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Tutto 'l dolor, ch'eo mai portai, fu gioia

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Commento

La canzone Tutto 'l dolor ch'eo mai portai fu gioia è composta da sette stanze: le prime cinque di 14 versi (13 endecasillabi e 1 settenario) e le ultime due di 6 versi (5 endecasillabi e 1 settenario), che formerebbero la cauda. La canzone è formata da coblas singulars, ma è anche importante notare la presenza di cobals capcaudadas (IV - V) e di coblas capdenals (II - III- V).

Riportiamo qui di seguito lo schema rimico completo:
 
1 A B C B A B C B D d E E D E
2 A B C B A B C B D d E E D E
3 A B C B A B C A B b D D B D
4 A B C B A B C B D d E E D E
5 A B C B A B C B D d E E D E
6 A a B B A B
7 A a B B A B
 
A uno studio più approfondito, possiamo trovare uno schema identico in una canzone di Jacopo Mostacci, A pena pare - ch’io saccia cantare (cfr. REMCI), oltre che, in maniera simile, in un componimento del trovatore Matfré Ermengau (Drechs e natura…): a b c b a b c b d d c (cfr. Frank). Lo schema rimico della canzone di Guittone manterrebbe una sua perfezione se non fosse per una ripetizione di rima in -ato (B) che dai pedes si riversa nel sirma della stanza. A tale proposito, Leonardi ha fatto notare la presenza della rima fiore (fore V R) là dove (v. 36) ci si aspetterebbe una rima in -ato, emendata per congettura da Picone in tormentato (isventurato nella Giuntina); dopo la suddetta rima (B), infatti, ci si aspetterebbe un cambio di rima (D), mentre viene ripetuta la rima in -ato, mancata appunto al v. 36.

 


I.

1 - 4
'Tutto il dolore che io ho sempre sostenuto fu gioia | e la gioia (è) niente in confronto al dolore | del mio povero cuore al quale solo la morte può venire in aiuto, | poiché ormai non riesco a vedere nient’altro che abbia (più) valore'.

L'incipit è caratterizzato dalla comune e apparentemente paradossale forma dell'amor cortese, che unisce gioia e dolore, un lessico sia euforico (gioia, piacer) che disforico (dolor, noia, tristore, povertà, oltraggio); si noti la forma chiasmica dei vv. 1 - 2: dolor, gioia e gioia, dolore. Questa commistione evidenzia subito il furor amoroso e l’impossibilità di amare l’amata, concetto ben presente nella «passio quaedam innata, procedens ex visione et immoderata cogitatione» di Andrea Cappellano [De Amore, I.I].  Gli ultimi due versi (3 - 4) spiegano e amplificano il paradosso precedente: la gioia provata, seppur ricavata da un dolore, nulla può in confronto al dolore del cuore, al quale solo la morte potrà porre eterno rimedio, dato che il poeta non vede valore in nessun altra cosa. ♦ 1. eo: freq. senza anafonesi normalmente ad Arezzo (Castellani), come Deo, meo. Da notare che V e P riportano la forma in anafonesi (io). ♦ 2. neente: ‘niente’, forma non ancora dissimilata, là dove neiente avrebbe provocato ipermetria; neiente (< ne-gente) è forma tramandata sia in antico senese che in aretino (Rohlfs); apo: 'nei confronti di'. ♦ 3. meo: forma più freq. in L rispetto a mio; cor: parola poetica per eccellenza, sempre senza dittongo. sochorga: tipica resa grafica <-ch-> per la resa della velare sorda, in oscillazione, ad esempio, con <c-> (cfr. v. 4). Prevalgono le scrizioni <ca>, <co>, <cu> su quelle <cha> ecc. ♦ 4. veo: ‘vedo’, con sincope (cfr. anche vao, presente passim in L).

5 - 8
'Perché, prima del piacere, la noia può poco, | ma dopo [il piacere], [la noia] ha potere di dar troppo dolorsamente tristezza a un uomo: | è d’uso che la povertà si presenti maggiore | a colui che ritorna (nuovamente in quello stato), piuttosto che a chi ci entra (per la prima volta)'.

Il dolore, quindi, prevale e parrebbe essere associato al concetto di povertà: il poeta ama, ma il dolore lo fa tornare in uno stato di povertà sottraendolo all’amore, alla vera ricchezza (ciò può essere confermato dal v. 23: «Ch’a lo riccor d’amor null’altro è pare»). Da notare, anche qui, la figura chiasmica e cronologica (vv. 5 - 6): prima, poi; noia, tristoro. Sebbene forte troppo possa anche concordarsi con tristore, se rispettiamo la sequenza quantitativa sancita da poco, prima, e troppo forte, dopo, gli agg. sarebbero da ricondurre logicamente a noia. ♦ 5. pò: ‘può’, esito non dittongato (< lat. POTET), pote si oppone alla forma ditt., forse perché sentito come latinismo; noia: dal. provenz. enoja ('noia', ma anche 'tristezza'). ♦ 6. forte: 'dolorosamente' (Contini). ♦ 7. conven: ‘conviene’, mancato ditt.; prevalenza in L di vene su viene. ♦ 8. ritornator: 'chi si viene a trovare di nuovo in un determinato stato o condizione' (TLIO, la forma è prima e unica attestazione), non sonorizzato (insieme a entrator), a differenza di V e R.

9 - 11
'Dunque  io - povero me! - sono ritornato in povertà, | dopo essere stato ricco, | come mai non fece nessuno del mio stesso lignaggio'.

Il dunque incipitale riprende il concetto precedente sul topos della povertà: il poeta, che ha già fatto esperienza ed è quindi ritornatore, torna anche in povertà. L'atto di tornare in una situazione di povertà è eccezionale ed evidenzia una condizione unica per il poeta. ♦ 9. Adonqu’eo: più freq. la forma senza anafonesi. ♦ 10. piò: 'più', l’oscillazione tra giò e giù provoca quella tra piò e più, tipica del toscano antico (dove prevale piò) (cfr. Castellani 2000, p. 290); acquistato: 'dopo essere stato', in senso fig. (TLIO). 11. paraggio: dal prov. paratge ('nobiltà, lignaggio').

12 - 14
'Soffrirà Dio nel non vedermi più vivere in modo da violare la dignità di tutta la gente e fuori del mio senno? | Non credo, a meno che non voglia la mia dannazione'.

Il passo è di difficile interpretazione. Con questa domanda retorica che chiude la stanza, il poeta sembrerebbe chiedere l'aiuto divino per migliorare la sua condizione. ♦ 12. ' sofferrà: ‘soffrirà’, senza sincope vocalica; oltraggio: dal fr. ant. oltrage (DELI); più: qui prevale su piò. Cfr. v. 10. ♦ 13. for: forma freq. aretina (Castellani 2000); sennato: senno (prov. sen) è termine per eccellenza dell'amor cortese, facente parte del Quarteron che vede Razo, Mezura, Humeur, Sens. ♦ 14. vol: in tutto L, nelle forme ‘volere’ è predominante in monottongo; mio: caso di oscillazione anafonetica; dannaggio: dal prov. damnatge (DEI).

 

II.

15 - 18
'Ahi, povero me, che vidi male, amaro amore, | la vostra soprannaturale bellezza | e l’onorato gradevole piacere | e tutto il bene, che è in voi somma grandezza'.

La seconda stanza si apre con un lamento che prelude a un omaggio nei confronti dell'amata: il poeta sbagliò nel vedere la bellezza e le altre qualità quasi divine della donna, vale a dire che non riuscì a coglierne il senso profondo, amando quindi di un amore superficiale e grezzo, non guardato con la virtù richiesta dall’amor cortese ♦ 15. cfr. GiacLent «amor, vostr'amistate vidi male». 16. sovra natoral: topos letterario fondamentale: la bellezza della donna è sovrannaturale (lett. sopra natura), cioè sine mensura e quindi divina; natoral: o protonica (sviluppo di Ū latina  > o ); bellessa: mantiene sempre questa grafia, <-ss->, a indicare una sibilante di grado forte (vd. anche Aresso, Palasso, solasso). Fenomeno principale dei diall. tosc. occ.: perdita (per influsso sett.) dell’elemento occlusivo delle affricate /z/ (sorda e sonora), che vengono a coincidere con /s/ (sorda e sonora), si pensa nella prima metà XII sec. ♦ 17. piacenter: dal prov. plazentier, qui senza palatalizzazione del nesso t + j. ♦ 18. somna: altra parola fortemente connotante una posizione superiore, irraggiungibile; tipica grafia alternativa per somma; grandessa: vd. supra v. 15.

18 - 22
'e sbagliai ancor di più nel vedere il vostro buon cuore | cosa che abbassò il vostro superbo pregio | nel fare di noi due un cuore e un volere,| perché io - più d’ogni altro uomo - mai portai ricchezza (d'amore)'.

L'accento torna sull'errore d'amore, il quale consiste nel non capirne l'altezza: il poeta, uomo reso povero da un amore cieco e non degno, ha contaminato il candore dell'amata, portandola al suo stesso livello, non avendo mai portato con sé la vera ricchezza d'amore, ma solo povertà. ♦ 19. dibonaire: dal fr. debonnaire, in L alternato a debonaire, ma 10: 9 GuAr; ♦ 20. umiliò: lett. 'abbassò, profanò'; altessa: vd. supra, v. 15. Qui in allitterazione con altera, a sottolineare ancor di più lo status della donna. ♦ 21. en: ‘in’, esito non anafonetico. In L si riscontrano 120 casi ca. (contro 1100 ess. di in); ma tutti i casi di en in L appartengono ai testi di Guittone trascritti da copisti pisani. Tuttavia: en, aretinismo, che conserva la e del lat. volg. (Serianni 2009). Notevole scrupolo del copista pisano nel rispettare questo tratto dei diall. orient.

23 - 27
'Poiché alla ricchezza d’amore nient’altro è uguale, | né una regina può rendere | ricco il re, come né quanto l’uomo umile, | né amore è manifesto a nessuna regina vostra eguale'.

Il poeta sostiene che l'unica vera ricchezza d'amore sia in possesso solo della donna da lui amata; nemmeno una regina sarebbe, pur del suo stesso rango, sarebbe capace elargire quella ricchezza a qualcuno.  ♦ 23. Ch’a: es. di oscillazione grafica, per la resa della velare, tra <c-> e <ch->. ♦ 24. ni: ‘né’, è gallicismo, per la giustificazione del fr. ni < NĔC (Serianni 2009, p. 280).
♦ 25. como: ‘come’, è forma della toscana orient. (alternata con come); è tuttavia propria della trad. poetica. Ciò è confermato anche dalle attestazioni laurenziane negli autori siciliani; basso: lett. 'umile' (dal lat. humus, 'suolo').

28 - 29
'Dunque chi può eguagliare il mio dolore? | Perché colui che più perde, più assomiglia a me, disgraziato!'

La stanza termina con due versi che tornano a esprimere il lamento del poeta. Il focus ritorna sulla disforia della povertà e del dolore, sovrastanti anche l'amore. ♦ 28. ver: forma poetica apocopata.

 

III.

29 - 31
'Ahi, come può quell’uomo, che non ha affatto vita, | sopravvivere, grato nell’aspetto, contro il male, | così come me, - povero! - luogo d’albergo di ogni dolore?'.

La terza stanza, che si apre con un nuovo lamento, riporta l’immagine forse più nota del poeta che arde d’amore, ossia quel fuoco che brucia e non consuma, presente in Folquet de Marselha e poi in Giacomo da Lentini. Lo stesso Guittone si chiede come egli possa vivere fuori della vita, o meglio vivere in questo «foc’amoruso» che brucia ma non uccide il poeta (né la salamandra di Giacomo da Lentini). ♦ 29. con: ‘come’, forma alternativa; fiore: qui avv. 'per niente, affatto', anche in GiacLent e MontAnd (cfr. TLIO). ♦ 30. contra: sicilianismo-latinismo di larga diffusione sin dai primi secoli (Serianni 2009); for: presenti solo forme non dittongate; aderenza del copista all’uso dialettale (pisano e fior. ant.). Da tenere presente il peso della trad. aulica. ♦ 31. ogni: in alternanza con onni, si afferma su ogna, forma normale di tutto il sec. XIII.

32 - 36
'Perché se l’uomo più forte fosse ammazzato | con dolcezza tanto fortemente e tanto profondamente, | com’è in me ora il dolore, | sarebbe già morto contro ogni ragionamento. Come, povero me, riesco a vivere così tormentato?'.

Il senso dei versi sembrerebbe significare: 'tale è il dolore da me patito, che se ciò dovesse essere subito dal più forte degli uomini, egli ne morirebbe subito'. Quindi Guittone parrebbe voler rimarcare la grandezza del proprio dolore. Infatti, il paradosso, racchiuso nella domanda, comprende la compresenza di vita e morte: un dolore tanto grande da rendere quasi impossibile la vita (cfr. vv. 29 - 31). ♦ 32. fusse: forma toscano-occidentale (ma anche centr. e merid., esclusa Firenze). Ad Arezzo, si trovano le forme in -o- (Frosini); ammassato: ‘ammazzato’, verosimilmente da massa (‘mazza’), terminazione -ezza / -ezzo / -azzo: grafia sempre <ss>, a indicare una sibilante di grado forte, da notare la rima con trapassato. ♦ 35. fora: ‘sarebbe’, condizionale derivato dal piucch. indic., di area merid. e forse della Toscana orient. (Serianni 2009).

37 - 42
'Ahi, morte, fai un atto villano e fai peccato, | visto che tanto mi hai ripudiato | perché mi vedi morire da fuori | e perché io più spesso e con più forza muoia | ma nonostante te io morrò per forza | delle mie mani, | se meglio posso ancora (morire)'.

Ora il poeta apostrofa direttamente la morte, la quale solo avrebbe potuto dare eterno riposo al suo dolore (cfr. vv. 1 - 4). La morte sembra prendersi gioco di lui, lo rifiuta e pare divertirsi nel vederlo morire (spiritualmente, s'intende) più e più volte a causa della passione amorosa. Il poeta minaccia il suicidio. ♦ 40. mora: ‘muoia’, in rima con fora. Prevalgono in L le forme non dittongate di morire. ♦ 41. forsato: ‘forzato’,  /z/ > /s/. In L, forsa è ricondotto a una mano fiorentina Lb1, ma non responsabile dei componimenti di GuAr. ♦ 42. melglo: ‘meglio’, lezione di V.

IV.

43 - 46
'Ho più male che altro, e ho meno - povero me! - conforto, | ché se io perdessi tutto quanto, l’onore e gli averi | e tutti gli amici e parte delle membra, | mi conforterei perché avrei ancora la vita'.

Il dramma amoroso si intensifica: c'è meno conforto, in tutto ciò, che nell'ipotesi di perdere tutto, tra onore, amici e persino membra del corpo. In un'altra occasione il poeta avrebbe ringraziato di essere ancora in vita, nonostante le disgrazie; ma, come si vedrà dai versi successivi, non è questo il caso. Possiamo ritenere di trovarci di fronte a uno di quei punti chiave che mostrano la netta differenza tra una poesia incentrata sull'io, Guittone, e una poesia di 'salvezza', quale quella di Dante. ♦ 46. conforteria: ‘conforterei’, condiz. con esito tipico del sicil. (e della tradiz. poetica).

46 - 50
'ma qui non posso, mi sbaglio | e ritornati sono in voi la forza e il sapere | il quale non fu, amore mio, da nessun’altra parte, | dunque, come posso diventare più forte e fiducioso verso il futuro?'.

Nonostante ci sia uno stato di pieno sconforto, in questi versi sembra riaffacciarsi un sentimento di riscatto: pare che la donna abbia riacquistato forza e sapere (il saber provenzale), e il poeta sembrerebbe riferirsi a lei nel chiedere come possa avere la forza di confortare se stesso. ♦ 48. forsa: ‘forza’, cfr. v. 41; savere: il binomio forsa e savere può ricordare il mezur’ e sen provenz. (ad es. cfr. Aimeric de Peguilhan, Lonjamen m’a trebalhat e malmes) ♦ 49. fu: in L è in opposizione a fo, aretinismo guittoniano. ♦ 50. podere: ‘potere’, inf. sostantivato, forma con occlusiva sonorizzata presente in aret., corton., borgh., anghiar. (cfr. Castellani 2000); cfr. GiacLent «lo non poter mi turba».

51 - 56
'Il sapere non mi aiuta e il dolore | mi stringe il cuore, | eppure conviene che io finga, e così faccio | perché mi si indica col dito e del mio male | ci si gabba ed io vivo, credo, disonorato | a mal grado del mondo e di Dio'.

Viene qui introdotto il famoso topos del gabbo (gab, gap provenzale), estremamente ricorrente nella tradizione poetica. Il poeta deve fingere se non vuole che gli altri si prendano gioco di lui per questo amore che non presenta le caratteristiche di misura, senno, forza e sapere. Forse, uno dei casi più esemplari concernenti il gabbo lo ricordiamo in Dante, nel sonetto Con l’altre donne mia vista gabbate. ♦ 51. saver: diffuso gallicismo dei primi secoli, di provenienza oltr’appenninica (cfr. Serianni); in questo caso, tant'è la forza dolorosa dell'amore, il 'sapere' come qualità non aiuta. 52. stringe: cfr. prov. destreign (in FolqMars, A vos midontç, v. 2: «cosi m destreign Amors»). ♦ 55. dizonore: resa grafica di <s> sonora.
 

V.
57 - 60

'Ahi bella gioia, noia e mio dolore | che momento travagliato - povero me! - fu quello | della vostra partenza, mia morte crudele, | che mutò in male tutto ciò che avevo di bello'.

Tutto torna a mescolarsi nella quinta stanza (Ai bella gioia, noia e mio dolore), ma la disforia prevale. ♦ 59. morte: difficile dire se la morte equivalga al dipartire della donna o se la morte venga qui invocata. ♦ 60. dobbro: ‘doppio’, dobblo con rotacismo ampiamente attestato nelle mani pisane in L.

61 - 66
'E, per Dio, il mio dolore è niente, | ché il vostro amore mi è crudele e infido, | poiché se io mi do tormento fortemente da una parte, | voi dall’altra serrate il chiavistello | come la più severa innamorata | che fosse mai stata messa alla prova'.

62. fello: prima attestazione in Ubertino del Bianco d'Arezzo, a. 1269 (tosc.), (TLIO).

67 - 70
'Quale beltà, valore o avere | l’uomo basso può trasmettere a donna superiore? | Ma non trovata nessuna di queste cose in me, | dunque, il ben volere fu di amore profondo'.

68. capere: per esigenza di rima e prosodia capère (aret. 'capire', 'stare, entrare con tutta la prorpia grandezza interamente in un luogo', anche fig.; cfr. TLIO).
 

VI.

71 - 76
'Amore pietà, per Dio! Rasserenatevi | e non guardatemi | poiché è piccolo il danno causato dalla mia morte | ma per il vostro amore senza eguali | e forse è anche per ciò mi fate ritornare in allegria, | se mai devo'.

 
71. mersè:  ‘merzè’ (‘mercè’), /z/ > /s/, fenomeno princ. dei diall. toscano-occidentali che risale al XII sec. ♦ 73. dannaggio: dal prov. damnatge. ♦ 74. sensa: cfr. supra (v. 71). ♦ 76. deggio: ‘devo’, sicilianismo (Serianni); allegraggio: dal. prov. alegratge.
 

VII.
77 - 82

'Amore, amore, che sei più amaro del veleno, | non vede chiaramente | chi si pone volentieri in tuo potere: | poiché il primo e il mezzo (chi si pone per primo o in mezzo al tuo potere) ne è appesantito e inferocito, | e la fine tutto il contrario di bene, | da cui ogni mistero prende lode e biasimo.

77. veneno: forma colta, dal lat. venenum. ♦ 82. u’: ‘dove’, con chiusura protonica dell’o di ove apocopato (Serianni 2009).

 


 

 

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Testo critico

Il testo ci è stato tramandato da quattro testimoni: il Vaticano Latino 3793 (V), il Palatino 418 (P), il Laurenziano Redi 9 (L) e il Riccardiano 2533 (R). L’edizione critica è stata basata principalmente sul codice Laurenziano, dedicato per la maggior parte all’opera di Guittone d’Arezzo (lettere, sonetti, canzoni) e che, insieme al Riccardiano, rispecchiano uno stadio successivo rispetto a V e P. Il Laurenziano risulta essere il testimone più affidabile rispetto ai suoi compagni: basti dare uno sguardo alla collazione per notare come P risulti contaminato e ricco di errori in più parti, accompagnato da V. Inoltre, L è stato definito come possibile «canzoniere d’autore», poiché pone una particolare attenzione al corpus guittoniano; per questo si  pensa che possa essere stato un lavoro indicato (e seguito?) dall’autore stesso, anche per la presenza di possibili varianti.
Là dove L risultava contaminato, si è provveduto a emendare utilizzando principalmente V, con l’aiuto di R.
È difficile comporre uno stemma valido sulla quasi totale assenza di errori guida. Di sicuro interesse, tuttavia, sono il v. 36 e il suo errore di rima: tutti i testimoni riportano le varianti fiore/fore, quando ci si aspetterebbe una rima in -ato: evidentemente ci troviamo davanti a un errore di archetipo.
In base alla collazione, e alle considerazioni di Lino Leonardi, si propone il seguente stemma codicum:

 

Sebbene si riscontri visibilmente una famigliarità tra V e P, ci sono alcuni elementi che possono far pensare a un possibile dialogo tra R e P, mentre è altrettanto chiara la vicinanza di L e R.

TESTO CRITICO

I.
Tutto  ̓l dolor ch’eo mai portai fu gioia
e la gioia neente apo  ̓l dolore
del meo cor, lasso, a cui morte sochorga,
c’altro non veo ormai sia validore.
Ché pria del piacer, poco pò noia;
e poi pò forte troppo om dar tristore:
magio conven che povertà si porgha
a lo ritornator, ch’a l’entratore.
Adonqu’eo, lasso, in povertà tornato
del piò riccho aquistato
che mai facesse alcun del meo paraggio.
Sofferrà Deo ch’eo più viva ad oltraggio
di tutta gente e del meo for sennato?
Non credo già, se non vol mio dannaggio.
 


1 Tutto] Tucto P; ‘l] il V; dolor] dolore V; ch’eo] ch’i V k’io P; fu] fue P 2 neente] neiente V   3 del meo cor] del mio core V de lo meo core  P   4 om. R; c’altro] k’altro P; veo] vegio  V   5 Ché] Ké P Chemprima V; poco] pogo P; pò] può R   6 e] ma V P; pò forte troppo om] forte pò troppo on V forte pò troppo ond'ea P; dar] da V ond'ea P; tristore] tristoro V stristore P  7 magio] maggio R; conven] conviene  V  8 om. P; lo] om. V; ritornator] ritornadore V R; entratore] entradore  V  9 Adonqu’] Adunque V Adonqua P Adomque R; eo] om. R   10 del] e  ̓l R; piò] più V P R mio R   11 che] ke P; alcun] alchuno  V alcuno P; paraggio] paragio  V P  12 Deo] Dio V P; ch’eo] ch’io V che R; più] pura V pur R; ad] a R  13 e] om. P; meo] mio V P R; for sennato] cor sennato P  14 credo] cierto V; vol] vuole V; mio] meo P me R; dannaggio] danagio V dampnagio P dinnagio R.

 

II.
Ai, lasso, che mal vidi, amaro amore,
la sovra natoral vostra bellessa
e l’onorato piacenter piacere
e tutto ben ch’è ‘n voi somna grandessa;
e vidi peggio il dibonaire core
c’umiliò la vostra altera altessa
en far noi dui d’un core e d’un volere
perch’eo  ̶  più c’omo  ̶  mai portai ricchessa.
Ch’a lo riccor d’amor null’altro è pare,
ni raina pò fare
ricco re, como ni quanto omo basso,
ni vostra par raina amor è passo.
Donque ch’il meo dolor pò pareggiare?
Ché qual più perde acquista in ver me lasso.
 


15 che] co V P; mal] male V mala P  16 natoral] naturale V natural P; bellezza] bellezza V  belleza P 17 piacenter] piacentiere V piacentiero P piacente e R  18 ben] bene V R; ch’è ‘n voi] k’è voi P; somna] soma e V   19 peggio] pegio V P; il dibonaire] in dibonare P   20 altessa] alteza V alteza  P 21 en far] a fore V a far P; noi] ni R   22 perch’eo] perch’io V perk’io P; c’omo] com’om V mai non P; ricchessa] richeza V riccheça P richessa R   23 riccor] ricore V richor R; è pare] appare P apare L R  24 ni] né V P R; raina] reina V P; fare] faire V   25 ricco re] rico re V riccor L richor R; ni] né V P  26 om. P; ni] né V; par raina] pare Reina V  27 Donque] Dunque V Donqua P Dumque R; meo dolor] mio dolore V; pareggiare] pareiare  V   28 in] om. V

 

III.

Ai con pot’ om, che non à vita fiore,
durar contra di mal tutto for grato,
sì com’eo, lasso, ostal d’ogni tormento?
Ché se lo più fort’om fusse ammassato
sì forte e sì coralmente in dolciore,
com’è dolor en me, già trapassato
fora de vita contr’ogni argomento.
Come, lasso, viv’eo tormentato?
Ai morte villania fai e peccato
che·sì m’ài desdegnato
perché vedi morir opo mi fora
e perch’io più sovente e forte mora;
ma mal tuo grado eo pur morrò forsato
de le mie man, se melglo posso ancora.
 


29 com] come V con L P; pot’] pote L R; om] ommo V on P homo R; che] co V ki P;  non à vita fiore] no di vita à fiore V   30 durar] durare V R; tutto for] tut’altro V contra suo P   31 ostal] ostale V   32 lo] nel V; fort’om] fortte V uomo; fusse] fosse V P R   33 coralmente] coralemente V; dolciore] dolzore V dolzore  P    34 dolor] dolore   V P   35 contr’ogni] contro ongne V contra ogn’ P contro ogni  R   36 Come] Come ve P Come vi L R; viv’eo] veo P vivo L R; tormentato] congettura di M. Picone (di vita fore V di vita fiore P de vita fiore L di vita fore R) perché ci si aspetterebbe una rima in -ato.    37 fai] fia R   38 desdegnato] disdegnato V P   39 morir] monte P   40 e perch’io] perk’io P   41 grado] grato V P; eo] i’ V io P; morrò] moro V; sforzato] isforzato V isforzato  P  42 de le] da le P; se melglo] se melglio V se melglo P s’eo mei L in quest’ultimo caso, si è agito per congettura: tra le varie lezioni si è accolto melglo, espungendo la negazione successiva che rendeva il verso ipermetro.

 

IV.

Mal ò più c’altro e men, lasso, conforto
ché s’eo perdesse onor tutto e avere,
amici tutti e dele menbra parte,
sì mi conforteria per vita avere;
ma qui non posso, poi ò di me torto,
e ritornato in voi forsa e savere
che non fu, amor meo, già d’altra parte,
donque di confortar com’ò podere?
Poi saver non m’aiuta e dolore
me pur istringie il core,
pur convien ch’eo m’atteggi, e sì facc’eo
perch’om mi mostra a dito e del mal meo    
se gabba ed eo pur vivo a dizonore,
credo, a mal grado del mondo e di Deo.
 


43 lasso] lasso ò   V   44 eo] io V P; onor] onore V; avere] aver  P   44 amici tutti] e tuti amici V e tucti amici  P    46 conforteria] conforterei V conforterea R; aver] aver P    47  qui] k’io P; poi] ciò P; ò] che V è P  om. R    48 e] ke P; forsa] força P  forzo  V; e] en L; savere] saver P    49 fu] fue V P; amor meo] amore meo V meo amor P    50 confortar] comfortare V confortare P   51 Poi] E poi V; saver] R savere V; m’aiuta] m’aita V; dolore] dolor R   52 me] mi V P; pur] pura V pure P; istringie] istringe P stringie V; il] lo V  el R   53 convien] convene V conven P R; ch’eo] ch’io V k’io P  om. R   54 perch’om] però omo V P che perc’om R; mal] male V   55 se] V P si R; ed eo] ed io V e P; dizonore] disinore V disonore P disnore R   56 credo] creda L; a mal grado] al male grado V mal grado L R; Deo] Dio P.

 

VI.

Ai bella gioia, noia e dolor meo
che punto fortunal, lasso, fu quello  
de vostro dipartir, crudel mia morte,
che dobbro mal tornò tutto meo bello;
ed è neente il dolor meo par Deo
ver’ che·m’è il vostro amor crudele e fello,
ché s’eo tormento d’una parte forte
e voi dall’altra più stringe  ̓l chiavello
como la più distretta innamorata
che mai fosse aprovata;
che bealtà o valore o avere
pò far bass’omo in donn’alta capere?
Ma nulla d’este cose en me trovata
donque d’amor coral fu  ̓l ben volere.
 


57 noia] innoia P; dolor] dolore V  58 fortunal] furtunale V fortimale P; fu] fue V P   50 de] di V P del R; dipartir] dipartire V P; crudel mia morte] crudele mia mortte V crudel mio amore P    60 om. R; dobbro] doblo V P; mal] male V P; meo] om. P    61 sì (se P) del meo male (mal P) mi duole (dole P) ma più par (per P) deo V     62 ver che·me] ème V P; il] al R; amor] amore V   64 dall’altra] de l’altra V   65 como] come V P R; la] ala P; innamorata] e  ̓namorata V   66 fosse] fusse R   67 ché bene fa forzo dimesione d’avere  V  ké ben fia força dimession d’avere P     68 pò far bass’omo] talora basso omo V talor bass’on P; capere] capare V   69 ma ciò non v’agradìo già né agrata V non n’agradìo già né agradi P   70 donque] dunque V dumque L; coral] corale V; fu] fue V P; ‘l ben volere] fue bene volere V bel vedere

 

VI.

Amor mersè, per deo, vi confortate
ed a·me non guardate
ché picciul è per mia morte dannaggio         
ma per lo vostro amor sensa paragio
e forse anche però mi ritorniate
se mai tornare deggio in allegraggio.
 


71 mersè] merzè V merzè P mercè R; Deo] Dio V P; confortate] comfortate V   72 ed a me] né da me V P   73 picciul] piacer P piciol V picciolo R   74 lo vostro amor] lo vostro amore V P la vostra mor L  la vostra amor R   75 e forse anco per mi ritornate V   e forse però ancor mi ritorniate P   76 deggio] degio V P; allegraggio] alegragio V allegragio P allegransa R  

 

VII.

Amor, amor più che veneno amaro
non già ben vede chiaro
chi·se mette in poder tuo volontero:
che ‘l primo e ‘l mezo n’è gravozo e fero     
e la fine di ben tutto ̓ l contraro
u’ prende laude e blasmo onne mistero.
 


77 Amor, amor] Amore, amore V P; veneno] veleno V P   78 ben] bene V om. R   79 chi se] chi si V ki si P poder] podere V P; volontero] volontiera P   80 che ‘l primo e ‘l mezo]  che primo e mezo L ke ‘l prima e ‘l meo P; gravoso] già noioso P gravoso V gravoço R   81 e la] ala P   82 u’] o’ V P vi R; laude] lauda V; blasmo] blasimo V biasmo P; onne] ongne V ogne P one R; mistero] mistiero P.


 

 

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Egidi 1940

Tutto ' dolor, ch'eo mai portai, fu gioia,
e la gioia neente apo 'l dolore
del meo cor, lasso, a cui morte socorga,
ch'altro non vegio ormai sia validore.
Chè, prima del piacer, poco po noia,
ma poi, po forte troppo om dar tristore:
maggio conven che povertà si porga
a lo ritornador, ch'a l'entradore.
Adonqua eo, lasso, in povertà tornato
del più ricco acquistato
che mai facesse alcun del meo paraggio,
sofferrà Deo ch'eo pur viva ad oltraggio
di tutta gente e del meo for sennato?
Non credo già, se non vol meo dannaggio.
    Ahi, lasso, co mal vidi, amaro amore,
la sovra natoral vostra bellezza
e l'onorato piacenter piacere
e tutto ben ch'è 'n voi somma grandezza!
E vidi peggio il dibonaire core
ch'umiliò la vostra altera altezza
a far noi due d'un core e d'un volere,
perch'eo più ch'omo mai portai ricchezza.
Ch'a lo riccor d'amor null'altro è pare,
nè raina po' fare
ricco re, como nè quanto omo basso,
nè vostra par raina amor è passo.
Donqua chi 'l meo dolor po pareggiare?
Chè qual più perde acquista in ver me, lasso.
    Ahi, con pot'om, che nonha vita fiore,
durar contra di mal tutto for grato,
sì com eo, lasso, ostal d'igne tormento?
Chè se 'n lo più fort'om fosse amassato
sì forte e sì coralmente dolzore,
com'è dolore in me, già trapassato
fora de vita, contra ogne argomento.
Come, lasso, viv'eo de vita fore?
Ahi morte, villania fai e peccato,
che sì m'hai desdegnato,
perchè vedi morir opo mi fora
e perch'io piò sovente e forte mora!
a mal tuo grato eo pur morrò forzato,
de le mie man, se mei non posso ancora.
    Mal ho più ch'altro, e men, lasso, conforto:
chè s'eo perdesse onor tuttoed avere
e tutti amici e de le membra parte,
sì mi conforteria per vita avere;
ma qui non posso, poi ho di me torto
e ritornto in voi forzo e savere,
che non fue, amor meo, già d'altra parte.
Donqua di confortar com ho podere?
E poi saver non m'aiuta, e dolore
me pur istringe il core,
pur conven ch'eo matteggi; e sì facci'  eo;
perch'om mi mostra a dito e del mal meo
se gabba; ed eo pur vivo a disinore,
credo, a mal grado del mondo e di Deo.
    Ahi, bella gioia, noia e dolor meo,
che punto fortunal, lasso, fue quello
de vostro dipartir, crudel mia morte,
che doblo mal tornò tutto meo bello!
Sì del meo al mi dol; ma più per Deo
ème lo vostro, amor, crudele e fello;
ca s'eo tormento d'una parte forte,
e voi da l'altra più strigne 'l chiavello,
como la più distretta enamorata
che mai fosse aprovata;
chè ben fa forza dimession d'avere
talor bass'omo in donn'alta capere;
ma ciò non v'agradiò già nè v'agrata:
donque d'amor coral fu 'l ben volere.
    Amor, merzè, per Deo, vi confortate,
ed a me non guardate,
hè picciol è per mia morte dannaggio,
ma per la vostra, amor, senza paraggio.
E forse anche però mi ritornate,
se mai tornare deggio, in allegraggio.
    Amore, Amor, piò che veneno amaro,
non già ben vede chiaro
chi se mette in poder tuo volontero:
che 'l primo e 'l mezzo n'è gravoso e fero
e la fine di ben tutto 'l contraro,
o' prende laude e blasmo onne mistero.
 

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Collazione

1

L
P
R
V

Tutto ̓l dolor ch’eo mai portai fu gioia
Tucto l dolor k’io mai portai fue gioia
Tutto ̓l dolor ch’eo mai portai fu gioia
Tutto il dolore ch’i mai portai fu gioia

-
-
-

+1

2

L
P
R
V

e la gioia neente apo ̓l dolore
e la gioia neente apo ̓l dolore
e la gioia neente apo ̓l dolore
e la gioia neiente apo ̓l dolore

 
3

L
P
R
V

del meo cor lasso a cui morte sochorga,
de lo meo core lasso a cui morte socorga,
del meo cor lasso a cui morte socchorga,
del mio core lasso a chui mortte socorga,

-
+2

-
+1

4

L
P
R
V

c’altro non uei ormai sia validore.
k’altro non veo orma sia validore.
-
c’altro non vegio ormai sia validore.

 
5

L
P
R
V

Ché, pria del piacer, poco pò noia
Ké, pria del piacere, pogo pò noia,
Ché, pria del piacer, poco può noia,
Chemprima del piacere, poco pò noia,

-
+1
-
+1

6

L
P
R
V

e poi pò forte troppo om dar tristore:
ma poi forte pò troppo ond’ea stristore:
e poi pò forte troppo hom dar tristore:
ma poi fortte pò tropo on da tristoro:

 
7

L
P
R
V

magio conven che povertà si porgha
magio conven ke poverttà si porga.
maggio conven che povertà si porga
magio conviene che povertà si porga

-
-
-

+1

8

L
P
R
V

a lo ritornator, ch’a l’entratore.
-
e lo ritornadore, ch’a l’entratore.
a ritornadore, c’a l’entradore.

-
-

+1

9

L
P
R
V

Adonqu’eo lasso in povertà tornato
Adonqua eo lasso in povertà tornato
Adomque lasso in povertà tornato
Adunque eo lasso in povertà tornato

 
10

L
P
R
V

del piò riccho aquistato
del più ricco acquistato
e ‘l mio richo aquistato
del più rico aquistato

 
11

L
P
R
V

che mai facesse alcun del meo paraggio,
ke  mai facesse alcuno del meo paragio,
che mai facesse alcun del meo paraggio,
che mai faciesse alchuno del meo paragio,

-
+1
-
+1

12

L
P
R
V

sofferrà Deo ch’eo più viva ad oltraggio
sofferà Dio k’eo più viva ad oltragio
sofferrà Deo che pur viva a oltraggio
soferà Dio pura ch’io viva ad oltragio

 
13

L
P
R
V

di tutta gente e del meo for sennato?
di tucta gente del mio cor sennato?
di tutta gente del mio for sennato?
di tuta giente e del mio for senato?

 
14

L
P
R
V

Non credo già se non vol mio dannaggio.
Non credo già se·non vol meo dampnagio.
Non credo già se non vol me dinnagio.
Non cierto già se non vuole mio danagio.

-
-
-

+1

15

L
P
R
V

Ai lasso che mal vidi, amaro amore,
Ai lasso co mal vidi, amaro amore,
Ai lasso che mal vidi amaro amore,
Ai lasso co male vidi, amaro amore,

-
-
-

+1

16

L
P
R
V

la sovra natoral vostra bellessa
la sovra natural vostra belleza
la sovra natoral vostra bellessa
la sovra naturale vostra belleza

-
-
-

+1

17

L
P
R
V

e l’onorato piacenter piacere
e l’onorato piacentiero piacer
e l’onorato piacente e piacere
e l’onorato piacentiere piaciere

-
-
-

+1

18

L
P
R
V

e tutto ben ch’è ̓n voi somna grandessa;
e tucto ben k’è voi somma grandeza;
e tutto bene ch’è  ̓n voi somma grandessa;
e tuto bene ch’è  ̓n voi soma e grandeza;

-
-

+1
+1

19

L
P
R
V

e vidi peggio il dibonaire core
e vidi pegio in dibonare core
e vidi peggio il dibonaire core
e vidi pegio il dibonaire core

 
20

L
P
R
V

c’umiliò la vostra altera altessa
c’umiliò la vostra altera alteza
ch’umiliò la vostra altera altessa
ch’umiliò la vostra altera alteza

 
21

L
P
R
V

en far noi dui d’un core e d’un volere
a far noi due d’un core e d’un volere
en far ni dui d’un core e d’un volere
a fare noi due d’uno core e d’uno volere

-
-
-

+3

22

L
P
R
V

perch’eo più c’omo mai portai ricchessa.
perk’io più mai non portai riccheza.
perch’eo più c’omo mai portai richessa.
perch’io più com’om mai portai richeza.

 
23

L
P
R
V

Ch’a lo riccor d’amor null’altro apare,
K’a lo riccor d’amor null’altro appare,
Ch’a lo richor d’amor null’altro apare,
C’a lo ricore d’amore null’altro è pare,

-
-
-

+2

24

L
P
R
V

ni raina pò fare
né reina pò fare
né raina pò fare
né reina pò faire

 
25

L
P
R
V

riccor, como ni quanto omo basso,
ricco re, come né quanto homo basso.
richor, como ni quanto homo basso,
rico re, como né quanto omo basso,

-1
-
-1

 

26

L
P
R
V

ni vostra par raina amor è passo.
-
ni vostra par raina amor è passo.
né vostra pare Reina amor è passo.

 
27

L
P
R
V

Donque ch’il meo dolor  pò pareggiare?
Donqua k’il meo dolor pò pareggiare?
Dumque ch’il meo dolor pò pareggiare?
Dunque ch’il mio dolore pò pareiare?

 
28

L
P
R
V

Ché qual più perde acquista in ver me lasso.
Ké qual più perde aquista in ver me lasso.
Ché qual più perde aquista in ver me lasso.
Ché quale più prode acquista ver me lasso.

-
-
-

+1

29

L
P
R
V

Ai con pote om, che non à vita fiore,
Ai con pot’on ki non à vita fiore,
Ai com pote homo, che non à vita fior,
Ai come pot’ommo, co no di vita à fiore,

+1
-
+1
+2

30

L
P
R
V

durar contra di mal tutto for grato,
durar for di sua vogla contra suo grato,
durare contra di mal tutto for grato,
durare contra di male tut’altro grato,

-
+1
+1
+2

31

L
P
R
V

sì com’eo, lasso, ostal d’ogni tormento?
sì com’eo, lasso, ostal d’ogne tormento?
sì com’eo, lasso, ostal d’ogni tormento?
sì come eo, lasso, ostale d'ongni tormento?

-
-
-

+1

32

L
P
R
V

Ché se lo più fort’om fusse ammassato
Ké se lo più fort’om fosse amassato
Ché se lo più fort’om fosse amassato
Ché se nel più fortte uomo fosse amassato

-
-
-

+1

33

L
P
R
V

sì forte e sì coralmente in dolciore,
sì forte e sì coralmente in dolzore,
sì forte e sì coralmente in dolciore,
sì fortte e si coralemente dolzore,

-
-
-

+1

34

L
P
R
V

com’è dolor en me già trapassato
com’è dolore in me già trapassato
com’è dolor en me già trapassato
com’è dolore in me già trapassato

 
35

L
P
R
V

fora de vita contr’ogni argomento.
fora di vita contra ogn’argomento.
fora de vita contro ogni argomento.
fora di vita contro ongne argomento.

 
36

L
P
R
V

Come vi lasso vivo de vita fiore?
Come ve lasso veo di vita fiore?
Come vi lasso vivo di vita fore?
Come lasso viv’eo di vita fore?

+1
-
+1

 

37

L
P
R
V

Ai morte villania fai e peccato
Ai morte villania fai e peccato
Ai morte villania fia e pechato
Ai mortte villania fai e peccato

 
38

L
P
R
V

che·sì m’ài desdegnato,
ke sì m’ài disdegnato,
che sì m’ài desdegnato,
che sì m’ài disdengnato,

 
39

L
P
R
V

perché vedi morir opo mi fora
perké vedi monte opo mi fora
perché vedi morir opo mi fora
perché vedi morire opo mi fora

 
40

L
P
R
V

e perch’io più sovente e forte mora;
perk’io più sovente e forte mora;
e perch’io pio sovente e forte mora;
e perch’io più sovente e fortte mora;

-
-1

41

L
P
R
V

ma mal tuo grado eo pur morrò forsato
ma mal tuo grato io pur morrò isforzato
ma mal tuo grado eo pur morrò forsato
ma male tuo grato i’ pur moro isforzato

-
-
-

+1

42

L
P
R
V

dele mie man, s’eo mei non posso ancora.
dele mie mani, se meglo non posso ancora.
delle mie man, s’eo mei non posso ancora.
dele mie mani, se melglio no·m posso ancora.

-
+2
-
+2

43

L
P
R
V

Mal ò più c’altro e men lasso conforto
Mal ò più c’altro e men lasso conforto
Mal ò più ch’altro e men lasso conforto
Male ò più c’altro e meno lasso ò comfortto

 
44

L
P
R
V

ché s’eo perdesse onor tutto e avere
é s’io perdesse onor tucto ed aver
ché s’eo perdesse onor tutto e avere
ché s’io perdesse onore tuto ed avere

-
-
-

+1

45

L
P
R
V

amici tutti e dele menbra parte,
e tucti amici e dele menbra parte,
amici tutti e dele membra parte,
e tuti amici e de le membra partte,

 
45

L
P
R
V

sì mi conforteria per vita avere;
sì mi conforteria per vita aver;
sì mi conforterea per vita avere;
sì mi comforterei per vita avere;

-
-1

46

L
P
R
V

ma qui non posso poi ò di me torto
ma k’io non posso ciò e di me torto
e qui non posso poi di me torto
ma qui nom posso poi che di me tortto

-
-

-1

47

L
P
R
V

e ritornato in voi forsa en savere
ke ritornato in voi forza e saver
e ritornato in voi forsa e savere
e ritornato in voi forzo e savere

-
-1

48

L
P
R
V

che non fu, amor meo, già d’altra parte.
ke non fue meo amor già d’altra parte.
che non fu, amor meo, già d’altra parte.
che non fue, amore meo, già d’altra partte.

 
49

L
P
R
V

Donque di confortar com’ò podere?
Donqua di confortare com’ò podere?
Duqua di confortar com’ò podere?
Dunque como di comfortare ò podere?

-
-
-

+1

50

L
P
R
V

Poi saver non m’aiuta e dolore
Poi saver non m’aiuta e dolore
Poi savere non m’aiuta e dolor
E poi savere non m’aita e dolore

-
-
-

+1

51

L
P
R
V

me pur istringie il core,
mi pure istringe il core,
me pur istringie el core,
mi pura stringie lo core,

-
-
-

+1

52

L
P
R
V

pur convien ch’eo m’atteggi, e sì facc’eo,
pur conven k’io m’attegi, e sì facc’eo,
pur conven m’atteggi, e sì facc’eo,
pur convene ch’io m’ategi, e si faci’eo,

-
-
-

+1

53

L
P
R
V

perch’om mi mostra a dito e del mal meo
però omo mi mostra a dito e del mal meo
che perc'om mi mostra a dito e del mal meo
però omo mi mostra a dito e del male meo

-1
-
-

+1

54

L
P
R
V

se gabba ed eo pur vivo a dizinore,
si gabba e pur vivo a disonore,
si gabba ed eo pur vivo a disnore,
si gaba ed io pur vivo a disinore,

-
-

-1

55

L
P
R
V

creda mal grado del mondo e di Deo.
credo, a mal grado del mondo e di Dio.
credo, mal grado del mondo e di Deo.
credo, al male grado del mondo e di Deo.

 
56

L
P
R
V

Ai bella gioia, noia e dolor meo
Ai bella gioia, innoia e dolor meo,
Ai bella gioia, noia e dolor meo
Ai bella gioia, noia e dolore meo

-
-
-

+1

57

L
P
R
V

che punto fortunal, lasso, fu quello
ke punto fortunale, lasso, fue quello
che punto fortunal lasso fu quello
che punto furtunale, lasso, fue quello

-
+1
-
+1

58

L
P
R
V

de vostro dipartir, crudel mia morte,
di vostro dipartire, crudel mio amore,
del vostro dipartir, crudel mia morte,
di vostro dipartire, crudele mia mortte,

-
-
-

+1

59

L
P
R
V

che dobbro mal tornò tutto meo bello
ke doblo male tornò tucto bello
-
che doblo male tornò tuto meo bello

-
-
-

+1

60

L
P
R
V

ed è neente il dolor meo par Deo
se del meo mal mi dole, ma più per Deo
ed è neente il dolor meo par Deo
si del meo male mi duole ma più par Deo

-
-
-

+1

61

L
P
R
V

ver’ che·m’è il vostro amor crudele e fello,
ème el vostro amore crudele e fello,
ver’ che m’è al vostro amor crudele e fello,
ème lo vostro amore crudele e fello,

-
-
-

+1

61

L
P
R
V

che s’eo tormento d’una parte forte
ka s’eo tormento di una parte forte
che s’eo tormento d’una parte forte
ca s’eo tormento d’una parte fortte

 
62

L
P
R
V

e voi dall’altra più stringe ̓l chiavello
e voi dall’altra più stringe  ̓l kiavello
e voi da l’altra più stringie chiavello
e voi de l’altra più stringne il chiavello

 
63

L
P
R
V

como la più distretta innamorata
come ala più distrecta innamorata
come la più distretta inamorata
come la più distretta e ̓namorata

 
64

L
P
R
V

che mai fosse aprovata;
ke mai fosse aprovata;
che mai fusse aprovata;
che mai fosse aprovata;

 
65

L
P
R
V

ché bealtà o valore o avere
ké ben fa força dimession d’aver
che bealtà o valore o avere
ché bene fa forzo dimesione d’avere

-3
-
-3
+2

66

L
P
R
V

pò far bass’omo in donn’alta capere,
talor bass’on in donna alta caper,
pò far bass’om in donn’alta capere,
talora basso omo in donna alta capare,

-
-1
-
+1

67

L
P
R
V

ma nulla d’este cose en me trovata
non v’agradìo già né agradì
ma nulla d’este cose en me trovata
ma ciò non v’agradìo già né agrata

-
-2

68

L
P
R
V

donque d’amor coral fu ̓ l ben volere.
donque d’amor coral fue il bel vedere.
dumque d’amor coral fu ‘l bene volere.
dunque d’amore corale fue bene volere.

-
-

+1
+3

69

L
P
R
V

Amor mersè, per Deo, vi confortate
Amor merzé, per Dio, vi confortate,
Amor mercé, per Deo, vi confortate
Amore merzé, per Dio, vi comfortate,

 
70

L
P
R
V

ed a·me non guardate
né da me non guardate
ed a me non guardate
né da me non guardate

 
71

L
P
R
V

ché picciul è per mia morte dannaggio
ké piacer dei per mia morte dampnagio
ché picciolo per mia morte dannaggio
ché piciol è per mia mortte danagio,

-
-

-1

72

L
P
R
V

ma per la vostra mor sensa paraggio
ma per lo vostro amore senza paragio
ma per la vostra amor sansa paraggio
ma per lo vostro amore sanza paragio

-
+1
-
+1

73

L
P
R
V

e forse anche però mi ritorniate
forse però ancor mi ritornate
e forse anche però mi ritorniate
e forsse anco per mi ritornate

-
-
-

-1

74

L
P
R
V

se mai tornare deggio in allegraggio.
se mai tornare degio in allegragio.
si mai tornare deggio in allegransa.
se mai tornare degio ̓n alegragio.

 
75

L
P
R
V

Amor, amor, più che veneno amaro
Amore, amore, più ke veleno amaro
Amor, amor, pio che veneno amaro
Amore, amore, più che veleno amaro

-
+1
-
+1

76

L
P
R
V

non già ben vede chiaro
non già ben vede kiaro
non già vede chiaro
non già bene vede chiaro

-
-

-1
+1

77

L
P
R
V

chi·se mette in poder tuo volontero:
ki si mecte in podere tuo volontiera:
chi se mette in poder tuo volontero:
chi si mette in podere tuo volontero:

-
+1
-
+1

78

L
P
R
V

che primo e mezo n’è gravozo e fero
ke ̓ l prima e ̓ l meo n’è già noioso e fero
che primo e meço n’è gravoço et fero
che ‘l primo e ‘l mezo n’è gravoso e fero

-
+1

79

L
P
R
V

e la fine di ben tutto ̓l contraro
a la fine di ben tucto ̓l contraro
e la fine de ben tutto ‘l contraro
e la fine di ben tuto il contraro

 
80

L
P
R
V

u’ prende laude e blasmo onne mistero.
o’ prende laude e biasmo ogne mistiero.
vi prende laude et blasmo one mistero.
o’ prende lauda e blasimo ongne mistero.

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Tradizione manoscritta

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CANZONIERE L

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Edizione diplomatica

      G. daresso
T
uttol dolor cheo mai portai
fu gioia. elagioia neente a
pol dolore. delmeo cor lasso
acui morte socorgha. caltro no(n) uei
 
ormai[1] sia ualidore. Che pria delpiac
er poco po noia. epoi po forte troppo
om dar tristore. magio conuen che
pouerta siporgha. aloritornator cha
lentratore. Adonqueo lasso inpouer
ta tornato. delpio riccho aquistato.
chemai facesse alcun delmeo parag
gio. sofferra deo cheo piu uiua adol
traggio. ditutta gente e delmeo for
sennato. non credo gia seno(n)[2] uol mio
dannaggio.
Ailasso chemal uidi amaro amore.
lasoura natoral v(ost)ra bellessa. elonora
to piacenter piacere. etutto ben ch
en uoi somna grandessa. Euidi peg
gio il dibonaire core. cumilio lauos
tra altera altessa. enfar noi dui du(n)
core e dun uolere. percheo piu[3] como m
ai portai ricchessa. Chalo riccor dam
or nullaltro apare. niraina po fare.
riccor como niquanto omo basso. ni
uostra par raina amore passo. don
que chil meo dolor po pareggiare.
che qual piu perde acquista inuer
me lasso.
Aicon pote om chenona uita fiore.
durar contra di mal tutto for grato.
si comeo lasso ostal dogni tormento.
chese lopiu fortom fusse a(m)massato.
siforte esi coralmente indolciore. co
me doloren me gia trapassato. fora
deuita controgni argomento. come
ui lasso uiuo deuita fiore. Aimorte
uillania fai epeccato. chessi mai de
sdegnato. perche uedi morir opo mi
 
[1] ‘oramai’ con puntino espuntivo sotto la <a>.
[2] ‘senno(n)’, con puntino espuntivo sotto la seconda <n>.
[3] ‘piu’ aggiunto a margine.
fora. eperchio piu souente eforte
mora. mamal tuo grado eo pur
morro forsato. delemie man seo
mei non posso ancora.
Malo piu caltro emen lasso con
forto. cheseo perdesse onor tutto e
auere. amici tutti edelemenbra
parte. simi conforteria per uita
auere. Maqui non posso poi odi
me torto. eritornato inuoi forsa
e(n)sauere. chenon fu amor meo gia
daltra parte. donque diconfortar
como podere. poi sauer non mai
uta e dolore. me pur istringie il co
re. pur conuien[1] cheo matteggi e
sifacceo. perchom mimostra adito
edel mal meo. segabba edeo pur ui
uo a dizinore. creda mal grado d(e)l
mondo edideo.
Aibella gioia noia e dolor meo.
chepunto fortunal lasso fu quello.
deuostro dipartir crudel mia mor
te. che dobbro mal torno tutto meo
bello. Edeneente ildolor meo par
deo. uer chemme il uostro amor
crudele efello. cheseo torme(n)to du
na parte forte. euoi dallaltra piu
stringel chiauello. Como lapiu di
stretta innamorata. chemai fosse
aprouata. che bealtà o ualore o au
ere. po far bassomo indonnalta ca
pere. manulla deste cose en me t
rouata. donque damor coral ful
ben uolere.
Amor merse perdeo uiconfor
 
[1] il ms. legge ‘conuen’, ma due segni tra <u> ed <e> sembrerebbero indicare l’aggiunta di una <i>.
tate. eda(m)me non guardate. che
picciule permia morte dannag
gio. maper lauostra mor sensa p
araggio. eforse anche pero miri
torniate. semai tornare deggio i(n)
allegraggio.
Amor amor piu cheueneno am
aro. non gia ben uede chiaro. chi
sse mette in poder tuo uolontero.
che primo emezo negrauozo efero.
elafine diben tuttol contraro. up
rende laude eblasmo onne miste
ro.
 
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Edizione diplomatico-interpretativa

 

G. daresso
T
uttol dolor cheo mai portai
fu gioia. elagioia neente a
pol dolore. delmeo cor lasso
a cui morte socorgha. caltro no(n) uei
ormai sia ualidore. Che pria delpiac
er poco po noia. epoi po forte troppo
om dar tristore. magio conuen che
pouerta siporgha. aloritornator cha
lentratore. Adonqueo lasso inpouer
ta tornato. delpio riccho aquistato.
chemai facesse alcun delmeo parag
gio. sofferra deo cheo piu uiua adol
traggio. ditutta gente e delmeo for
sennato. non credo gia seno(n) uol mio
dannaggio.

I.

G. d'aresso
Tutto ̓ l dolor ch’eo mai portai fu gioia
e la gioia neente apo ̓ l dolore
del meo cor lasso a cui morte sochorga
c’altro non uei ormai sia validore.
Ché, pria del piacer, poco pò noia
e poi pò forte troppo om dar tristore:
magio conven che povertà si porgha
a lo ritornator, ch’a l’entratore.
Adonqu’eo lasso in povertà tornato
del pio riccho aquistato
che mai facesse alcun del meo paraggio,
sofferrà Deo ch’eo più viva ad oltraggio
di tutta gente e del meo for sennato?
Non credo già se non vol mio dannaggio.

 

 

Ailasso chemal uidi amaro amore.
lasoura natoral v(ost)ra bellessa. elonora
to piacenter piacere. etutto ben ch
en uoi somna grandessa. Euidi peg
gio il dibonaire core. cumilio lauos
tra altera altessa. enfar noi dui du(n)
core e dun uolere. percheo piu como m
ai portai ricchessa. Chalo riccor dam
or nullaltro apare. niraina po fare.
riccor como niquanto omo basso. ni
uostra par raina amore passo. don
que chil meo dolor po pareggiare.
che qual piu perde acquista inuer
me lasso.

II.

Ai lasso che mal vidi, amaro amore,
la sovra natoral vostra bellessa
e l’onorato piacenter piacere
e tutto ben ch’è ̓ n voi somna grandessa;
e vidi peggio il dibonaire core
c’umiliò la vostra altera altessa
en far noi dui d’un core e d’un volere
perch’eo più c’omo mai portai ricchessa.
Ch’a lo riccor d’amor null’altro apare,
ni raina pò  fare
riccor, como ni quanto omo basso,
ni vostra par raina amor è passo.
Donque ch’il meo dolor  pò pareggiare?
Ché qual più perde acquista in ver me lasso.

 

 

Aicon pote om chenona uita fiore.
durar contra di mal tutto for grato.
si comeo lasso ostal dogni tormento.
chese lopiu fortom fusse a(m)massato.
siforte esi coralmente indolciore. co
me doloren me gia trapassato. fora
deuita controgni argomento. come
ui lasso uiuo deuita fiore. Aimorte
uillania fai epeccato. chessi mai de
sdegnato. perche uedi morir opo mi
fora. eperchio piu souente eforte
mora. mamal tuo grado eo pur
morro forsato. delemie man seo
mei non posso ancora.

III.

Ai con pote om, che non à vita fiore,
durar contra di mal tutto for grato,
sì com’eo, lasso, ostal d’ogni tormento?
Ché se lo più fort’om fusse ammassato
sì forte e sì coralmente in dolciore,
com’è dolor en me già trapassato
fora de vita contr’ogni argomento.
Come vi lasso vivo de vita fiore?
Ai morte villania fai e peccato
che·sì m’ài desdegnato,
perché vedi morir opo mi fora
e perch’io più sovente e forte mora;
ma mal tuo grado eo pur morrò forsato
de le mie man, s’eo mei non posso ancora.

 

 

Malo piu caltro emen lasso con
forto. cheseo perdesse onor tutto e
auere. amici tutti edelemenbra
parte. simi conforteria per uita
auere. Maqui non posso poi odi
me torto. eritornato inuoi forsa
e(n)sauere. chenon fu amor meo gia
daltra parte. donque diconfortar
como podere. poi sauer non mai
uta e dolore. me pur istringie il co
re. pur conuien cheo matteggi e
sifacceo. perchom mimostra adito
edel mal meo. segabba edeo pur ui
uo a dizinore. creda mal grado d(e)l
mondo edideo.

IV.

Mal ò più c’altro e men lasso conforto
ché s’eo perdesse onor tutto e avere
amici tutti e dele menbra parte,
sì mi conforteria per vita avere;
ma qui non posso poi ò di me torto
e ritornato in voi forsa en savere
che non fu, amor meo, già d’altra parte.
Donque di confortar com’ò podere?
Poi saver non m’aiuta e dolore
me pur istringie il core,
pur convien ch’eo m’atteggi, e sì facc’eo,
perch’om mi mostra a dito e del mal meo
se gabba ed eo pur vivo a dizinore,
creda mal grado del mondo e di Deo.

 

 

Aibella gioia noia e dolor meo.
chepunto fortunal lasso fu quello.
deuostro dipartir crudel mia mor
te. che dobbro mal torno tutto meo
bello. Edeneente ildolor meo par
deo. uer chemme il uostro amor
crudele efello. cheseo torme(n)to du
na parte forte. euoi dallaltra piu
stringel chiauello. Como lapiu di
stretta innamorata. chemai fosse
aprouata. che bealtà o ualore o au
ere. po far bassomo indonnalta ca
pere. manulla deste cose en me t
rouata. donque damor coral ful
ben uolere.

V.

Ai bella gioia, noia e dolor meo
che punto fortunal, lasso, fu quello
de vostro dipartir, crudel mia morte,
che dobbro mal tornò tutto meo bello
ed è neente il dolor meo par Deo
ver’ che·m’è il vostro amor crudele e fello,
che s’eo tormento d’una parte forte
e voi dall’altra più stringe ̓ l chiavello
como la più distretta innamorata
che mai fosse aprovata;
ché bealtà o valore o avere
pò far bass’omo in donn’alta capere,
ma nulla d’este cose en me trovata
donque d’amor coral fu ̓ l ben volere.

 

 

Amor merse perdeo uiconfor
tate. eda(m)me non guardate. che
picciule permia morte dannag
gio. maper lauostra mor sensa p
araggio. eforse anche pero miri
torniate. semai tornare deggio i(n)
allegraggio.

VI.

Amor mersè, per Deo, vi confortate
ed a·me non guardate
ché picciul è per mia morte dannaggio
ma per la vostra mor sensa paraggio
e forse anche però mi ritorniate
se mai tornare deggio in allegraggio.

 

 

Amor amor piu cheueneno am
aro. non gia ben uede chiaro. chi
sse mette in poder tuo uolontero.
che primo emezo negrauozo efero.
elafine diben tuttol contraro. up
rende laude eblasmo onne miste
ro.

VII.

Amor, amor, più che veneno amaro
non già ben vede chiaro
chi·se mette in poder tuo volontero:
che primo e mezo n’è gravozo e fero
e la fine di ben tutto ̓ l contraro
u’ prende laude e blasmo onne mistero.

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CANZONIERE P

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vai al manoscritto [1]

[c. 57v]

[c. 58r]

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Edizione diplomatica

[c. 57v]

    Quictone dareço
T  uctol dolor kio mai portai fue gioia
    ela gioia neente apol dolore: delomeo
    corelasso acui morte sa corga.
    kaltro no(n) veo orma sia ualidore: ke
    pria del piacere pogo po noia: ma poi
    forte po troppo ondea stristore:​ magio
    conuen ke pouerta si porga.
    adonqua eolasso inpouerta torna
    to del piu ricco aquistato: ke mai fa
    cesse alcuno delmeo paragio: soffera
    dio keo piu uiua adoltragio ditucta
    gente delmio corsennato no(n) credo
gia sennon uolmeo dampnagio.
 
    Ailasso comaluidi amaro amore:​ lasoura natural uostra belleça: elo
    norato piacentiero piace(r) : etucto ben keuoi somma grandeça.
    Euidi pegio indibonare core: cumilio lauostra altera alteça:​ afarnoi
    due duncore edun uolere:​ p(er) kio piu mai no(n) portai riccheça.
    kalo riccor damor nullaltro appare: ne reina pofare: riccore come
    ne qua(n)to homo basso: donqua kilmeo dolor po paregiare: ke qual piu
    p(er)de aquista inuerme lasso.
 
    Ai conpoton ki nona uita fiore:​ durar for disua uogla contra suo g(ra)
    to: si comeo lasso ostaldogne torm(en)to.
    ke selo piu forto(m) fosse ammassato: si forte esi coralmente indolçore co
    me dolore inme gia trapassato: fora diuita contra ognargomento.
    Comeue lasso ueo diuita fiore: ai morte uillania fai e peccato: ke
    si mai disdegnato: p(er)ke uedi monte[1] opo mi fora : p(er)kio piu sove(n)te e fo(r)
    te mora:​ mamal tuo grato io pur morro isforçato delemie man se
    meglo no(n) posso ancora.
[1] ‘morte’ è la lez. più probabile, ma dopo la ‘r’ c’è un'asta in più: una doppia <t>? Non la usa precedentemente. Il segno potrebbe essere una <n>, ma cfr. <morte> sopra.

[c. 58r]

    Malo piu caltro emen lasso conforto: ke sio p(er)desse onor tucto edaue(r)
    etucti amici edele menbra p(ar)te: simi conforteria p(er)uita aue(r). 
    Makio no(n) posso cioe di me torto: ke ritornato inuoi força esaue(r):​ ke
    no(n) fue meo amor gia daltra parte.
    donqua diconfortare como podere: poi sauer no(n) maiuta: edolore mi
    pure istringe il core:​ pur conuen kio mattegi esi facceo pero omo mi
    mostra adito: edel malmeo si gabba:​ epur uiuo adisinore credo amal
    grado delmondo edidio.
 
    Ai bella gioia innoia edolormeo:​ ke punto fortimale[1] lasso fue quello
    diuostro dipartire crudelmio amore.
    ke doblo male torno tucto bello:​ sedelmeo malmidole ma piu p(er)deo
    eme el uostro amore crudele efello.
    ka seo torm(en)to duna parte forte:​ euoi dallaltra piu stringel kiauello.
    come ala piu distrecta innamorata: ke mai fosse aprouata : ke ben fa
    força dimession daue(r): talor basson indo(n)na cape(r):​ no(n) ua gradio gia
    ne agradi do(n)que damor coral fue ilbel uedere.
[1] ‘fortunale’ è possibile, ma la discrezione tra <i> ed <m>.è molto forte.

   

    Amor merçe p(er)dio uiconfortate: ne dame no(n) guardate: ke piace(r) dei
    p(er)mia morte dampnagio.
    Ma p(er)louostro amore sença paragio:​ forse pero ancor miritornate: 
    se mai tornare degio inallegragio.
    Amore amore piu ke ueleno amaro: no(n) gia ben uede kiaro: ki
    si mecte unpodere tuo uolontiera.​ kel prima elmeo ne gia noioso efe
    ro: alafine diben tuctol contraro: opre(n)de laudo ebiasmo ogne mistiero.
 
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Vita ulteriore

[c. 57v]

 stampa
ta
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Edizione diplomatica-interpretativa

    I.

    Quictone dareço

T  uctol dolor kio mai portai fue gioia
    ela gioia neente apol dolore: delomeo
    corelasso acui morte sa corga.
    kaltro no(n) veo orma sia ualidore: ke
    pria del piacere pogo po noia: ma poi
    forte po troppo ondea stristore:​ magio
    conuen ke pouerta si porga.
    adonqua eolasso inpouerta torna
    to del piu ricco aquistato: ke mai fa
    cesse alcuno delmeo paragio: soffera
    dio keo piu uiua adoltragio ditucta
    gente delmio corsennato no(n) credo
gia sennon uolmeo dampnagio.

Quictone d'Arezo

Tucto l dolor k’io mai portai fue gioia
e la gioia neente apo ̓ l dolore
de lo meo core lasso a cui morte socorga,
k’altro non veo orma sia validore.
Ké, pria del piacere, pogo pò noia,
ma poi forte pò troppo ond’ea stristore:
magio conven ke poverttà si porga.
Adonqua eo lasso in povertà tornato
del più ricco acquistato
ke  mai facesse alcuno del meo paragio,
sofferà Dio k’eo più viva ad oltragio
di tucta gente del mio cor sennato?
Non credo già se·non vol meo dampnagio.
 

    II.
    Ailasso comaluidi amaro amore:​ lasoura natural uostra belleça: elo
    norato piacentiero piace(r) : etucto ben keuoi somma grandeça.
    Euidi pegio indibonare core: cumilio lauostra altera alteça:​ afarnoi
    due duncore edun uolere:​ p(er) kio piu mai no(n) portai riccheça.
    kalo riccor damor nullaltro appare: ne reina pofare: riccore come
    ne qua(n)to homo basso: donqua kilmeo dolor po paregiare: ke qual piu
    p(er)de aquista inuerme lasso.

   

Ai lasso co mal vidi, amaro amore,
la sovra natural vostra belleza
e l’onorato piacentiero piacer
e tucto ben k’è voi somma grandeza;
e vidi pegio in dibonare core
c’umiliò la vostra altera alteza
a far noi due d’un core e d’un volere
perk’io più mai non portai riccheza.
K’a lo riccor d’amor null’altro appare,
né reina pò fare
ricco re, come né quanto homo basso.
Donqua k’il meo dolor pò pareggiare?
Ké qual più perde aquista in ver me lasso.

 

    III.
    Ai conpoton ki nona uita fiore:​ durar for disua uogla contra suo g(ra)
    to: si comeo lasso ostaldogne torm(en)to.
    ke selo piu forto(m) fosse ammassato: si forte esi coralmente indolçore co
    me dolore inme gia trapassato: fora diuita contra ognargomento.
    Comeue lasso ueo diuita fiore: ai morte uillania fai e peccato: ke
    si mai disdegnato: p(er)ke uedi monte opo mi fora : p(er)kio piu sove(n)te e fo(r)    te mora:​ mamal tuo grato io pur morro isforçato delemie man se
    meglo no(n) posso ancora.

 
  Ai, con pot’on ki non à vita fiore,
durar for di sua vogla contra suo grato,
sì com’eo, lasso, ostal d’ogne tormento?
Ké se lo più fort’om fosse amassato
sì forte e sì coralmente in dolzore,
com’è dolore in me già trapassato
fora di vita contra ogn’argomento.
Come ve lasso veo di vita fiore?
Ai morte villania fai e peccato
ke sì m’ài disdegnato,
perké vedi monte opo mi fora
perk’io più sovente e forte mora;
ma mal tuo grato io pur morrò isforzato
dele mie mani, se meglo non posso ancora.

 

    IV.

  

Malo piu caltro emen lasso conforto: ke sio p(er)desse onor tucto edaue(r)
    etucti amici edele menbra p(ar)te: simi conforteria p(er)uita aue(r). 
    Makio no(n) posso cioe di me torto: ke ritornato inuoi força esaue(r):​ ke
    no(n) fue meo amor gia daltra parte.
    donqua diconfortare como podere: poi sauer no(n) maiuta: edolore mi
    pure istringe il core:​ pur conuen kio mattegi esi facceo pero omo mi
    mostra adito: edel malmeo si gabba:​ epur uiuo adisinore credo amal
    grado delmondo edidio.

 

Mal ò più c’altro e men lasso conforto
ké s’io perdesse onor tucto ed aver
e tucti amici e dele menbra parte,
sì mi conforteria per vita aver;
ma k’io non posso ciò e di me torto
ke ritornato in voi forza e saver
ke non fue meo amor già d’altra parte.
Donqua di confortare com’ò podere?
Poi saver non m’aiuta e dolore
mi pure istringe il core,
pur conven k’io m’attegi, e sì facc’eo,
però omo mi mostra a dito e del mal meo
si gabba e pur vivo a disonore,
credo, a mal grado del mondo e di Dio.
 

    V.

 

Ai bella gioia innoia edolormeo:​ ke punto fortimale lasso fue quello    diuostro dipartire crudelmio amore.
    ke doblo male torno tucto bello:​ sedelmeo malmidole ma piu p(er)deo
    eme el uostro amore crudele efello.
    ka seo torm(en)to duna parte forte:​ euoi dallaltra piu stringel kiauello.
    come ala piu distrecta innamorata: ke mai fosse aprouata : ke ben fa
    força dimession daue(r): talor basson indo(n)na cape(r):​ no(n) ua gradio gia
    ne agradi do(n)que damor coral fue ilbel uedere.

 

Ai bella gioia, innoia e dolor meo,
ke punto fortunale[1], lasso, fue quello
di vostro dipartire, crudel mio amore,
ke doblo male tornò tucto bello
se del meo mal mi dole, ma più per Deo
ème el vostro amore crudele e fello,
ka s’eo tormento di una parte forte
e voi dall’altra più stringe  ̓ l kiavello
come ala più distrecta innamorata
ke mai fosse aprovata;
ké ben fa força dimession d’aver
talor bass’on in donna alta caper,
non v’agradìo già né agradì
donque d’amor coral fue il bel vedere.

 
[1] cfr. nota ediz. diplomatica.
    VI.

   

Amor merçe p(er)dio uiconfortate: ne dame no(n) guardate: ke piace(r) dei
    p(er)mia morte dampnagio.
    Ma p(er)louostro amore sença paragio:​ forse pero ancor miritornate: 
    se mai tornare degio inallegragio.
 

 

Amor merzé, per Dio, vi confortate,
né da me non guardate
ké piacer dei per mia morte dampnagio
ma per lo vostro amore senza paragio
forse però ancor mi ritornate
se mai tornare degio in allegragio.
 

  VII.

 

Amore amore piu ke ueleno amaro: no(n) gia ben uede kiaro: ki
    si mecte unpodere tuo uolontiera.​ kel prima elmeo ne gia noioso efe
    ro: alafine diben tuctol contraro: opre(n)de laudo ebiasmo ogne mistiero.

 

Amore, amore, più ke veleno amaro
non già ben vede kiaro
ki si mecte in podere tuo volontiera:
ke ̓ l prima e ̓ l meo n’è già noioso e fero
a la fine di ben tucto  ̓ l contraro
o’ prende laude e biasmo ogne mistiero.
 

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CANZONIERE R

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Edizione diplomatica

F. Guitton

Tuttol dolor cheo mai portai fugioia. E lagioia neente apol
(d)olore del meo cor lasso acui morte socchorgha. Che p(ri)a del pia
cer poco puo noia  Epoi po forte troppo. hom dar tristore. Maggio
conuen che pouerta si porga. E lo ritornatore chalentratore. adomque
lasso i(n) pouerta tornato. Elmio richo aq(ui)stato. Che mai facesse alcun
delmeo paraggio sofferta deo che pur uiua aoltraggio d(i) tutta
gente delmio forsennato. non credo gia senon uol me dinnagio.

Aj lasso che maluidi amaro amore. la soura natoral uostra belle
ssa. Elonorato piacente e piacere. E tutto bene chen uoi somma
grandessa. Euidi peggio il dibonaire core. Chumilio lauostra al
tera altessa en far ni dui dun core ⸶e⸷ dun volere. p(er)cheo piu como
mai portai richessa. Chalorichor damor nullaltro apare. nerai
n apo fare. richor como niquanto homo basso . niuostra par ra
ina amore passo. dumque chil meo dolor po pareggiare. che
qual piu p(er)de aq(ui)sta jnuerme lasso.
 
Ai com pote homo che non auita fior durare contra dimal tu
tto forgrato. sicomeo lasso ostal dogni tormento. che selopiu
for tom fosse amassato. siforte esicoralmente i(n)dolciore  come dolor
enme Gia trapassato fora d(e) uita controgniar gomento co
me ui lasso uiuo diuita fore. Ai morte  uillania fia e pechato
che simai desdegnato p(er)che uedi morir opo mi fora Ep(er)chio pio
souente e forte mora ma mal tuo grado eo pur morro forsato del(le)
mie man seo mei no(n) posso ancora.
Malo piu chaltro emen lasso conforto che seo p(er)desse onor
tutto eauere amici tutti e dele membra parte. Simico(n)for
terea p(er) uita auere. Eq(ui) no(n) posso poi dime torto eritornato i(n)
uoi forsa e sauere. Che no(n) fu amor meo gia daltra p(ar)te. du
qua diconfortar como podere. poi sauere no(n) maiuta. edolor
me puristri(n)gie elcore pur co(n)uen matteggi esi faccieo. Che p(er)
com mimostra adito edel mal meo sigabba edeo puruiuo
adisnore credo malgrado delmondo e di deo.
Aibella gioia noia e dolor meo. Che punto fortunal lasso fu qu
ello deluostro dipartir crudel mia morte. Ede neente il dolor
meo pardeo. uer che me al uostro amor crudele efello. Cheseo
tormento duna parte forte Euoi dalaltra piu stringie chiauello
come lapiu distretta i(n)amorata. Che mai fusse ap(ro)uata. Che bealta
oualore o auere pofar bassom in donnalta. capere ma nulla deste
cose en me trouata dumque damor coral ful benuolere.
Amor merce p(er)deo uiconfortate e dame no(n) guardate che picciolo
p(er)mia morte dannaggio ma p(er)lauostra amor sansa paraggio
eforse anche p(er)o miritorniate simai tornare deggio i(n) allegransa.
 
Amor amor pio che ueneno amaro non gia uede chiaro. chise
mette i(n) poder tuo uolontero. Che p(ri)mo emeço ne grauoço[1] (et)
fero elafine debentuttolcontraro u prende laude (et) blasmo one mistero.
 
[1] non siamo sicuri di questa <ç>.
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Edizione diplomatico-interpretativa

F. Guitton.

Tuttol dolor cheo mai portai fugioia. E lagioia neente apol
(d)olore del meo cor lasso acui morte socchorgha. Che p(ri)a del pia
cer poco puo noia  Epoi po forte troppo. hom dar tristore. Maggio
conuen che pouerta si porga. E lo ritornatore chalentratore. adomque
lasso i(n) pouerta tornato. Elmio richo aq(ui)stato. Che mai facesse alcun
delmeo paraggio sofferta deo che pur uiua aoltraggio d(i) tutta
gente delmio forsennato. non credo gia senon uol me dinnagio.
 

I.

F. Guitton

Tutto  ̓ l dolor ch’eo mai portai fu gioia
e la gioia neente apo ̓ l dolore
del meo cor lasso a cui morte socchorga.
Ché, pria del piacer, poco può noia,
e poi pò forte troppo hom dar tristore:
maggio conven che povertà si porga
e lo ritornadore, ch’a l’entratore.
Adomque lasso in povertà tornato
e ‘l mio richo aquistato
che mai facesse alcun del meo paraggio,
sofferrà Deo che pur viva a oltraggio
di tutta gente del mio for sennato?
Non credo già se non vol me dinnagio.

 

Aj lasso che maluidi amaro amore. la soura natoral uostra belle
ssa. Elonorato piacente e piacere. E tutto bene chen uoi somma
grandessa. Euidi peggio il dibonaire core. Chumilio lauostra al
tera altessa en far ni dui dun core ⸶e⸷ dun volere. p(er)cheo piu como
mai portai richessa. Chalorichor damor nullaltro apare. nerai
n apo fare. richor como niquanto homo basso. niuostra par ra
ina amore passo. dumque chil meo dolor po pareggiare. che
qual piu p(er)de aq(ui)sta jnuerme lasso.

II.

Ai lasso che mal vidi amaro amore
la sovra natoral vostra bellessa
e l’onorato piacente e piacere
e tutto bene ch’è  ̓ n voi somma grandessa;
e vidi peggio il dibonaire core
ch’umiliò la vostra altera altessa
en far ni dui d’un core e d’un volere
perch’eo più c’omo mai portai richessa.
Ch’a lo richor d’amor null’altro apare,
né raina pò fare
richor, como ni quanto homo basso,
ni vostra par raina amor è passo.
Dumque ch’il meo dolor pò pareggiare?
Ché qual più perde aquista in ver me lasso.

 

Ai com pote homo che non auita fior durare contra dimal tu
tto forgrato. sicomeo lasso ostal dogni tormento. che selopiu
for tom fosse amassato. siforte esicoralmente i(n)dolciore  come dolor
enme Gia trapassato fora d(e) uita controgniar gomento co
me ui lasso uiuo diuita fore. Ai morte uillania fia e pechato
che simai desdegnato p(er)che uedi morir opo mi fora Ep(er)chio pio
souente e forte mora ma mal tuo grado eo pur morro forsato del(le)
mie man seo mei no(n) posso ancora.

III.

Ai com pote homo, che non à vita fior,
durare contra di mal tutto for grato,
sì com’eo, lasso, ostal d’ogni tormento?
Ché se lo più fort’om fosse amassato
sì forte e sì coralmente in dolciore,
com’è dolor en me già trapassato
fora de vita contro ogni argomento.
Come vi lasso vivo di vita fore?
Ai morte villania fia e pechato
che sì m’ài desdegnato,
perché vedi morir opo mi fora
e perch’io pio sovente e forte mora;
ma mal tuo grado eo pur morrò forsato
delle mie man, s’eo mei non posso ancora.

 

Malo piu chaltro emen lasso conforto che seo p(er)desse onor
tutto eauere amici tutti e dele membra parte. Simico(n)for
terea p(er) uita auere. Eq(ui) no(n) posso poi dime torto eritornato i(n)
uoi forsa e sauere. Che no(n) fu amor meo gia daltra p(ar)te. du
qua diconfortar como podere. poi sauere no(n) maiuta. edolor
me puristri(n)gie elcore pur co(n)uen matteggi esi faccieo. Che p(er)
com mimostra adito edel mal meo sigabba edeo puruiuo
adisnore credo malgrado delmondo e di deo.

IV.

Mal ò più ch’altro e men lasso conforto
ché s’eo perdesse onor tutto e avere
amici tutti e dele membra parte,
sì mi conforterea per vita avere;
e qui non posso poi di me torto
e ritornato in voi forsa e savere
che non fu, amor meo, già d’altra parte.
Duqua di confortar com’ò podere?
Poi savere non m’aiuta e dolor
me pur istringie el core,
pur conven m’atteggi, e sì facc’eo,
che perc'om mi mostra a dito e del mal meo
si gabba ed eo pur vivo a disnore,
credo, mal grado del mondo e di Deo.

 

Aibella gioia noia e dolor meo. Che punto fortunal lasso fu qu
ello deluostro dipartir crudel mia morte. Ede neente il dolor
meo pardeo . uer che me al uostro amor crudele efello. Cheseo
tormento duna parte forte Euoi dalaltra piu stringie chiauello
come lapiu distretta i(n)amorata. Che mai fusse ap(ro)uata. Che bealta
oualore o auere pofar bassom in donnalta. capere ma nulla deste
cose en me trouata dumque damor coral ful benuolere.

V.

Ai bella gioia, noia e dolor meo
che punto fortunal lasso fu quello
del vostro dipartir, crudel mia morte,
ed è neente il dolor meo par Deo
ver’ che m’è al vostro amor crudele e fello,
che s’eo tormento d’una parte forte
e voi da l’altra più stringie chiavello
come la più distretta inamorata
che mai fusse aprovata;
che bealtà o valore o avere
pò far bass’om in donn’alta capere,
 ma nulla d’este cose en me trovata
dumque d’amor coral fu ‘l benevolere.

 

Amor merce p(er)deo uiconfortate  e dame no(n) guardate che picciolo
p(er)mia morte dannaggio ma p(er)lauostra amor sansa paraggio
eforse anche p(er)o miritorniate simai tornare deggio i(n) allegransa.

VI.

Amor mercé, per Deo, vi confortate
ed a me non guardate
ché picciolo per mia morte dannaggio
ma per la vostra amor sansa paraggio
e forse anche però mi ritorniate
si mai tornare deggio in allegransa.

 

Amor amor pio che ueneno amaro non gia uede chiaro. chise
mette i(n) poder tuo uolontero. Che p(ri)mo emeço ne grauoço[1] (et)
fero elafine debentuttolcontraro u prende laude (et) blasmo one mistero.
 
[1] non siamo sicuri di questa ‘ç’

VII.

Amor, amor, pio che veneno amaro
non già vede chiaro
chi se mette in poder tuo volontero:
che primo e meço n’è gravoço et fero
e la fine de ben tutto ‘l contraro
vi prende laude et blasmo one mistero.

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CANZONIERE V

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Riproduzione fotografica

Vai al manoscritto [2]

[c. 39r]

[c. 39v]

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Edizione diplomatica

  
                       Guittone darezo
  ​
  T Utto ildolore chimai portai fugioia. elagioia neiente Apoldolore.[1] del
 mio core lasso achui mortte socorga. caltro nonuegio ormai sia uali
  dore. chemprima del piaciere poco po noia. mapoi fortte po tropo on
  da tristoro. magio conuiene che pouerta siporga. aritornadore. calentradore ¶. A
  dunque eo lasso jmpouerta tornato. delpiu rico aquistato. chemai faciesse Alchuno
  delmeo paragio. sofera dio pura chio uiua Al adoltragio. dituta giente edelmio
​  forsenato. non cierto gia seno(n) vuole mio danagio
[1] Alpldolore > Apoldolore: puntino espuntivo sotto la prima <l>.

 

  
  A i lasso comale uidi amaro amore. lasoura naturale uostra belleza. elonorato
     piacientiere piaciere. etuto bene chenuoi soma egrandeza. euidipe
  gio. ildibonaire core. chumilio lauostra Altera Alteza. Afare noi due duno
  core eduno uolere. p(er) chio piu como mai portai richeza.¶ Caloricore damore
  nullaltro epare. nereina po fare. ricore como ne quanto omo basso. neuo
  stra pare Reina amore passo. dunque chilmio dolore po pareiare. chequa
  le piu p(ro)de aquista uerme lasso.
  
  
  A icome potom(m)o conodiuita afiore. durare contra dimale tutaltro grato. sico
     me eo lasso ostale dongni tormento. chese nelpiu fortte uomo folle amassato.
  sifortte e si corale mente dolzore. come dolore inme gia trapassato. fora diuita
  contro ongne Argomento. come lasso uiueo diuita fore.¶ Aimortte uillania fai
  epecato. chesi mai disdegnato. p(er) cheuedi morire opo mifora. ep(er) chio piu so
  uente efortte mora. mamale tuo grato ipurmoro isforzato. dele mie mani se
  melglio nomposso Ancora.
  
  
  M Ale opiu caltro emeno lasso ocomfortto. chesio p(er)desse onore tuto edauere.
      etuti amici edelemembra partte. simi comforterei p(er) uita Auere. maqui
  nomposso poi chedime tortto. eritornato jnuoi forzo esauere. che nonfue amo
  re meo gia daltra partte. dunqua como dicomfortareopodere.¶ Epoi sauere
  nonmaita edolore. mipura stringie locore. purconuene chio mategi esifacie
  pero omo mimostra adito edelmale meo. sigaba edio pur uiuo adisinore. cre
  do Almale grado delmondo edideo.
  
  
  A ibella gioia noia edolore meo. chepunto furtunale lasso fue quello. diuostro di
     partire crudele mia mortte. chedoblo male torno tuto meo bello. sidelm
  eo male miduole mapiu pardeo. eme louostro amore crudele efello. casseo
  tormento duna parte fortte. euoi delaltra piu stringne ilchiauello.¶ Come la
  piu distretta enamorata. chemai fosse ap(ro)uata. chebene fa forzo dimesione da
  uere. talora basso omo jndonna Alta capare. macio nonuagradio gia nea
  grata. dunque damore corale fue bene uolere.
  
  
  A more merze p(er)dio uicomfortate. nedame nonguardate. che piciole p(er) mia
     mortte danagio. ma p(er)louostro amore sanza paragio. eforsse Anco pero mi
  ritornate semai tornare degio nalegragio.
  
  
  A more amore piu cheueleno amaro. nongia bene uede chiaro. chisimette jn
     podere tuo uolontero. chelprimo elmezo ne grauoso efero. elafine dibene
  tuto ilcontraro. oprende lauda eblasimo ongne mistero.
  
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Edizione diplomatico-interpretativa

 Guittone darezo
  ​
  T Utto ildolore chimai portai fugioia. elagioia neiente Apoldolore. del
     mio core lasso achui mortte socorga. caltro nonuegio ormai sia uali
  dore. chemprima del piaciere poco po noia. mapoi fortte po tropo on
  da tristoro. magio conuiene che pouerta siporga. aritornadore. calentradore.¶ A
  dunque eo lasso jmpouerta tornato. delpiu rico aquistato. chemai faciesse Alchuno
  delmeo paragio. sofera dio pura chio uiua Al adoltragio. dituta giente edelmio
​  forsenato. non cierto gia seno(n) vuole mio danagio

I.

Guittone d'Arezzo

Tutto il dolore ch’i mai portai fu gioia
e la gioia neiente apo ̓ l dolore
del mio core lasso a chui mortte socorga,
c’altro non vegio ormai sia validore.
Chemprima del piacere, poco pò noia,
ma poi fortte pò tropo on da tristoro:
magio conviene che povertà si porga
a ritornadore, c’a l’entradore.
Adunque eo lasso in povertà tornato
del più rico aquistato
che mai faciesse alchuno del meo paragio,
soferà Dio pura ch’io viva ad oltragio
di tuta giente e del mio for senato?
Non cierto già se non vuole mio danagio.

 

 A i lasso comale uidi amaro amore. lasoura naturale uostra belleza. elonorato
     piacientiere piaciere. etuto bene chenuoi soma egrandeza. euidipe
  gio. ildibonaire core. chumilio lauostra Altera Alteza. Afare noi due duno
  core eduno uolere. p(er) chio piu como mai portai richeza. ¶ Caloricore damore
  nullaltro epare. nereina po fare. ricore como ne quanto omo basso. neuo
  stra pare Reina amore passo. dunque chilmio dolore po pareiare. chequa
  le piu p(ro)de aquista uerme lasso.

II.

Ai lasso co male vidi, amaro amore,
la sovra naturale vostra belleza
e l’onorato piacentiere piaciere
e tuto bene ch’è  ̓ n voi soma e grandeza;
e vidi pegio il dibonaire core
ch’umiliò la vostra altera alteza
a fare noi due d’uno core e d’uno volere
perch’io più com’om mai portai richeza.
C’a lo ricore d’amore null’altro è pare,
né reina pò faire
rico re, como né quanto omo basso,
né vostra pare reina amor è passo.
Dunque ch’il mio dolore pò pareiare?
Ché quale più prode acquista ver me lasso.

 

A icome potom(m)o conodiuita afiore. durare contra dimale tutaltro grato. sico
     me eo lasso ostale dongni tormento. chese nelpiu fortte uomo folle amassato.
  sifortte e si corale mente dolzore. come dolore inme gia trapassato. fora diuita
  contro ongne Argomento. come lasso uiueo diuita fore. ¶ Aimortte uillania fai
  epecato. chesi mai disdegnato. p(er) cheuedi morire opo mifora. ep(er) chio piu so
  uente efortte mora. mamale tuo grato ipurmoro isforzato. dele mie mani se
  melglio nomposso Ancora.

III.

Ai come pot’ommo, co no di vita à fiore,
durare contra di male tut’altro grato,
sì come eo, lasso, ostale d'ongni tormento?
Ché se nel più fortte uomo fosse amassato
sì fortte e si coralemente dolzore,
com’è dolore in me già trapassato
fora di vita contro ongne argomento.
Come lasso viv’eo di vita fore?
Ai mortte villania fai e peccato
che sì m’ài disdengnato,
perché vedi morire opo mi fora
e perch’io più sovente e fortte mora;
ma male tuo grato i’ pur moro isforzato
dele mie mani, se melglio no·m posso ancora.

 

M Ale opiu caltro emeno lasso ocomfortto. chesio p(er)desse onore tuto edauere.
      etuti amici edelemembra partte. simi comforterei p(er) uita Auere. maqui
  nomposso poi chedime tortto. eritornato jnuoi forzo esauere. che nonfue amo
  re meo gia daltra partte. dunqua como dicomfortareopodere. ¶ Epoi sauere
  nonmaita edolore. mipura stringie locore. purconuene chio mategi esifacie
  pero omo mimostra adito edelmale meo. sigaba edio pur uiuo adisinore. cre
  do Almale grado delmondo edideo.

IV.

Male ò più c’altro e meno lasso ò comfortto
ché s’io perdesse onore tuto ed avere
e tuti amici e de le membra partte,
sì mi comforterei per vita avere;
ma qui nom posso poi che di me tortto
e ritornato in voi forzo e savere
che non fue, amore meo, già d’altra partte.
Dunque como di comfortare ò podere?
E poi savere non m’aita e dolore
mi pura stringie lo core,
pur convene ch’io m’ategi , e si faci’eo,
però omo mi mostra a dito e del male meo
si gaba ed io pur vivo a disinore,
credo, al male grado del mondo e di Deo.

 

A ibella gioia noia edolore meo. chepunto furtunale lasso fue quello. diuostro di
     partire crudele mia mortte. chedoblo male torno tuto meo bello. sidelm
  eo male miduole mapiu pardeo. eme louostro amore crudele efello. casseo
  tormento duna parte fortte. euoi delaltra piu stringne ilchiauello. ¶ Come la
  piu distretta enamorata. chemai fosse ap(ro)uata. chebene fa forzo dimesione da
  uere. talora basso omo jndonna Alta capare. macio nonuagradio gia nea
  grata. dunque damore corale fue bene uolere.

V.

Ai bella gioia, noia e dolore meo
che punto furtunale, lasso, fue quello
di vostro dipartire, crudele mia mortte,
che doblo male tornò tuto meo bello
si del meo male mi duole ma più par Deo
ème lo vostro amore crudele e fello,
ca s’eo tormento d’una parte fortte
e voi de l’altra più stringne il chiavello
come la più distretta e  ̓namorata
che mai fosse aprovata;
ché bene fa forzo dimesione d’avere
talora basso omo in donna alta capare,
ma ciò non v’agradìo già né agrata
dunque d’amore corale fue bene volere.

 

A more merze p(er)dio uicomfortate. nedame nonguardate. che piciole p(er) mia
     mortte danagio. ma p(er)louostro amore sanza paragio. eforsse Anco pero mi
  ritornate semai tornare degio nalegragio.

VI.

Amore merzé, per Dio, vi comfortate,
né da me non guardate
ché piciol è per mia mortte danagio,
ma per lo vostro amore sanza paragio
e forsse anco per mi ritornate
se mai tornare degio ̓n alegragio.

 

A more amore piu cheueleno amaro. nongia bene uede chiaro. chisimette jn
     podere tuo uolontero. chelprimo elmezo ne grauoso efero. elafine dibene
  tuto ilcontraro. oprende lauda eblasimo ongne mistero.

VII.

Amore, amore, più che veleno amaro
non già bene vede chiaro
chi si mette in podere tuo volontero:
che ‘l primo e ‘l mezo n’è gravoso e fero
e la fine di ben tuto il contraro
o’ prende lauda e blasimo ongne mistero.

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