velai, ma un'allusione ad alcuni versi del trovatore Guilhem de Sant Leidier, nativo del Velai: <<Si vol triar un drut a desonor | E puois o tard’un an o plus verten, | Majer viltarz es, segon sa ricor, | Que si.n breu temps ames tal qe.il fos gen. |Las trichairitz – e’il fals trichador var- | Fan un mercat q’a pretz no s’aperte: | Lai n’auran un e sai un autre’ab se| E lez a cell qi mais i pot donar.>> Traducendo : <<Se sceglie un amante che la disonora, anche se lo fa aspettare un anno intero o più, sarà per lei un oltraggio molto più grande (a seconda del grado di potere del pretendente) che se amasse subito colui che agisce contro di lei. Le donne fedeli – come gli uomini infedeli, falsi e volubili – fanno un affare che non è conforme al prezzo: lì hanno un amante e quello, accanto a loro, un altro, e quello che può fare loro i regali più belli.>>
La morale che Guillem vuole trarre, senza dubbio è che le signore non dovrebbero scegliere i loro amici in base alla ricchezza o al potere.
A conferma della tesi che Azalais si riferisca a Guillem de Sant Leidier, oltre all’analogo significato generale dei due passaggi paralleli, colpisce anche la corrispondenza delle espressioni: ric ome e ricor, plaidejar, follejar, chauzir, envilanir in Azalais e ricor, faire, un mercat, folla[dompna], triar, viltaz (et desonor) in Guillem. Inoltre, sembra che la trobairitz abbia voluto sottolineare che il suo amico non apparteneva al fals trichador var di Guillem, affermando nella v.27: non a cor trichador.
Secondo le regole dell’amore cavalleresco, il pretendente doveva essere “in uno stato di sottomissione e vassallaggio alla sua signora”; i trovatori che spesso si trovavano in condizioni molto inferiori, trovando la teoria cavalleresca di loro gradimento, mostravano l’eccellenza nei loro canti, e cercavano di convincere le signore che era un’umiliazione per loro amare un signore troppo potente e che i grandi signori hanno poca considerazione per le loro amanti di rango inferiore, e che fosse loro abitudine lasciarle e tradirne i segreti. Questo spinoso problema, se una signora sia disonorata dall’amore di un grande signore, sembra essere stato oggetto di uno dei dibattiti più polemici della grande poesia provenzale, infatti dalla cobla II Azalais partecipa alla discussione, sfidando allo stesso tempo il suo amico Raimbaut che raccoglie la sfida per difendere i grandi signori:
I A mon vers dirai chanso |Ab leus motz et ab leu so |Et en rima vil e plana,|Puois aissi son encolpatz|Quan fatz avols motz als fatz,|E dirai so q’en cossir,|Qi qe’m n’am mais o’m n’azir.
Vuole esprimersi in una canzone con parole facili e rime piatte (abbandonando il suo solito trobar clus), anche se le sue idee offendono i suoi amici, gli altri trovatori, tra cui probabilmente Azalais e Guillem.
II D’amar torno.m en tensso | Cill on anc amors non fo | Plus q’en mi obra vilana …
si rivolge a coloro che sostengono che l’amore del ric ome non è costante, ripete ancora alla fine della strofa III:
C’al mais aug dir, e no.m platz, | Que dompna s’i vol aucir | Qe ric home seign’ auzir,
“Molto spesso sento dire, e non mi piace, che se una donna si degna di ascoltare un ric ome, si perde.”
E infine il trovatore gli presenta la sua opinione:
IV Qecs a dreig qe s’arazo | Mas vers venz, qi be.l despo, | Et ieu dic paraula sana | Que mieills deu esser amatz | Rics hom francs et enseignatz, | Qi.l pot pro e bel chauzir, | Per domna q’aus precs soffrir.
Il dibattito si estende e molti intervengono. Giraut de Bornelh, amico di Raimbaut d’Aurenga, propone al re d’Aragona ( forse Pietro II, 1196-1213) la questione sul tema, il quale, ovviamente risponde difendendo la posizione dei grandi signori. Sulle dinamiche cronologiche dei componimenti e del dibattito non possiamo trarre facili conclusioni; quasi sicuramente Guillem de Saint-Leidier aveva preceduto Azalais, dato che ella lo cita nel suo componimento; il componimento di Raimbaut sembrerebbe una reazione a quello di Azalais, quindi postumo.
Dei versi 21-22 esiste una variante tramandata da H Qe Ovidis o retrai c’amors per ricor non vai che potrebbe essere un'eco di "Non ego divitibus venio praeceptor amoris... Pauperibus vates ego sum, quia pauper amavi", Ars amandi, II. L'idea è frequente nei trovatori.
v. 22 “amor” per ricor non vai variante che ricorre in N e H ; negli altri manoscritti è implicito mentre qui (N,H) è più chiaro (Azais traduce –in modo generale- “qu'amor avec noblesse ne va pas” : che amor con nobiltà non va).
v.37: assai si tratta dell’assai amoroso: letteralmente “prova”, consisteva nel giacere nudi insieme, senza spingersi oltre e consumare l’atto sessuale; una sorta di rito attraverso cui la donna potesse realmente mettere alla prova l’amore del suo amic e capire se fosse autentico, cioè capace di sublimarsi.
L’argomento dell’assag compare due volte in questa poesia. Nella quinta stanza è parte della tipica situazione cortese ma nella sesta stanza, l’assag è menzionato a fianco a una serie di monumenti architettonici famosi nella città degli Orange ( evocati in questo planh per Raimbaut); In “The troubadours, an introduction, 1990, Simon Gaunt, Sarah Kay” leggiamo :<< “e l’arc on son fag l’assai” questo verso, in parte problematico da tradurre, sembra riferirsi non ad una attività privata ma piuttosto a delle azioni di armi in pubblico. Mentre in principio l’assag era una prova sessuale imposta dalla donna all’amato che offriva una simbolica garanzia della supremazia, del potere femminile e di autentica femminilità, Azalais suggerisce, attraverso la ripetizione del tema dell’assag, che di fatto l’assag, erotico o marziale, riguarda le conquiste maschili piuttosto che l’autorità femminile e che, come altre invenzioni cortesi, esso sfrutta l’inflazionata rappresentazione culturale della donna ai fini dell’esaltazione e del potere maschili.>>
vv.41-48: Secondo Sakari, nonostante questa strofa sia presente in tutti i canzonieri, non era presente nella versione primitiva della trobairtiz ma fu aggiunta in seguito alla morte di Raimbaut d’Aurenga, (10 Maggio 1173) e che sia un planh per l’amato trovatore; infatti sono molte le tesi che sostengono che la canzone sia stata modificata in seguito alla sua morte. I luoghi citati sono il castello di Belesgar (a tre chilometri da Cortezon, dove Raimbaut visse e morì), la città di Aurenga, la Glorieta (antico palazzo dei principi d’Orange) e il Caslar, la fortezza. Il Signore di Proenza è, secondo Sakari, Raimondo V di Tolosa (ma potrebbe anche essere Alfonso II d'Aragona, marchese di Provenza, così imparentato con Raimbaut d'Aurenga) Per quanto riguarda l'arco nel verso 46, Sakari lo identifica con l'arco romano d’Orange, dell'epoca di Tiberio, ( figura 1, figura 2) nei cui fregi sono incise scene di battaglie e combattimenti (assai sarebbe nel senso di "gesta" o "assalto").
Figura 1 Arco di Tiberio, Orange. Figura 2 Particolare dell’Arco d’Orange.
v.49: Joglar/Ioglars, da notare che in nessun altro componimento di poetesse provenzali viene usato questo termine, come è logico che sia dal momento che il ioglar era una figura a servizio dei trovatori professionisti; Sakari ha dedicato uno studio in “Azalais de Porcairagues, le joglar de Raimbaut d’Orange” (qua citato più volte) per spiegare come qui l’autrice si rivolga a Raimbaut d’Aurenga, usando il senhal che Raimbaut aveva scelto per riferirsi alla trobairitz. Sono stati raccolti tredici brani del trovatore in cui si allude a Joglar , quattordici se consideriamo Cars, douz e fenhz del bederesc in cui, dal contesto si suppone che il poeta desideri un uccello o un altro animale canterino; niente di più naturale, visto che Azalais era una trovatrice e che probabilmente sapeva recitare i suoi versi da sola. I rapporti tra i due poeti sono evidenti, non soltanto considerando la loro vicinanza geografica o i riferimenti delle loro vite ma anche per le analogie tra Ar em al freg temps vengut e Non chant per auzel ni per flor di Raimbaut, sia dal punto di vista metrico che per le evidenti somiglianze degli incipit, nella descrizione della natura invernale.
v. 50: ves Narbona portatz lai : Sicuramente si riferisce ad Ermengarda viscontessa di Narbona; le è stato reso questo omaggio, data la sua incomparabile capacità di giudice delle dispute amorose[18], inoltre le numerose allusioni positive a Narbona contenute nelle opere dei trovatori contemporanei sembrano attestare il ruolo di mecenate della viscontessa che la storiografia tradizionale sovente le attribuisce[19].
v.51: fenida con il senso delle finidas delle canzoni galego-portoghesi. “Generealmente hanno il carattere di dediche alle persone a cui il poeta vuole che arrivi la sua opera: un protettore, un gran signore, la dama cantata […]” [20].
- Collazione vida
I K d |
N Azalais de porcarages si fo de l’encontrada de Monpeslier. N Azalais de porcairagues si fo de l’encontrada de monpeslier. N Azalais de porcairagues si fo de l’encontrada de Monpeslier. |
I K d |
Gentils domna et enseingnada. Gentils domna et enseignada. Gentils domna et enseignada. |
I K d |
Et enamoret se d’en Gui Guerreiat Et enamoret se d’en Gi Guerreiat Et enamoret se d’en Gi Guerreiat |
I K d |
qu’era fraire d’en Guillem de Monpeslier. que era fraire d’en Guillem de monpeslier. que era frere d’en Guillem de Monpeslier. |
I K d |
Ela domna si sabia trobar. Ella domna si sabia trobar. Ella domna si sabia trobar. |
I K d |
E fez de lui mantas bonas cansos. E fez de lui mantas bonas cansons. E fez de lui mantas bonas cansos. |
- Vida ms. I
Azalais de porcarages[21],
si fo de l’encontrada de Monpeslier.
Gentils domna et enseingnada
et enamoret se d’en Gui Guerreiat
qu’era fraire d’en Guillem de Monpeslier.
Ela domna si sabia trobar
e fez de lui mantas bonas cansos.
- Traduzione vida
Azalais de Porcarages, fu della contrada di Montpellier.
Gentildonna e istruita, si innamorò del signor Gui Guerreiat che era fratello del signor Guglielmo di Montpellier.
Ella sapeva comporre versi e fece su di lui molte belle canzoni.
- Note Vida
Come abbiamo detto sopra, tre canzonieri trasmettono le vida della trobairitz in maniera pressoché identica e standardizzata. Dalle vida, con i nomi delle persone citate possiamo tracciare un profilo approssimativo sul contesto cronologico e sulla localizzazione geografica di Azalais, che visse nell’epoca più brillante della poesia provenzale. Sappiamo che Gui Guerrejat, personaggio storico, era il fratello di Guglielmo VII di Montpellier; Gui nel 1177 , ancora molto giovane, entrò nell’ordine di Citeaux [22] dove rimase fino alla fine dei suoi giorni. Tenendo conto di questo possiamo dire che il componimento risale ai primi anni dell’ultimo terzo del XII secolo, circa nel 1170, tranne che per la strofa VI, composta per piangere la scomparsa del suo amic, Raimbaut d’Aurenga (1173).
L’unica lezione che rompe l’omogeneità nelle vida è nel nome e la città di provenienza della trobairitz (porcarages, porcairagues, porcaragues); su questo argomento Sakari ha dedicato delle pagine nel suo studio[23] su “Azalais, joglar de Raimbaut d’Orange” in cui analizza le ipotesi dei vari studiosi e trae conclusioni per identificare la città della trobairitz: alcuni ipotizzano (anche spinti dall’omonimia) si tratti dell’attuale Pourcayrargues, una frazione dipendente dal comune di Salles-du-Gardon, vicino ad Ales, altri, incluso Sakari, credono sia Portiragnes, vicino a Beziers.
Leggiamo: << […] Era senza dubbio “domna castelloza”, poiché il dizionario topografico del dipartimento di Herault di E.Thomas cita una castrum de Porcairanicis negli atti del 1115 e del 1134. Quest’opera attesta ancora oggi le seguenti forme del luogo di quel nome: Porcaimiacos (leggi Porcairaniacos) nel 1035, Porcairanegues e Poricairangues nel 1179, Porcaraignes nel 1213, Porcayranicis nel 1325, Pourcairanies nel 1625, Pourcairaignes nel 1649 e, infine, nel 1760, l’attuale nome Portiragnes […] in un atto del 1065, tratto dal registro della cattedrale di Beziers, troviamo la firma di Rostagnus de Porcharanis, e in un altro atto del 1148, quello di Signarius de Porcairanicis (forse il padre di Azalais?). L’attuale Portiragnes si trova a circa dieci chilometri a sud-est di Beziers, sul canal du Midi, vicino al mare. Inoltre, lo studio delle relazioni di Azalais (come vedremo in seguito) ci mostra senza dubbio che la sua patria è proprio l’attuale Portiragnes, nella “contrada di Montpellier” - come dice il biografo nella vida - o più esattamente quella di Beziers.
BIBLIOGRAFIA
Edizioni di Riferimento
-A. Rieger, Trobairitz, Der Beitrag der Frau in der altokzitanischen hofischen
Lyrik, Edition des Gesamtkorpus, Max Niemeyer Verlag Tubingen, 1991.
-M. de Riquer, Los trovadores: historia literaria y textos, vol. 1, 1975.
-M.Bruckner, Songs of the Women Troubadours (Garland Library of Medieval Literature) (English Edition) , 1995
Studi sulla trovatrice e sulla poesia trobadorica:
-P. Bec, Chants d’amour des femmes troubadours, editions Stock/Moyen Age,
1995.
-M. Bogin, Les femmes troubadours, traduzione francese di Jeanne Faure-Cousin
con la collaborazione di Anne Richou, Editions Denoel/Gonthier, Paris, 1978.
-A. Sakari, Azalais de Porcairagues, le Joglar de Raimbaut d’Orange,
Neuphilologische Mitteilungen 50 (1949-1950).
-M. de Riquer, Leggere i trovatori, edizione italiana a cura di M.Bonafin, 2010
Strumenti tecnico-linguistici:
-Vincenzo Crescini, Glossario antico occitano (provenzale)- italiano, Documenti
per gli studi di lingua occitana; Verona & Padova 1905.
-Emil Levy, Petit dicionnaire provençal-français, Heidelberg 1909, Carl
Winter’s Universitatsbuchhandlung.
-Aurelio Roncaglia, La lingua dei trovatori: profilo di grammatica storica del provenzale antico; F. Serra editore, 2010.
-P.Stoppelli, Filologia della letteratura italiana, Carocci editore, 2012
Siti web consultati:
-BEdT: Bibliografia Elettronica dei Trovatori a cura di S. Asperti, consultabile
all’indirizzo: http://w3.uniroma1.it/bedt/BEdT_02_15/
-DOM en ligne Dictionnaire De L’Occitan Médiéval, consultabile all’indirizzo: http://www.dom-en-ligne.de/dom
5. Nei canzonieri C, Da, N: ram.
6. In N: de flors.
8. In C, N:an; in N: nos reissida.
9. In N: tot ai..
13. In N (cobla II, verso 5): per qu’eu sui en gran esmai. N cobla VII, verso 1: e s’ieu fail ab motz verais.
14. N (cobla II, verso 6): car sai qu’em aissi morai. N cobla VII, verso 2: d’Aurenga me mou l’esglais.
Canzoniere d: mec l’esglais.
15. N (cobla II, verso 7): e s’eu fos enans fenida. N cobla VII, verso 3: per qu’eu n’estau esbaida.
16. N (cobla II, verso 8): ben me tengra per garida. N cobla VII, verso 4: en pert solatz en partida.
In d: pantida.
18. In C, H: trop ric.
21. N: car so dliz hom sai e lai. H: qe Ovidis o retrai.
22. N: amor per ricor. H: c’amors per ricor.
26. N: q’en ditz d’amor.
30. H: e tu qe ditz.
32. N:conteing ben, verso ipermetro. H: qu’eu m’en teing per garida, verso ipometro.
33. N: Bels amics, ses cor truan.
33. N: car me fos ab vos en gatge.
36. K,d: veinrem. C, H: venrem. N: annarem
37. H: q’eu vos merce.m metrai.
38. Da: con la fe.
41. N: e puois.
45. N: mas lai on son fait l’assai.
48. N: vos c’avez.
49. C, Da, N, H: Ioglar.
52. N: leis cui iois capdella e guida.
Sakari que l’am’e mai me reissida : che risveglia la mia anima a maggio;
Bruckner que l’am en mai me rreissida: che sveglia la mia anima a maggio;
A.Rieger emenda: que am s’en mai me reissida: che io amo, quando ci sveglia - il canto degli usignoli - a maggio;
Schultz: legge mss. Da que lam e mai; C que lan en mai; I que lam e mas;
Raynouard e Azais leggono que l’an en mai;