La canzone si compone di cinque strofi isometriche e l'invio. Le stanze sono ripartite in due coblas doblas e una cobla singular finale, le cui rime della cauda sono riprese nell'invio.
Le stanze si compongono di 8 versi decasillabi con pedes a rima alternata, femminili i pari e maschili i dispari, mentre la cauda è a rime incrociate, con rime interne (cc) femminili: tale configurazione dà luogo alla cosiddetta cobla crotzencadenada – vd. le Leys d'Amors, p. 125 – la formula di gran lunga più frequentata nella lirica del nord, secondo Dragonetti, p. 441, il quale sostiene anche che nella produzione trovierica, tra i sistemi di abbinamento delle strofi, il secondo per diffusione è proprio quello delle coblas doblas di cinque strofi (2 + 2 + 1), per cui cfr. p. 447. Altri 49 componimenti presentano lo stesso schema rimico, in 25 dei quali è combinato a strofi a maggioranza decasillabica. Sono 19 i componimenti che combinano lo schema rimico ad una strofa isometrica di decasillabi, come nella lirica in esame, ma solo una canzone di Colart le Bouteiller (MW 1710) reca l'identica sequenza di versi maschili e femminili; la lirica presenta lo stesso schema strofico di 5 coblas doblas ed un rimario simile.
I versi presentano, di norma, cesura maschile, ad eccezione dei vv. 13 e 29 a cesura lirica. La cesura del v. 32, che cade dopo le prime tre sillabe, è irregolare: l'aggiunta della -e a qu' sarebbe stata sufficiente a risolvere l'irregolarità, ma i mss sono tutti concordi nel tramandare l'elisione della vocale.
Si segnala la rima leonina ai vv. 1,3 (nature/criature) ed ai vv. 2,5 (alegement/liement) e la rima ricca ai vv. 24,26 (destraindre/graindre).
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Il troviero sceglie la soluzione più classica sul versante formale: la strofa decasillabica crotzencadenada di otto versi, in cui le dimensioni della cauda rispondono rigorosamente a quelle della fronte; è il tipo che 'domine incontestablement la tradition' (cfr. Dragonetti 386). L'isometria rende il flusso del discorso disteso e regolare e la lunghezza del decasillabo fa si che in ogni verso abbia sede un enunciato compiuto; si ha enjembement solo tra il primo e secondo verso delle strofe II (vv. 9-10: raisons et droiture/dient), III (vv. 16-17: faindre/d'amour servir) e IV (vv. 24-25: destraindre/des maus d'amors).
Le cesure, oltre la valenza ritmica, rivestono un ruolo importante anche nella modulazione melodica dei timbri e delle sonorità consonantiche, bilanciando oppure richiamando i suoni dominanti a fine verso.
Sul versante tematico la canzone si presenta particolarmente compatta, vi si possono rintracciare infatti dei motivi portanti, individuabili anche attraverso 'parole-spia' ricorrenti.
Nella strofe I sono enucleati tutti i temi che verranno sviluppati nel corso della canzone. La lirica esordisce con l'iperbole topica della dama come incarnazione del massimo grado di perfezione raggiunto dalla Natura (v. 1) e da Dio (v. 3) nell'atto della creazione; l'iperbole è ripetuta seguendo la tecnica dell'adoublement. Nel v. 2 è esposta la propositio, ovvero la ragione o la finalità del canto: in questo caso la speranza di trarre sollievo, affermazione che solleva ambiguità interpretative riguardo l'effettivo referente dell'enunciato. Espoirs sia una delle parole-chiave del componimento: la proiezione verso il futuro che essa implica verrà ripresa e sviluppata in chiusura, alla strofe V. Alegement è un'altra parola-chiave: i due estremi affettivi attraverso cui si muove il poeta, la sofferenza e la gioia (provata o attesa) sono collocati in una rete lessicale dominata dal concetti di leggerezza/peso, insiti nell'etimo (dal lat. alleviare Few XXIV, 331b) di alegement. L'opposizione peso/leggerezza si fa particolarmente esplicita al v. 21, dove il verbo alegier compare insieme a grevance, uno dei sostituti lessicali di dolors che meglio esprime la nozione di dolore come peso; alegier ricompare poi in chiusura di strofe.
Nella prima parte della strofe II ha luogo una sorta di esteriorizzazione del dibattito interiore del poeta attraverso la personificazione di Raison e Droiture, che rimproverano il troviero di essere folle nel riporre così in alto le proprie aspirazioni. Negli ultimi due versi compare il verbo servir (v.14), altra parola-chiave: il servizio d'amore è il mezzo con cui il poeta può trovare l'alegement e la joie tanto agognati. Il verbo servir ricorre ben quattro volte nel corso della lirica. Al v. 17 compare joie, che occorrerà di nuovo nell'ultima strofe (v. 37) ma con un'accezione diversa. Amore può enforchier o estaindre la joie, ossia ha il potere di determinare lo stato d'animo dell'amante, che è completamente succube da una parte di questa forza personificata, dall'altra della dama, che, dal canto suo, ha la facoltà di alleviarne le pene: ritorna a questo punto la nozione dipolare peso/leggerezza di cui si è parlato sopra (v. 21); la sottomissione del poeta all'arbitrio della dama è totale, al punto che se a lei piacesse la sua morte, anche lui la accetterebbe di buon grado (vv. 22-23).
Al v. 27, nella strofe IV, ritorna il tema del servizio d'amore (dont ie vous serf) ed ha inizio l'apostrofe diretta alla dama, che si estende fino al v. 34 della quinta stanza; l'apostrofe raggiunge il culmine patetico con la preghiera del v. 31 (ne mo'ocïés, ie ne l'ai deservi!), in cui ritorna il tema della morte, già trattato nella stanza precedente.
Nei primi due versi dell'ultima strofa, ancora in apostrofe, il troviero ricorre all'immagine del cuore separato dal corpo che alberga presso la dama, presente in quasi tutte le liriche di Cuvelier; ricompare inoltre, per la terza volta, il tema della morte, già toccato nei vv. 22 e 31. Negli ultimi tre versi torna a chiudere il cerchio l'espoirs: mentre nella prima strofa il poeta lascia aperto il dubbio di cosa si celi dietro la speranza del sollievo, ossia se questo debba venire dal canto in sé o dal dono d'amore della dama sollecitato dal canto, in chiusura è reso manifesto che è il guerredon l'oggetto agognato. (vv. 36-39).