edizione diplomatico-interpretativa

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Assai credetti cielare. ciò che mi conuene dire. Calotroppo taciere . nocie manta stagione. editroppo parlare. puo dan(n)o adiuenire. p(er) che mauene temere. luna elaltra casgione. quandomo atemenza. didire cio che conuene. le uemente adiuene. chensuo dire efallanza. omo temente nebene suo sengnore. p(er)che sio fallo ilme perdoni amore. I
Assai credetti cielare
ciò che mi convene dire,
ca lo troppo taciere
nocie manta stagione,
e di troppo parlare
può danno adivenre:
per che m’avene temere
l’una et l’altra casgione.
quand’omo ha temenza
di dire ciò che convene,
levemente adivene
che ‘n suo dire è fallenza:
omo temente n’è bene suo sengnore;      
per che s’io fallo il me perdoni amore. 
            

 
 
Cierto bene sono te mente. di mia uolglia mostrare. equando io creo posare. mio core prende arditanza. efa similmente come chiua afurare. chepur uedere lipare. lombra di chuia dottanza. Epoi prende ardimento. quanta magiore paura. cosi amore masi chura. quando piu mispauento. chiamare merzè aquella achui sono dato. mapoi laueo ublio zo co pensato. II
Cierto bene sono temente     
di mia volglia mostrare;
e quando io creo posare,
mio core prende arditanza;
e fa similmente
come chi va a furare,
che pure vedere li pare
l’ombra di cui ha dottanza,
e poi prende ardimento
quanta magiore paura.
così amore m’asicura,
quando più mi spavento,
chiamare merzè a quella a cui sono dato;
ma poi, la veo, oblio zo c’ho pensato.

 
Dolcie me lublianza. ancora misia nociente. cheo uiuo dolze mente. mentre mia donna miro. edonne grampesanza. poi chio sono canosciente chella no(n) chura nente. dicio dondio sospiro. Epiango p(er) ussagio. co mefa lomalato. chesisente agrauato. edotta jnsuo coragio. che p(er) lamento lipare spesse fiate. lisi passi parte diria uolontate III
Dolcie m’è l’ublianza              
ancora mi sia nociente
ch’eo vivo dolzemente
mentre mia donna miro
e donne gram pesanza
poi ch’io sono canosciente
ch’ella non cura nente
di ciò dond’io sospiro
e piango per ussagio
como fa lo malato
che si sente agravato
e dotta in suo coragio
che per lamento li pare spesse fiate
lì si passi parte di ria volontate

 
Cosi pianto e lamento. mida grambenenanza. chio sento mia grauanza. p(er) sospiri amontare. e dami jnsegnamento. naue catempestanza. chetorna inalegranza p(er) suo peso allegiare . E quando agio allegiato. delograuore chio porrto. jocredo essere jmportto. diriposo ariuato. cosi mauene coma la cominzalglia.
chio creo auere ui
nto ancora sono ala batalglia.
IV
Così pianto e lamento,            
mi dà gran benenanza ,
ch’io sento mia gravanza
per sospiri amontare;
e dammi insegnamento
nave che ha tempestanza,
che torna in alegranza
per suo peso allegiare.
e quando agio allegiato
de lo gravore ch’io portto,
io credo essere im porto
di riposo arivato;
così m’avene coma la cominzaglia:
ch’io creo avere vinto ancora sono a la batalglia.

 
Pero coma la fene. uoria madiuenisse. samore loconsentisse. poi tale uita medura. chesarde epoi riuene. cheforsse sio mardesse. edanuouo surgiesse. chio muterria uentura.  O chio mirinouasse. come cieruo jnuechieze. chetorna jnsue belleze. sesso miritrouasse forse cherinouato piaceria. ladonde ongne bene solo merzede saria  V
Però come la fene
vorria m’adivenisse,
s’amor lo consentisse,
poi tale vita m'è dura
che s’arde et poi rivene
che forsse s’io m’ardesse
e da nuovo surgiesse,
ch’io muterria ventura
o ch’io mi rinovasse
come cervo in vechieze,
che torna in sue belleze
s’esso mi ritrovasse
forsse che rinovato piaceria
là donde ongne bene solo merzede saria.