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Vergogna ho, lasso, ed ho me stesso ad ira

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Edizione critica

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Egidi 1940

  Vergogna ho, lasso, ed ho me stesso ad ira;

e doveria via più, reconoscendo
co male usai la fior del tempo mio.
Perchè no lo meo cor sempre sospira,
e gli occhi perchèmai finan piangendo,
e la bocca di dir: merzede, Dio,
poi franchezza di core e vertò d'alma
tutta sommisi, ohimè lasso, al servaggio
de' vizi miei, non Dio, nè bon usaggio,
nè diritto guardando in lor seguire,
non mutando desire?
S'eo resurgesse, com fenice face,
già fora a la fornace
lo putrefatto meo vil corpo ardendo;
ma, poi non posso, attendo
che lo pietoso padre me sovegna
di tal guisa, ch'eo vegna
purificato e mondo di carne e alma.
    Ohi, lasso! Già vegg'io genere omano,
che segnoril naturalmente è tanto,
che'l minor om talenta emperiare;
e ciò, più ch'altro, i piace, e più li è strano
d'aver segnor; chè Dio volontier manto
non vole già ciascun, si come pare.
Come poi donque lo minore e'l maggio
sommette a vizio corpo ed alma e core?
Ed è servaggio alcun, lasso, peggiore, 
od è mai segnoria perfetta alcona,
che sua propia persona
tenere l'omo ben sotto ragione?
Ahi, che somm'è 'l campione
che là, ov'one segnor perde, è vincente,
nè poi d'altro è perdente;
chè, loco u' la vertù de l'alma empera,
non è nocente spera,
nè tema, nè dolor, ned allegraggio.
    O morti fatti noi de nostra vita,
o stolti de vil nostro savere,
o poveri de riccor, bassi d'altezza;
com'è vertà da noi tanto fallita
ch'ogne cosa di vizio è noi piacere
ed ogne cosa de vertù gravezza?
Giò filosofi, Dio non conoscendo,
nè poi morte sperando guiderdone,
ischifar vizi aver tutta stagione,
seguendo sì vertù, ch'onesta vita
fu lor gaudio e lor vita.
Noi con donque può cosa altra abellire,
che 'n vertù lui seguire,
lo qual chi 'l segue ben perde temore?
Chè non teme segnore,
morte, nèpovertà, danno, nè pene,
ch'ogni cosa gli è bene,
sì come noi è mal, non lui seguendo.
    Pugnam donque a valer forzosamente;
no 'l ben schifiam perchè noi sembri grave;
ch'orrato acquisto non fue senza affanno;
e se l'om pene per vertute sente,
ne' vizi usar sempr'è dolze e soave,
che spesso rede doglia onta e danno.
Ma ciò ch'è 'n noi contra talento e uso
n'è grave, e n'è legger ciò ch'è con esso,
ch'uso e voler, ch'avemo nel mal messo,
ne'l fa piacere, e despiacer lo bene.
Adonqua ne convene
acconciare a ben voglia ed usanza,
se volem benenanza;
chè non è ben, se da ben non è nato,
e onne gioi di peccato
è mesta con dolore, e fina male;
ed onne cosa vale
dal fine suo, che n'è donque amoroso.
    Come a lavorator la zappa è data,
è dato el mondo noi: non per gaudere,
ma per esso eternal vita acquistare;
e no l'alma al corpo è già creata,
ma 'l corpo a l'alma, e l'alma a Deo piacere,
perchè Lui, più che noi, devemo amare.
Emprima che noi stessi, amò noi esso;
e, se ne desamammo e demmo altrui,
di se medesmo raccattonne poi.
Ahi, perchè, lasso!, avem l'alma sì a vile?
Già l'ebb'ei sì a gentile,
che prese, per trar lei d'eternal morte,
umanitate e morte.
Abbialla donque cara, ed esso amiamo,
ove tutto troviamo
ciò che può nostro cor desiderare;
nè mai altro pagare
ne può già, che lo ben ch'ha noi promesso.
    O sommo ben, da cui ben tutto è nato,
o luce, per qual vede ogne visaggio,
o sapienza, unde sa ciascun saggio!
neiente feci me, tu me recrii;
desviai, tu me renvii;
ed orbai me, tu m'hai lume renduto!
Ciò non m'ha conceduto
mio merto, ma la tua gran bonitate.
O somma maestate,
quanto laudare, amar, servire deo tee
demostra ognora a mee,
e fa ch'a ciò tutto meo cor sia dato!
    A messer Cavalcante e a messer Lapo
va, mia canzone, e dir lor ch'audit'aggio
che'l sommo ed inorato segnoraggio
pugnan di conquistar, tornando a vita;
e, se tu sai, li aita,
e dì che 'l comenzar ben cher tuttore
mezzo e fine megliore,
e prende onta l'alma e 'l corpo tornare
a mal ben comenzare:
e dì ch'afermin lor cori a volere
seguire ogne piacere
di quelli, che per tutto è nostro capo.

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Tradizione manoscritta

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CANZONIERE L

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Edizione diplomatica

[c. 41vA]

 

           .F. Guittone.
U      E
rgogna olasso edo mestesso
        adira. edoueria uia piure
        conosciendo. conmale uza
ai laflor deltenpo mio. Perche
no locor meo senpre sospira. eli
occhi perche mai finan piange
ndo. elaboccha didir mercede
dio. Poi franchessa dicore euer 
tu dalma. tutta sonmui oime
lasso alseruaggio. deiuisii mei
non dio nebuono uzaggio. nedi
ritto guardando inlor seguire.
non mutando dezire. seo resur
gesse como fenice face. gia fo
ra enlafornace. lo putre fatto
meo uil corpo ardendo. mapoi

[c. 41vB]

                    dital guiza cheo uegna.
-
non posso attendo. chelopietoso pa
dre misouegna. purificato emo(n)do
dicharne adalma.
A     i lasso gia ueggio genu uma
no. chesingnoril naturalmente ta(n)
to. cel minore hom talenta enpe
riale. Eccio piu caltro ipiacie epiu
glie strano. dauer signor che dio 
uolontier manto. non uole gia ci
ascun sicome appare. Chome poi
donque elminore elmaggio. son
mette auisi corpo alma echore.
ore seruaggio alcunlasso piggiore.
oe mai segnoria perfetta alcona.
chesua propia persona. tenere lo
mo ben sotto ragione. aiche sonmel
canpione. che oue ogni signor p(er)de
euincente. nepoi daltre perdente.
cheloco ulauertu delalma enpera.
noe nocente spera. netema nedolor
ne allegraggio.
O     morti fatti noi de n(ost)ra uita.
eistolti deuil nostro sauere. epoue
ri dericcor bassi dal tessa. Come ta(n)
to denoi uerta fallita. cogni cosa di
uisio enoi piacere. eogni chosa de
uertu grauessa. Gia filozofi dio no(n)
conosciendo. nepoi morte speran
do guiliardone. iscifar uisii auer 
tutta stagione. seguendo si uertu
con honesta uita. fu lor       e lor
uita. noi con donque puo cosaltra
bellire. chenuertu lui seguire
qual chil segue ben perde temo
re. eno(n) teme segnore morte ne
pouerta danno nepene. ognicosa

[c. 42rA]

glie bene. sicome noi emale no(n)lui
seguendo.
P    ugnam donque aualer forso
zamente. noscifiam ben per che noi
senbri graue. conrato acquisto no(n)
fu sensa affanno. Ese lom pene p(er)
uertude sente. neuisii uzar senpre
dolcie soaue. chespesso torna dog-
lia onta edanno. Macio che noi 
conta talento euzo. negraue enelle
gger cio che conesso. chuzo eluoler
chauemo innel mal messo. nel fa pi
acere edespiacer lobene. adonque
neconuene. aconciare aben uoglie
uzansa. seuolem benenansa. che
noe ben sedaben noe nato. eogni gi
oi dipecchato. emesta condolore efi
na male. eogni cosa uale. dal fine
suo chenne donquamoroso.
C    ome allauorator lasappa edata.
edato elmondo annoi no(n) per ghaude
re. maperesso etternal uita quista
re. Eno lalma alcorpo egia creata. 
mal corpo allalma elalma adeo pia
cere. perche lui piu chennoi douemo
amare. Che pria che(n)noi stessi amo
noi esso. esenne dezama(m)mo ede(m)mo
altrui dise medesmo racchattone
poi. aip(er)che lasso auem lalma siaui
le. gia lebbei siagientile. che p(re)se
pertrar lei detternal morte. uma
nitate emorte. abbialla donque cha
ra edesso amiamo. oue tutto trou
iamo. cio che puo n(ost)ro cor desidera
re. nemai altro paghare. nepuo
gia chelo ben cha noi promesso.

 

[c. 42rB]

-
O   sommo bon dacui tutto
enato. olucie qual uede ong-
ni uizaggio. osapiensia unde sa
ciascun saggio. pecchando iffeci
me tume recria. desuiai tume
renuia. orbai etumai lume ren
duto. cio no(n)ma conceduto. mi
merto malatua gran bonitade.
osonma maestade. quanto laud
are amare pregiar deo te. demo
mostra ongnora me. efa chaccio
tutto meo cor sia dato.
A     mess(er) chaualcante eamess(er)
lapo. ua mia chansone edilor cha
uditaggio. chelsonmo honorato se
gnoraggio. pugna(n) diconquistar
tornando auita. esetusai liaita.
edi che comensare bene chere.
mezzo efine migliore. prendo(n)ta
alma ecorpo tornare. amal ben
cominsare. digli chafermin lor
cori auolere. seguire ogni piac
ere. dicului chepertutto enostro 
capo.
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Riproduzione fotografica

[c. 41v]

 

 

 
[c. 42r]

 

 

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CANZONIERE P

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Riproduzione fotografica

Vai al manoscritto [1]

[c. 5v]

[c. 6r]

[c. 6v]
 

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Edizione diplomatica

[c. 5v]

 

    fra Guictone dareço ·
U Ergogno lasso edo mestesso adira.
    edoueria uia piu ricognosce(n)do: ke
    male usai lafior deltempo mio. p(er)
    ke no lomeo corsempre sospira: e
    li cchi p(er)ke mai finan piangendo
    e la bocca didir mercede dio: poi
    frankeça dicore ede uici miei non
    dio nebono usagio. ne diricto gua(r)
    dando illor seguire: no mutando
    disire: sio resurgesse come finice
    face: gia fora alafornace: lo putre
    facto mio uil corpo ardendo: ma
posso atte(n)do kel pietoso padre mi souegna: uital guisa keo uegna
purificato emondo dicarne edalma.
 
    Oi lasso gia vegio gener omano: kel signoril naturalmente ta(n)to
    Ke minoron talenta imp(er)iale · ecio piu caltro piace: e piu liestra
    No dauer signore ke dio uolentieri manto no(n) uolon gia ciascuno
 

[c. 6r]

    Si come pare: come po donque lo minor ae el magio: sometta uitio
    Corpo edalma ecore. ede servagio alcun lasso pigiore. ode mai sig(no)
    Ria p(er)fecta alcuna: ke sua p(ro)pia p(er)sona tener lon ben soto rasione: ai ke
    sommel campione: ke laove onne signor p(er)de evince(n)te: ne poi dal
    tre p(er)dente: ke loco uiue lauertu delalma inp(er)ia none noce(n)te sp(er)ar
    ne tema ne dolor ne dallegragio.
 
    Omorti facti noi di n(ost)ra uita: ostolti diuil nostro saue(r): opoueri
    diriccore bassi dalteça.  come uerta danoi tanto efallita: cogne co
    sa diuitio e noi piace(r): cogne cosa diuertu grauosa: gia filosophi
    dio no(n) cognosce(n)do ne poi morte sperando guiderdone: la far vici
    edauer tucta stasione: seguendo si uertu co honesta uita: fulor ga
    udio elor uita: noi come puo cosa mai altra bellire: ke uertu lui
    seguire: loqual kil siegue p(er)de timore: ke no(n) temen signore: mo(r)te 
    opouerta da(n)no ne pene: cogna cosa he b(e)n: sicome noi emal n(on) lui segue(n)/do\.
 
    Pugnan donqua ualer forçosamente: no(n) ben schifiamo p(er)ke noi se(m)
    bri graue: corrato aquisto no(n) fue sença afanno: ese lon pene p(er) uertude
    sente: nei uity usare sempre dolce esoaue spesso rende onta dogle e
    danno: ese noi contra talento eoso ne graue ne legier cio ke conesso
    euoler cauemo nel mal messo: ne fa piace(r): edispiace(r) lo b(e)n · donqua
    no(n) conuene acco(n)ciar da bene uollia eusança: se uolen benina(n)ça: ke
    none bene se da bene nenato: conne gioi di peccato: emesta condolo(r)e
    efine male: eongne cosa uale dafine sua ke ne donqua amorosa.

 
    Come alauorator laçappa edata: edatol mo(n)do noi no(n) p(er) gaude(r). ma
    p(er) esso et(er)nale uita aquistare: eno lalma alcorpo egia creata: mal cor
    po alalma elalma adio piace(r): p(er)ke piu lui ke noi deuemo amare: 
    epiu noi stesso amo noi esso: ese noi disamamo edemo altrui dise
    medesmo racacto poi noi: ai p(er)ke lasso auen lalma siuile: gia la elli
    ben si gentile: ke prese p(er) trar lei det(er)nale morte: humanita emorte: 
    abialla donque kara edesso amiamo: oue tucto trouiamo: ao ke p(er)
 

[c. 6v]
 

    [...]ne maialtro pagare ne puo tal ben ka no p(ro)/messo\.
    [...]enato: oluce p(er) qual verte ogne uisagio
    [...]feci metu mi ricry disiuar me
    [...]cio no ma conceduto:  
    [...]somma maestate quanto lauda
    [...]tucto meo /ha dato\.
 
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Edizione diplomatica-interpretativa

    I
    fra Guictone dareço ·
U
Ergogno lasso edo mestesso adira.
    edoueria uia piu ricognosce(n)do: ke
    male usai lafior deltempo mio. p(er)
    ke no lomeo corsempre sospira: e
    li cchi p(er)ke mai finan piangendo
    e la bocca didir mercede dio: poi
    frankeça dicore ede uici miei non
    dio nebono usagio. ne diricto gua(r)
    dando illor seguire: no mutando
    disire: sio resurgesse come finice
    face: gia fora alafornace: lo putre
    facto mio uil corpo ardendo: ma
posso atte(n)do kel pietoso padre mi souegna: uital guisa keo uegna
purificato emondo dicarne edalma.
  fra Guittone d'Arezo
  Vergogn'o lasso ed o me stesso ad ira
  e doveria via più ricognoscendo
  ke male usai la fior del tempo mio
  perkè no lo meo cor sempre sospira
  e li cchi perchè mai finan piangendo e la bocca di dir mercede Dio
  poi francheza di core e de vici miei non dio ne bono usagio
  ne diricto guardando il lor seguire
  no mutando disire
  se io resurgesse come finice face
  già fora a la fornace
  lo putrefacto mio vil corpo ardendo
  ma posso attendo ke 'l pietoso padre mi sovegna
  vital guisa k'eo vegna purificato e mondo di carne ed alma.
     II
Oi lasso gia vegio gener omano: kel signoril naturalmente ta(n)to
    Ke minoron talenta imp(er)iale · ecio piu caltro piace: e piu liestra
    No dauer signore ke dio uolentieri manto no(n) uolon gia ciascuno
    Si come pare: come po donque lo minor ae el magio: sometta uitio
    Corpo edalma ecore. ede servagio alcun lasso pigiore. ode mai sig(no)
    Ria p(er)fecta alcuna: ke sua p(ro)pia p(er)sona tener lon ben soto rasione: ai ke
    sommel campione: ke laove onne signor p(er)de evince(n)te: ne poi dal
    tre p(er)dente: ke loco uiue lauertu delalma inp(er)ia none noce(n)te sp(er)ar
    ne tema ne dolor ne dallegragio.
  Oi lasso già vegio gener omano
  ke'l signoril naturalmente tanto ke minoron talento imperiale
  e ciò più c'altro piace
  e più li è strano d'aver signore che Dio volentieri manto  non volon già ciascuno sì come pare
  come po donque lo minor ae el magio
  sometta vicio corpo ed alma e core
  e de servagio alcun lasso pigiore
  od è mai signoria perfecta alcuna
  ke sua propria persona tener l'on soto rasione
  ai ke somm'è 'l campione
  che là ove onne signor perde e vincente
  nè poi d'altre perdente
  che loco vive la vertù de l'alma inperia non è nocente sperar
  nè tema nè dolor nè d'allegragio.
     III
Omorti facti noi di n(ost)ra uita: ostolti diuil nostro saue(r): opoueri
    diriccore bassi dalteça.  come uerta danoi tanto efallita: cogne co
    sa diuitio e noi piace(r): cogne cosa diuertu grauosa: gia filosophi
    dio no(n) cognosce(n)do ne poi morte sperando guiderdone: la far vici
    edauer tucta stasione: seguendo si uertu co honesta uita: fulor ga
    udio elor uita: noi come puo cosa mai altra bellire:  ke uertu lui
    seguire:  loqual kil siegue p(er)de timore: ke no(n) temen signore: mo(r)te 
    opouerta da(n)no ne pene: cogna cosa he b(e)n: sicome noi emal n(on) lui segue(n)/do\.
  O morti facti noi di nostra vita
  o stolti di vil nostro saver
  o poveri di riccore bassi d'alteza
  come vertà da noi tanto e fallita
  c'ogne cosa di vicio e noi piacer
  c'ogne cosa di vertù gravosa
  già filosophi Dio non cognoscendo nè poi morte sperando guiderdone
  la far vici ed aver tucta stasione
  seguendo sì vertù co honesta vita
  fu lor gaudio e lor vita
  noi come può cosa mai altra bellire
  che vertù lui seguire
  lo qual k'il siegue perde timore
  ke non temen signore
  morte o povertà danno nè pene
  c'ogna cosa hè ben
  sì come noi è mal non lui seguendo.
      IV
    Pugnan donqua ualer forçosamente: no(n) ben schifiamo p(er)ke noi se(m)
    bri graue: corrato aquisto no(n) fue sença afanno: ese lon pene p(er) uertude
    sente: nei uity usare sempre dolce esoaue spesso rende onta dogle e
    danno: ese noi contra talento eoso ne graue ne legier cio ke conesso
    euoler cauemo nel mal messo: ne fa piace(r): edispiace(r) lo b(e)n · donqua
    no(n) conuene acco(n)ciar da bene uollia eusança: se uolen benina(n)ça: ke
    none bene se da bene nenato: conne gioi di peccato: emesta condolo(r)e
    efine male: eongne cosa uale dafine sua ke ne donqua amorosa.
  Pugnan donqua valer forzosamente
  non ben schifiamo perkè noi sembri grave
  c'orrato aquisto non fue senza afanno
  e se l'on pene per vertude sente
  nei vici usare sempre dolce e soave spesso rende onta  dogle e danno
  e se noi contra talento e oso nè grave nè legier ciò ke    con esso e voler c'avemo nel mal messo
  nè fa piacer
  e dispiacer lo ben
  donqua non convene acconciar da bene vollia e usanza
  se volen beninanza
  ke non è bene se da bene n'è nato
  c'onne gioi di peccato
  è mesta con dolore e fine male
  e ongne cosa vale da fine ke ne donqua amorosa
      V
    Come alauorator laçappa edata: edatol mo(n)do noi no(n) p(er) gaude(r). ma
    p(er) esso et(er)nale uita aquistare: eno lalma alcorpo egia creata: mal cor
    po alalma elalma adio piace(r): p(er)ke piu lui ke noi deuemo amare: 
    epui noi stesso amo noi esso: ese noi disamamo edemo altrui dise
    medesmo racacto poi noi: ai p(er)ke lasso auen lalma siuile: gia la elli
    ben si gentile: ke prese p(er) trar lei det(er)nale morte: humanita emorte: 
    abialla donque kara edesso amiamo: oue tucto trouiamo: ao ke p(er)
 [...]ne maialtro pagare ne puo tal ben ka no p(ro)/messo\.
  Come a lavorator la zappa è data
  e dato 'l mondo noi non per gauder
  ma per esso eternale vita aquistare
  e no l'alma al corpo è già creata
  ma 'l corpo a l'alma e l'alma a Dio piacer
  perkè più lui ke noi devemo amare
  e più noi stesso amò noi esso
  e se noi disamamo e demo altrui di se medesmo racacto    poi noi
  ai perkè lasso aven l'alma sì vile
  già la elli ben sì gentile
  ke prese per trar lei d'eternale morte
  humanita e morte
  abialla donque kara ed esso amiamo
  ove tucto troviamo
  ao ke per
  [...] nè mai altro pagare nè può tal ben k'a no promesso.
      VI
[...]enato: oluce p(er) qual verte ogne uisagio
    [...]feci metu mi ricry disiuar me
    [...]cio no ma conceduto:  
    [...]somma maestate quanto lauda
    [...]tucto meo /ha dato\.
  [...]è nato
  o luce per qual verte ogne visagio
  [...]feci me tu mi ricri disivar me
  [...]ciò no m'a conceduto
  [...]somma maestate quanto lauda
  [...]tucto meo ha dato.
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CANZONIERE V

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Edizione diplomatica

  
                                       Guitone darezo
  
  U Ergongno lasso edo me  stesso adira. edoueria uia piu riconosciendo.
      comale ussai  lofiore deltemppo mio. p(er) che no locore mio sempre sosp
      ira. olglio chi p(er) che mai finano piangendo. olabota didire merze
  de dio. Poi francheza dicore euertu dalma. tuta sormisi oime lasso alserua
  gio. deuizi miei nondio ne buono Usagio. nedritto guardando iloro seguire.
  non mutando disire. sio rifsurgiese come fenicie facie. gio fora Alafornacie.
  loputriffatto meo uile corppo ardendo. mapoi nomposso atendo. chelpietoso
  padre me souengna. ditale guisa chio uengna. puli ficato emondo edi carne
  alma.
  
  
  O ilasso gia uegio gienero umano. chesengnorile naturale mente etanto.
     chelminore om(m)o talenta imperiare. ecio piu caltro gli piacie epiuglie
  strano. dauere sengnore chedio uolentieri manto. non uole giu ciaschuno sico
  me pare. Come poi dunque lo minore elmagio. sormette auizi corppo arma
  ecore. ode seruagio alchuno lasso pegiore. ede mai sengnoria p(er)fetta al
  chuna. chesua propia p(er)sona. tenere lom(m)o bene sotto rasgione. ai chesomar
  l campione. chella ouongni sengnore p(er)de euinciente. nepoi daltro ep(er)dente.
  cheloco oue lauertu delalma impera. no(n)ne nociente spera. netema nedolo
  re nedallegrgio.
  
  
  O imortti fatto noi dinostra uita. oistolti daluile nostro sauere. oipoueri di
     ricore bassi dalteza. come euerita dinoi tanto fallita. congni cosa diuizio enoi piaciere.1 edongni cosa da
  uertu graueza. Gia fisolafi dio non conosciendo. ne poi mortte isperando gui
  derdone. ischifaro uizi edauere tuta stasgione. seguendo siuertu conesta uita. 
  fue loro gaudio eloro uita. noi come puo cosa altra abellire. chenuertu lui 
  seguire. loquale chilsegue bene p(er) temore. cheno nteme omo sengnore.
  mortte pouerta danno nepone. congni cosa glie bene. sicome noi emale
  nonllui seguendo.
  
  
  P Ungnamo dunque aualere forzosa mente. nolbene schifiam(m)o p(er) chenoi se
     mbri graue. corato aquisto nomfue sanza fanno. esellomo pene p(er)uer
  tute sente. neuizi usare sempre dolze esoaue. chespesso rede dolglia onta eda
  nno. Maccio chenoi contra talento eduso. negraue ene legiero cio che conesso.
  chuso euolere cauem(m)o nelmale messo. nelfa piaciere edispiaciere lobene.
  dunqua ne conuene. Aconciar2 abene uolglia edusanza. seuolemo benen(n)a
  nza. cheno(n)ne bene seda bene no(n)ne nato. congni gioia dipecato. emesta co(n)
  dolore efine male. edongni cosa uale. dafine sua chen(n)e dunque amoroso.
  
  
  K ome alauoratore lazappa edata. edato il mondo noi nomp(er)gaudere. mape
     resso eternale uita acquistare. eno lalma alcorppo egia criata. malcorppo
  alalma elalma adio piaciere. p(er)che noi lui piu chenoi douemo amare. Em
  priachenoi stesso namanoi esso. esene disamam(m)o edemo altrui. dise mede
  simo racaton(n)e  poi. Ailasso p(er) che auemo lalma sia uile. gialebe bene sia
  gientile. chelprese p(er)trare lei di ternale mortte. umanitate emortte. abi
  lla dunque cara edesso amiamo. oue tuto trouiam(m)o. cio che puote nostro
  chuore disiderare. ne mai altro pagare. nepuo gia chelbene canoi promesso.
  
  
  O issom(m)o bene dachui bene tuto enato. oilucie p(er) quale uede ongni uisagio. osapie
  nza onde sa ciaschuno sagio. neiente feci me tumiricrii. disuiai me tumirin
  uii. edorbai me tumai lume renduto. cio non ma concieduto. mio merito malatua
  grande bonitate. oisom(m)a maestate. quanto laudare amare seruire detee. dimo
  stra ongnora amee. efa cacio tuto mio co core sia dato.
  
  
  A M ess(er) caualcante edamesere lapo. ua mia canzone edilloro cauditagio. chelsomo
  edi norato sengno ragio. pungnano diconquistare tornando auita. esetussai gliaita.
  edi chel coninzare bene chere tutore. mezo efine melgliore. eprende onta lalma
  elcorppo ternare. almale bene cominzare. pero afermino loro core auolere. segui
  re ongni uolere. diquelli cap(er)tuto enostro capo.
  
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