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Mostrar vorria in parvenza

Repertorio: RMS: 310:1
Manoscritti: Vaticano latino 3793, c. 13r (V)
Metrica: a7  b7  c11,  a7  b7  c11; d11  e11  f11  f5,  g11  g5  e11  d11. Canzone di tre stanze singulars di quattordici versi; collegamento capfinit non rigoroso.
Edizioni: D'Ancona-Comparetti 1875-1888 I, p. 139; Panvini 1957-1958, p. 94; Panvini 1962-1964, p. 152; Salinari 1968, p. 183; Jensen 1986a, p. 80; CLPIO, p. 319 (V); Panvini 1994, p. 219; Fratta 2008, pp. 429-434.
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Edizioni

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Fratta 2008

I

Mostrar voria in parvenza
ciò che mi fa allegrare
s'ausasse adimostrar lo mio talento:
tacer mi fa temenza,
ch'io nonn-auso laudare
quella in cui è tuto compimento.
Come quelli che gran tesauro à 'n baglia
e no lo dice, anzi n'è più argoglioso
e sempre n'à gran gioia con paura,
così ad ognora
lo grande ben c'Amore m'à donato
tegno celato,
viv’e ‘nde alegro e sonde più dottoso:
e chi non teme, nonn-ama san’ faglia.
 
II
 
Voglia tanto m'abonda
che, temo, lungiamente
no la posso covrir nulla manera,
ca 'n me par che s'asconda
troppo isforzatamente
amor di core che no pare in cera,
e poi, ch'io fosse da tal donna amato,
come ò che, se contare le volesse
le sue bellezze, certo non poria,
poi si savria
qual èste quella donna per cui canto:
ond'io infratanto
celar lo voglio, a morte no venisse,
che buon tacere a dritto no è blasmato.
 
III
 
Amor si de' celare
per zo che più fine ène
ca nulla gioi ch'a esto mondo sia;
e·llui tal cosa pare
che già d'altrui no avene:
c'ogn'om golëa fama e segnoria,
ed egli, ove più pote, più s'asconde:
se vene in pala perde sua vertute
medesmamente a colpa de l'amante,
però c'avante
de' omo andare in cosa che ben ama,
ca per ria fama
gran gioe e gra·richeze son perdute
e re’ parola gran fatto confonde.

 

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Tradizione manoscritta

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CANZONIERE V

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Edizione diplomatica

[c.13r]

 

       xluij.              Mess(er) Jacopo mostacci.
M  ostrare uoria jmparuenza. cio chemifa allegrare. sau sasse adi mostrare.
lomio talento. taciere  mifa temenza. chio nonauso laudare. quella inchuie
tuto compi mento. come quelli chegrande tesauro ambalglia. enolodicie
anzi ne piu argolglioso. esempre na grangioia compaura. cosi adongnora. logra(n)
de bene camore ma donato. tengno cielato. uiuende alegro esonde piu dottoso.
echi nonteme nonama sanfalglia.


V  olgha tanto ma bbonda. chetemo lungiamente. nolaposso covrire nulla manera.
 canme pare chesasconda. troppo jsforzata mente. amore dicore chenopare in
 ciera. E poi chio fosse datale donna amato. comeo che se contare louolesse. lesue
 belleze ciertto nom poria. poi sisauria. quale ste quella don(n)a p(er) chui canto. ondio
  imfratanto. cielare louolglio sicamorte noue nisse. che buono taciere adiritto no
  ne blasmata.


 A  more side cielare. p(er) zo che piu fine ene. canulla gioia caesto monddosia. ellui
 tale cosa pare. chegia daltrui nonauene. congnomo golea fama esengnor ia
 Edelgli oue piu pote piu sasconde. caseuene impala p(er) de sua uertute. medesima
 mente acolppa della mante. pero caua nte. deomo andare incosa chebenama. cap(er)
 ria fama. grangioe egraricheze sono p(er) dute. ere parole granfatto comfonde.

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Edizione diplomatico-interpretativa

       xluij.              Mess(er) Jacopo mostacci.

 

 

I

M  ostrare uoria jmparuenza. cio chemifa allegrare. sau sasse adi mostrare.
lomio talento. taciere  mifa temenza. chio nonauso laudare. quella inchuie
tuto compi mento. come quelli chegrande tesauro ambalglia. enolodicie
anzi ne piu argolglioso. esempre na grangioia compaura. cosi adongnora. logra(n)
de bene camore ma donato. tengno cielato. uiuende alegro esonde piu dottoso.
echi nonteme nonama sanfalglia

Mostrare voria im parvenza
ciò che mi fa allegrare
s’ ausasse adimostrare lo mio talento:
taciere mi fa temenza,
ch’ io non auso laudare
quella in chui è tuto compimento.
Come quelli che grande tesauro à ‘m balglia
e no lo dicie, anzi n’ è più argolglioso
e sempre n’ à gran gioia com paura,
così ad ongnora
lo grande bene c’ Amore m’à donato
tengno cielato,
viv’ e ‘nde alegro e sonde più dottoso:
e chi non teme, non ama san’ falglia.

 

II

V  olgha tanto ma bbonda. chetemo lungiamente. nolaposso covrire nulla manera.
canme pare chesasconda. troppo jsforzata mente. amore dicore chenopare in
ciera. E poi chio fosse datale donna amato. comeo che se contare louolesse. lesue
belleze ciertto nom poria. poi sisauria. quale ste quella don(n)a p(er) chui canto. ondio
imfratanto. cielare louolglio sicamorte noue nisse. che buono taciere adiritto no
ne blasmata.

 
Volgha tanto m’ abbonda                                           
che, temo, lungiamente
no la posso covrire nulla manera,
c ‘an me pare che s’ asconda
troppo isforzatamente
amore di core che no pare in ciera,
e poi, ch’ io fosse da tale donna amato,
come ò che, se contare lo volesse
le sue belleze, ciertto nom poria,
poi si savria
qual èste quella donna per chui canto:
ond’ io imfratanto
cielare lo volglio, sì ca morte no venisse,
che buono taciere a diritto no n’ è blasmata.
 

 

III

A  more side cielare. p(er) zo che piu fine ene. canulla gioia caesto monddosia. ellui
tale cosa pare. chegia daltrui nonauene. congnomo golea fama esengnor ia
Edelgli oue piu pote piu sasconde. caseuene impala p(er) de sua uertute. medesima
mente acolppa della mante. pero caua nte. deomo andare incosa chebenama. cap(er)
ria fama. grangioe egraricheze sono p(er) dute. ere parole granfatto comfonde.

Amore si de’ cielare
per zo che più fine ène
ca nulla gioia c’a esto monddo sia;
e·llui tale cosa pare
che già d’ altrui non avene:
c’ ongn’ omo golea fama e sengnoria,
ed elgli, ove più pote, più s’ asconde:
ca se vene im pala perde sua vertute
medesimamente a colppa dell’ amante,
però c’ avante
de’ omo andare in cosa che ben ama,
ca per ria fama
gran gioe e gra·richeze sono perdute
e re’ parole gran fatto comfonde.

 

 

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Riproduzione fotografica

[c.13r]

 
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