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I |
QVando lamore tempesta. p(er)natura chegliene. delosuo tempestare gitta londda. e nquella guisa alpesta. espesso che grandene. lachasgione chetempesta gliabonddi. Vede londda gitare. giamai nonuede posa. jmfino chequella cosa chela fa tempesta re. nomsipartte dallui. p(er)che. natura illui. dicosi fare quando gligiungie quellora. |
Quando lʹamore tempesta, per natura che gli ène, de lo suo tempestare gitta lʹondda; eʹn quella guisa alpesta è spesso, ché grandʹène la chasgione che tempesta gli abonddi. Vede lʹonddʹagitare, già mai non vede posa, jmfino che quella cosa che la fa tempestare nom si partte da˙llui, perch’è natura i˙llui di così fare, quando gli giungie quell’ora. |
II |
E p(er)natura gietta. latempesta ilmaroso. dumque laoue jnchiudere nomsi pote. dumque elli jnchui lo gietta. fiore chetempestoso. echegioie p(er)istasgione menare pote. Edache cosi certto. bene faria fallanza. chi ponesse fallanza. jnchio lometto spero. facie sse[1] jnchio purduna. guisa comfu malsona. chemale come tempesta londda butta. [1] In V, la lettera a di faciesse è poco leggibile.
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E per natura gietta la tempesta il maroso, dumque là ove jnchiudere nom si pote: dumque elli jn chui lo gietta fiorʹè chʹè tempestoso e che gioie per istasgione menare pote. E da chʹè così certto, bene faria fallanza chi ponesse fallanza jn chʹio lo metto spero: faciesse jn chʹio pur dʹuna guisa, comʹ fu, mal sona, ché male, come tempesta, lʹondda butta. |
III |
Tanto mipare lodire. chagio fatto ciertano. chediparllare ancora noridotto. quello che mifa languire. ancora chelontano. massai dirollo come sia condotto. Daco natura stino. sicoma sua natura. ciaschuno criatura. ritraie jndi gioie fino. a quella chio auea. tra ea dache douea. ecome pescie p(er) lo mare staua. |
Tanto mi pare lo dire, chʹagio fatto, ciertano, che di parllare ancora no ridotto quello che mi fa languire, ancora che lontano, mʹassai diròllo come sia condotto. Daco natura stino: sì comʹa sua natura ciaschuno criatura, ritraie jndi gioie fino; a quella chʹio avea traea, da che dovea, e come pescie per lo mare stava. |
IV |
Istando piu gioioso. nelomare dongni gioia. edunora crudele comincioe. afarllo tempe stoso. pura p(er)me donare noia. ondio fortte mortte tosto naueroe. che p(er)suo tempestare. milascio smjsurato. conunonda abutata. lungima fuori delmare. eposto jntera du ra. etratto dinatura. onde lipesci chindi anno uita. |
Istando più gioioso ne lo mare dʹongni gioia, ed unʹora crudele cominciòe a farllo tempestoso, pura per me donare noia, ondʹïo fortte mortte tosto nʹaveròe; ché per suo tempestare mi lascò smjsurato: con unʹonda abutata lungi mʹa fuori del mare, e posto jn tera dura e tratto di natura, onde li pesci, chʹindi anno vita. |
V |
Vegiendo chedio sono. distare nelaqua fora. assai isbatuto sono p(er)ritornare. ma tanto sbatuto sono. edancora nomuifora. p(er) ciertto dentro mai nontornare. Onde mia vita ter(r)a. piu che nomfari jmpartte. maprego sire deo. che quella guisa cheo. moro chi morire mifa morire faccia. |
Vegiendo ched io sono di stare ne lʹaqua fora assai isbatuto sono per ritornare. Ma tanto sbatuto sono: ed ancora nom vi fora per ciertto dentro mai non tornare; ondʹè mia vitʹa terra più che nom fariʹ jm partte comʹ al bere che si partte, quandʹè verde, da terra ma prego sire Deo che quello guisa chʹeo moro, chi morire mi fa morire faccia. |