Lirica Medievale Romanza
Published on Lirica Medievale Romanza (http://151.100.161.88)

Home > GIACOMINO PUGLIESE

GIACOMINO PUGLIESE

A cura di Virginia Machera e Giulio Ronzoni
  • letto 4520 volte

EDIZIONE

  • letto 2704 volte

Donna, di voi mi lamento

Repertorio: RMS 91:1
Manoscritti: Vaticano latino 3793, c. 17r (V)
Metrica: a8  b8, a8  b8; c8  d8  c8  d8 e3. Canzone di nove stanze singulars, ciascuna di nove versi, di cui l'ultimo costituito dalla parola-refrain amore, diffusa già in antecedenti occitani e francesi (per cui si veda Menichetti 1993, p. 580). La strofe è polimetrica: con fronte di ottonari e sirma invariabile di ottonari e trisillabo terminale. Questo accostamento nella sirma rappresenta un unicum, al pari dello schema rimico, sebbene somiglianze vi siano con quello impiegato in Quando veggio rinverdire e Tutor la dolze speranza. Coerentemente con l'identità ipotizzata per Giacomino, Santangelo, Dionisotti-Grayson e Arveda militano a favore dell'alternanza ottonario-novenario, di matrice giullaresca; tuttavia la maggioranza degli editori, compresa Brunetti, propende per la restituzione in ottonari regolari, proposta in primis da Casini. Il testo è attraversato da un intreccio metrico e retorico non indifferente, a partire dal legame capdenal? tra le strofi dispari ,(Ma)donna, e le strofi pari, Meo sir. Allacciamento capfinit, sebbene non rigoroso, è individuato a 16, 19, 41, 47, 53, 55. Per approfondimenti si rimanda all'edizione Brunetti.
Edizioni: D'Ancona-Comparetti 1875-88, I p. 392; Carducci 1907, col. 13; Torraca 1920, I, p. 40; Monti 1924, p. 146; Santangelo 1937, p. 74; Lazzeri 1942, p. 25; Guerrieri Crocetti 1947, p. 205; Vitale 1951, p. 274; Monaci-Arese 1955, p. 121; Panvini 1962-64, p. 189; Dionisotti-Grayson 1965, p. 103; Salinari 1968, p. 132; Skubikowski 1979, p. 61; Arveda 1992, p. 34; Brunetti 2008, pp. 603-614; CLPIO, 325.  
  • letto 1159 volte

Edizioni

  • letto 512 volte

Brunetti 2008

I

«Donna, di voi mi lamento,
bella di voi mi richiamo
di sì grande fallimento:
donastemi auro co·ramo.
Vostro amor pensai tenere
fermo, senza sospecione;
or m'asembra altro volere,
truovolo in falsa cascione,
amore.»

II
«Meo sir, se tu ti lamenti,
tu no ài dritto, nè ragione;
per te sono in gran tormenti;
Dovresti guardar stagione:
ancor ti sforzi la voglia
d'amore e la gelosia;
con senno porta la doglia,
non perder, per tua follìa
amore.»

III
«Madonna, s'io pene porto,
a voi non scresce baldanza,
di voi non agio sconforto
e fals'è la tua leanza,
quella che voi mi mostraste
là, ov'avea tre persone,
la sera che mi seraste
in vostra dolze pregione,
amore.»

IV
«Meo sir, se tu ti compiangi,
ed io mi sento la doglia;
lo nostro amor falsi e cangi,
ancor che mostri tua voglia;
non sai che parte mi tegna
Di voi onde son smaruta;
tu mi falsi di convegna
e morta m'à la partuta,
amore.»

V
«Donna, non ti pesa fare
fallimento o villania
quando mi vedi passare
sospirando per la via?
Asconditi per mostranza:
tuta gente ti rampogna;
a voi ne torna bassanza
e a me ne cresce vergogna,
amore.»

VI
«Meo sir, a forza m'aviene
ch'io m'apiatti od asconda,
ca·ssì distretto mi tene
quelli cui Cristo confonda!
Non m'auso fare a la porta;
'nd'io son confusa, in fidanza,
 ed io mi giudico morta,
tu nonn-ài nulla pietanza,
amore.»

VII
«Madonna, nonn-'ò pietanza
di voi, che troppo mi 'ncanni:
sempre vivi inn-allegranza
e ti diletti in mie' danni;
l'amor nonn-à inver' voi forza,
perchè tu non ài fermaggio,
d'amor nonn-ài se non scorza,
ond'io di voi son salvaggio,
amore.»

VIII
«Meo sir, se ti lamenti, a me,
tu ti 'nde prendi ragione,
ch'io vegno là ove mi chiame
e no 'nde guardo persone;
poi che m'ài al tuo dimino,
piglia di me tal vengianza,
che lo libro di Giacomino
lo dica per rimembranza,
amore.»

IX
«Madonna, in vostra intendenza
nente mi posso fidare,
che molte fiate in perdenza
trovomi di voi amare;
ma, s'eo sapesse in certanza
eser da voi meritato,
non averei rimembranza
di nesun fallo pasato,
amore.»
 

  • letto 476 volte

Tradizione manoscritta

  • letto 688 volte

CANZONIERE V

  • letto 967 volte

Riproduzione fotografica

[cc. 17r-v]

  • letto 648 volte

Edizione diplomatica

 [c. 17r]

                                        giacomi pulgliese

D           nna diuoi milamento· bella diuoi mirichiamo· disigrande fallimento· donastemi
             Auro coramo· Louostro amore penssai tenere· fermo senza sospecione· orma
       sembra daltro uolere· etruouolo jnfassa cascione· amore·
M    eo sire setutilamenti· tunonai dritto nerasgione· p(er)tesono jngrantormenti. ben

       doueresti guardare stasgione· Ancora tisforzi lauolglia· damore elagielosia· conse
nno portta ladolglia· enomp(er)dere p(er)tua <folglia>· folia· amore·
M    adonna sio pene portto· Auoi nonescrescie baldanza· diuoi nonagio scomfortto· efa
      
Isse latua leanza· quella cheuoi mimostraste· laoua uea tre p(er)sone· lasera chemi
seraste· jnuostra dolze presgione· amore·
M    eo sire setuti compiangi· edio misento ladolglia· lonostro amore falssi ecangi· a<...>ora
      
chemostri tua uolglia Nonssai chep(er)te mitengna· diuoi onde sono smaruta tu<.>i
falssi diconuengna· emorttama lapartuta· amore·
M      adon(n)a nonti· pessa fare· fallimento ouillania· quando miuedi passare· sospiranddo
        
p(er)lauia· Asconditi p(er) mostranza· tuta giente tirampongna· Auoi netorna bassanza
edame necrescie uergongna· amore·
M      eo sire a forza mauiene· chio ma piatti odasconda· cassi distretto mitene· quelli chui cri
       
sto comfonda· poi non mauso fare Alaportta· ondio sono comfusa jnfidanza· edio
mi giudico mortta· etun(n)onai nulla pietanza· amore·

[c. 17v]

M       adon non(n)o pietanza· diuoi chetroppo mincan(n)i· chesempre uiui jNallegranza· etidilletti
          jnmie dan(n)i· lamore non(n)a iueruoi forza· chetunonai fermagio· damore non(n)ai sen(n)o
 scorza· ondio diuoi sono saluagio· amore·

M       eosire setilamenti ame· tutinde prendi rasgione· chio uengno laoue michiame· enon
         de guardo p(er)sone· poi chemai Altuo dimino· pilglia dime taluegianza chelolibro
digia comino· lodica p(er)rimembranza· amore·

M    adon(n)a jnuostra jntendanza· neiente miposso fidare· chemolte fiate jmp(er)denza·
      
trouomi diuoi amare· maseo sapesse jnciertanza· esere dauoi meritato· nonaue
rei rimembranza· dinesuno fallo pasato· amore·

 

  • letto 679 volte

Donna, per vostro amore

Repertorio: RMS Discordi, IV
Manoscritti: Vaticano latino 3793, c. 16v (V)
Metrica: Discordo. L'interpretazione dei gruppi metrici differisce sia nelle ultime edizioni (Antonelli 1984, Canettieri 1995, Brunetti 2008) sia in quelle degli editori precedenti. Segnalando con scrupolo le questioni irrisolte, Antonelli individua nel testo quattro gruppi metrici rispettivamente costituiti: il primo di quattro periodi composti da una frase A di sei versi ripetuti due volte, da una frase B di due versi, da una frase C di tre versi ripetuta due volte e da una frase D di cinque, per un totale di venticinque versi. Il secondo gruppo conterebbe due periodi: E, frase di cinque versi, e F, di cinque versi, ripetuta due volte, per un totale di quindici versi. Il terzo gruppo sarebbe composto da cinque periodi (G, H, L, M, N), di cui il primo costituito da una frase di cinque versi ripetuta due volte, il secondo da una frase di tre versi, il terzo da una frase di due versi ripetuta tre volte, il quarto da quattro versi e il quinto da tre, per un totale di ventisei versi. Il quarto gruppo conterebbe infine tre periodi: O con frase di quattro versi, P di sei versi e Q di quattro, per un totale di quattordici versi.

Canettieri, segnalando ugualmente incertezze nella distinzione dei versicoli e nella misura, individua e distingue nel testo undici gruppi metrici, proponendo il seguente schema:
I, vv. 1-21:       [a] (b) b (c) c (d) d (e) e f (g) g (h) h (i) i (l) l (m) m f
                         7  [4] 4  4  4   4  4  4  4 7 7  4   4  4  4 4 4 4  4   4 7
II, vv. 22-5:      (a) a (b) b
                         7  4  4   4
III, vv. 26-35:   (a) a (b) b c          (d) d (e) e c
                         4  4  4  4  6           4  4  4  4  6 
IV, vv. 36-41:   (b)  a  a    a     a    a 
                         3   7 11? 10? 10? 11
V, vv. 42-7:      (a) a b  c   c b
                          4  4 8 8? 4 8?
VI, vv. 48-56:   a [a] b b c           a a d d c
                        5 [4] 4 4 6           5 4 4 4 6
VII, vv. 57-66:  a (a) a b b           a (a) a b b
                        6  4  4  8 8           6  4  4 8 8
VIII, vv. 67-82: a a b  c c b b       d d e  e   e   e   f  f  f
                        4 5 7? 5 4 5 10?  4 4 5 10 10 10 4 4 8
IX, vv. 83-6:    a a a a
                       8 8 8 8
X, vv. 87-92:   a   b   b a b a
                       8? 8? 8 6 9 6
XI, vv. 93-6:    a a a a 
                       5 5 8 5
Brunetti, infine, ragionando sulle serie monorime, sul sistema della maiuscole e sulla mise en page, pur nelle incertezze irrisolte, nella sua edizione divide le sole porzioni metriche effettivamente distinte come strofi nell'unico testimone latore del componimento, proponendo otto blocchi di versi (per approfondimenti si veda la bibliografia di riferimento in Brunetti 2008, pp. 582-584).
Edizioni: D'Ancona-Comparetti 1875-'88, I, p. 386; Bartoli 1882, p. 95; Monti 1924, p. 143; Santangelo 1937, p. 61; Lazzeri 1942, p. 619; Guerrini Crocetti 1947, p. 201; Vitale 1951, p. 270; Panvini 1962-'64, p. 184; Salinari 1968, p. 127; Skubikowski 1979, p.34; Brunetti 2008, pp. 582-594; CLPIO, 324.

 

 

  • letto 1283 volte

Edizioni

  • letto 492 volte

Brunetti 2008

I

Donna, per vostro amore
[...] trovo
e rinovo
mi' coraggio,
chè tant'agio
dimorato
e dottato,
istato muto
e ritenuto
per biasmo e per paura
de la gente
già neiente
non mi lasso
e non casso
li miei versi,
li diversi
rime dire:
voglio avere
consolanza
in allegranza,
istando fori di rancura.
Ben m'è fuoridi pena,
oi aulente lena:
poi m'avete,
or mi tenete,
s'i'ò solazzo
versi fazzo
per voi, bionda,
ochi giuconda,
che m'avete priso
 
II
   
Or m'abraza
a le tue brazza,
amorosa,
dubitosa,
co lo dolze riso
conquiso
m'avete, fin amore,
vostro sono leale servidore;
voi siete la mia donna a tutore,
aulente rosa col fresco colore,
che 'nfra l'altre ben mi pare la fiore.

III
   
Di belleze
e d'adorneze
e di bello portamento
vostra para non ò trovata;
donna nata;
però a voi m'apresento.
A tale convente
isto caribo
ben distribo;
de le maldicente;
bon'ò talento
lo stormento
vo sonando
e cantando,
blondetta piagente.

IV
   
Voi siete mia spera,
dolce cera,
sì perera,
se non fosse lo conforto,
che mi donaste in diporto;
chè mi disperera,
mal vedera
si guerera
ma voi siete, fior de l'orto,
per li mai parlieri a torto.

V
   
Rosa fresca,
non t'incresca
sed io canto ed ispello
a tutore
sono novello:
mentre vivo,  a voi sono rubello.
La feruta
non si muta
de' vostri sguardi,
ancora gli mi mandate tardi,
passano balestrieri turchi e sardi.
Sì m'ànno feruto i vostri sguardi
tuto 'ncendo
pur veggendo:
fina donna, a voi m'arendo.

VI
   
Rendomi in vostra balìa,
voi siete la donna mia,
fontana di cortesia,
per cui tute gioe s'invia.

VII
 
 
Reina sè d'adorneze
e donna sè d'insegnamento,
messo m'à in ismagamento
la vostra bellezze:
chiarita in viso più c'argento,
donami allegrezze.

VIII
 
Ben sono morto
e male corto,
se a me non date sconforto,
fiore de l'orto.
 
 

  • letto 463 volte

Tradizione manoscritta

  • letto 664 volte

CANZONIERE V

  • letto 582 volte

Riproduzione fotografica

[cc. 16v-17r]

  • letto 488 volte

Edizione diplomatica

[c. 16v]

                                             giacomino pulgliese
                                                                                Discort
D        onna p(er) uostro amore· truouo· e rinouo· micoragio· chetantagio· dimorata
          enondo tato· istato muto· eritenuto· p(er) biasimo e p(er) paura· p(er) biasimo delagie
          nte· gianeiente· non mi lasso· enon casso· limiei uerssi· lidiuerssi rime dire·
uolglio auere· comsolanza· jnallegranza· istando fori diranchura· ben me fuori di 
pena· oiaulentelena· poi mauete· ormitenete·· sio·solazo· uerssi fazo· p(er) uoi bionda·
ochi giuconda· chemauete priso·                      ORma braza· aletuo braza· amoro
sa· dubitosa· colo dolze riso· conquiso· mauete· fina more· uostro sono leale seruido
re· uoisiete· lamia don(n)a atutore· aulente rosa colfresco colore· chenfralaltre ben
mi pare la fiore.                               Dibelleze· edardoneze· edi bello portamento·
uostra para nono truouata· don(n)a nata· pero Auoi mapresento· Atale conuento· isto
caribo· bendistribo· delemaldicenze· bono talento· lotormento· usonando· ecan
tando· blondetta piagente·                Uoi siete mia spera· dolcie ciera· sipotera·
senom· fosse lo comfortto·chemi donaste jndiporto· chemi disperera· maudera· si
guerera· mauoi siete la fiore delortto· p(er)limai parleri Arortto· Rosa fresca· gia
non tin cresca gia nontincresca· sedio canto edispello· p(er) uostro amore· atutore
sono nouello mentre uiuo auoi nomsono rubelle· laferuta· nonsi muta· deuostri                               

                                

[c. 17r]

sguardi· ancora glimi mandate tardi· passa balestrieri turchi esardi· siman(n)o feruto
uuostri sguardi· tutonciendo· puruegiendo· fina don(n)a auoi marendo·
Rendomi jnuostra balia· uoi siete ladonna mia· fontana dicortesia· p(er)chiu tute gioe sinuia
  reina se dadorneza· edonna se disengna mento· messa mai nisma game nto· louostre
belleze· chiarita jnuiso piu cargiento· donami Allegreze· bene sono mortto· emale colto
seme nondare scomfortte· fiore delortto·

 

  • letto 694 volte

Ispendïente [Oi resplendiente]

Repertorio: RMS 88:3
Manoscritti: Vaticano latino 3793, c. 18r (V)
                   Zürich, Zentralbibliothek C 88, c. Iv (Z), solo vv. 1-33.
Metrica: a5  b5,  a5  b5;  c10  d10,  c10  d10. Canzone di quattro (Z) e otto (V) strofi singulars di otto versi ciascuna. Nella sirma i decasillabi sono talvolta interpretabili come doppi quinari. Schema simile con diversa quantità sillabica è rintracciabile nella celebre canzone di crociata di Rinaldo d'Aquino, Giamäi mi conforto, e dal II e III gruppo dell'anonima Rosa aulente. Nessuna attestazione per la fronte con doppio quinario a rima baciata, ma lo schema è nei trovieri (cfr. il virelai di Jehannot de l'Escurel, Mölk-Wolfzettel 1972, n. 423, 261). Lo schema rimico è rintracciabile già nel corpus dei primi trovatori (Frank 1953-57, n. 407). 
Edizioni: V: D'Ancona-Comparetti 1875-88, I. p. 400; Carducci 1907, col. 11; Monti 1924, p. 153; Tallgren 1935, p. 261; Santangelo 1937, p. 99; Lazzeri 1942, p. 631; Gueerieri Crocetti 1947, p. 211; Vitale 1951, p. 281; Monaci.Arese 1955, p. 122; Panvini 1962-64, p. 193; Salinari 1968, p. 137; Skubikowski 1979, p. 86; Morini 1999, p. 82, Brunetti 2008, pp. 631-642; CLPIO, 327.
Z: Brunetti 2000; Brunetti 2008, pp. 631-642.
  • letto 1182 volte

Edizioni

  • letto 453 volte

Brunetti 2008

I

Isplendïente
stella d'albore
e pïagente
donna d'amore,
bella, lo mio core, ch'ài in tua balìa,
da voi non si diparte, in fidanza;
or ti rimembri, bella, la dia
che noi fermammo la dolze amanza.

II

Bella, or ti sia
rimembranza
la dolze dia
e·ll'alegranza
quando in diportanza istava con voi;
basciando mi dicie: «Anima mia,
lo dolze amore, ch'è 'ntra noi dui,
non falsasse per cosa che sia!»

III

Lo tuo splendore
m'à sì preso,
di gioia d'amore
m'à conquiso,
sì che da voi non aso partire,
e non faria sed io lo volesse;
ben mi poria adoblar li martire,
se 'nver' voi fallimento facesse.

IV

Donna valente,
la mïa vita
per voi, più-gente,
è ismarita:
se non fosse la dolze aita e lo conforto
membiando ch'éi te, bella, a lo mio brazzo,
quando scendesti a me in diporto
per la finestra de lo palazzo.

V

Alor t'èi, bella,
in mia ballia,
rosa novella,
per me temia.
Di voi presi amorosa vengianza;
oi, 'n fide, rosa, fosti patuta!
Se 'n mia ballia avesse Spagna e Franza,
nonn-averei sì rica tenuta!

VI

Ch'ïo partia
da voi, intando
diciavatemi
sospirando:
«Se vai, meo sire, e fai dìmoranza,
ve' ch'io m'arendo e faccio altra vita,
giamai non entro in gioco, né in danza,
ma sto rinchiusa più che romita».

VII

Or vi sia a mente,
oi donna mia,
che strana gente
v'à in balìa.
Lo vostro core non falsasse:
di me, bella, vi sia rimembranza!
Tu·ssai, amore, le pene ch'io trasse:
chi ne diparte mora in tristanza!

VIII

Chi ne diparte,
fiore di rosa,
non abia parte
in buona cosa,
che Deo fece l'amor dolce e fino.
Di due amanti, che s'amaro di core,
asai versi canta Giacomino,
ora, che si diparte di reo amore.
 
 

  • letto 432 volte

Tradizione manoscritta

  • letto 621 volte

CANZONIERE V

  • letto 669 volte

Riproduzione fotografica

[c. 18r]

  • letto 692 volte

Edizione diplomatica

[c. 17v]

                                                      giacomino pulgliese

 

I      spendiente· stella dalbore· epiagiente· donna damore· bella lomio core· cai jntua ballia
       
dauoi nomsi dipartte jmfidanza· ortirime mbri bella ladia· chenoi fermam(m)o ladolze
amanza·

B   ella ortisia· rimembranza· ladolze dia· ellalegranza· quando jndiportanza· istaua
    
conuoi· basciando midicie anima mia· lodolze amore chentranoi dui·nomfalsasse
p(er) cosa chesia·

 

L   otuo splendore· masi preso· digioia damore· ma comquiso· sichedauoi nonoso· partire
    
enonfaria sedio louolesse· benmi poria adoblare limartire· senueruoi fallimento
faciesse·

D   onna ualente· lamia uita· p(er)uoi puigente· eismarita· senomfosse ladolze aita· elo
     
comfortto· membiando chei re bella donna brazo· quando sciendesti ame jndiportto·
p(er)lafinestra delopalazo·

A   lora tei bella· jmia ballia· rosa nouella· p(er) me temia· diuoi presi amorosa mia· ue
    
gianza· oinfiderosa fosti patuta· senmia ballia auesse spangna efranza· nonaue
rei sirica tenuta·

C   hio partia· dauoi jntando· diciarauemi· sospirando· seuai meo sire efai dimoranza·
    
uechio marendo efaccio altra iura· giamai nonentro jngioco neindanza masta ri
nchiusa piu cheromita·

OR uisia amente· donna mia· chentraua giente nam balia· louostro core nonfalsasse
     
dime bella uisia rimembranza· tussai amore le pene chio trasse· chine diportte mo
ra jntristanza·

C  hine dipartte· fiore dirosa· nonabia partte jmbuona cosa· chedeo fecie lamore·
     
dolcie efino· didue amanti chesamaro dicore asai uerssi canta giacomino· che
sparte direo amore·

 

  • letto 509 volte

Zurich, Zentralbibliothek, C 88 (Z)

  • letto 578 volte

Riproduzione fotografica

[c. 1v]

  • letto 506 volte

Edizione diplomatica

[c. 1v]

[.] esplendiente stella de albur· dulce piaçente dona dam\ur/ bella lumen cor as inbalia·
[.] a uoy· no(n) si d(e)p(ar)te enfidança· ma donor te rene\n/br\a/ ladya q(ua)n(do) forma mola dulçe ama
[.] ça· Bella orti sia renab\ra/nça la dulça dia la legr\an/ça q(ua)n(do) staua cu(m) uoy in porto ba
[.] ado me disist anima mya lugran solaç· Kenfra uoy duze ne falso si p(er)dona
[.] isia· luto splandore uua si p(re)so cu(m) zoy damore ma (con)q(ui)so sic heu diuoy n(on) posso partire
e noluolria si <heu> ben· lupodoso K mel poria dupler li martire· Kin uer di uoy
[.] alla(n)ca facisse· Dona ualente lamiauita· p(er) uoy pulçente sta smarita si no(n) fusu 
[ ] dulce (con)forto· nenb\ra/ndo keu lute(n) almen braço qua(n)t d(e)sce(n)dist ame in d(e) porto p(er)la
[.] enest\ra/ d(e) lu palaço ·¸·

 
  • letto 539 volte

Edizione diplomatico-interpretativa

c. Iv

[.] esplendiente stella de albur· dulce piaçente dona dam\ur/ bella lumen cor as inbalia·

[.] a uoy· no(n) si d(e)p(ar)te enfidança· ma donor te rene\n/br\a/ ladya q(ua
)n(do) forma mola dulçe ama

[.] ça· Bella orti sia renab\ra/nça la dulça dia la legr\an/ça q(ua)n(do) staua cu(m) uoy in porto ba

[.] ado me disist anima mya lugran solaç· Kenfra uoy duze ne falso si p(er)dona

[.] isia· luto splandore uua si p(re)so cu(m) zoy damore ma (con)q(ui)so sic heu diuoy n(on) posso partire

e noluolria si <heu> ben· lupodoso K mel poria dupler li martire· Kin uer di uoy

[.] alla(n)ca facisse· Dona ualente lamiauita· p(er) uoy pulçente sta smarita si no(n) fusu 

[ ] dulce (con)forto· nenb\ra/ndo keu lute(n) almen braço qua(n)t d(e)sce(n)dist ame in d(e) porto p(er)la

[.] enest\ra/ d(e) lu palaço ·¸·


 

[R]esplendiente 
stella de albur, 
dulce plaçente
dona damur,
bella, lu meu cor as in balia:
[d]a voy non si departe en fidança
m'ad on'or te renenbra la dya
quando formamo la dulçe ama[n]ça.
 
Bella, or ti siâ
·renabrança
la dulça dia
[e] l'alegrança
quando in deporto stava cum voy;
ba[s]a[n]do me disist: «anima mya, 
lu gran solaç k'è 'nfra noy du(r)e
ne falsasi per dona [k]i sia!»,

Lu to splandore
m'a[vi] sì preso
cum zoi d'amore
m'a[vi] conquiso
sì ch'eu di voy non posse partire 
e no ·l volria, si-ben lu podese,
k[a] me (.l) poria dupler li martire,
k'inver di voi [f]allança faciesse.

Dona valente,
la mia vita
per voi, plu-çentê,
·sta smarita,
si non fus'u [.] dulce conforto
nenbrando k'eu lu ten·al meu braço,
quant descendist a me i[n] deporto
per la [f]enestra de lu palaço.

  • letto 610 volte

La dolce ciera piasente

Repertorio: RMS 98:4
Manoscritti: Vaticano latino 3793, c. 17v (V)
                   Chigiano L.VIII.305, cc. 82v-83r (Ch)
                   Banco Rari 217, c. 21r (P)
Metrica: 8  a  b  a  b;  c  d  d  c. Canzone di otto strofi singulars di otto versi. Caratteristica unica del componimento è la strofe omometrica, con fronte di ottonari e sirma invariabile di ottonari, a rima incrociata. Allacciamaneto capfinit rigoroso tra II e III, meno tra I e II. Lo schema metrico è «uno degli schemi più frequentati tra i Federiciani» (Antonelli 1979, p. 160; Brunetti 2008, p. 616) con antecedente trobadorico  in Frank 1953-57, n. 421 e somiglianze, anche per l'impianto stilistico utilizzato, con Bernart de Ventadorn, En cossirer [BdT 70.17] e Raimbaut de Vaqueiras, A vos, bona don'e pros [BdT 392.6]. Schema inusuale tra i trovieri, con due soli exempla.
Edizioni: D'Ancona-Comparetti 1875-88, I, p. 396; Villani 1899, p. 56; Savj-Lopez - Bartoli 1903, p. 162; Carducci 1907, col. 12; Feist-Vincenti 1922, p. 26; Monti 1924, p. 150; Wiese 1928, p. 168; Santangelo 1937, p. 89; Guerrieri Crocetti 1947, p. 209; Vitale 1951, p. 278; Panvini 1962-64, p. 426; Salinari 1968, p. 135; Skubikowski 1979, p. 74; Brunetti 2008, pp. 615-622; CLPIO 240 (P), 326 (V)
  • letto 1333 volte

Edizioni

  • letto 466 volte

Brunetti 2008

I

La dolce cera piacente
e li amorosi sembianti
lo cor m'allegra e la mente
quando le sono davanti.
Sì volentieri la veio
quella cui ëo ami,
la bocca ch'ëo basai
ancor l'aspetto e disio.

II

L'aulente bocca e le menne
de lo petto le toccai,
a le mie bracia la tenne;
basando m'adomandai:
«Messere, se ve n'ate a gire,
non faciate adimoranza,
che non è bona usanza
lassar l'amore e partire.»

III

Alotta ch'eo mi partivi
e dissi: «A Deo v'acomando!»,
la bella guardò inver' mevi
sospirando e lagrimando.
Tant'erano li sospiri
ch'a pena mi rispondea
e la dolce donna mia
non mi lassava partire.

IV

Io no fuivi sì lontano
che 'l mio amor v'obriasse
né non credo che Tristano
Ysaotta tanto amasse.
Quando veggio l'avenente
infra le donne aparere,
lo cor mi trae martiri
e ralegrami la mente.
 

  • letto 531 volte

Tradizione manoscritta

  • letto 673 volte

CANZONIERE Ch

  • letto 603 volte

Riproduzione fotografica

[cc. 82v-83r]

  • letto 583 volte

Edizione diplomatica

 [c. 82v]

                                      Mess(er) Piero daleuigne.   P
L      Adolce cera piacente elgliamorosi sembianti lochore mallegra ela
        mente quando leson dauanti. Siuolontieri laueggio quella chui eo
  amai laboccha cheo bascia anchor lastetto edisio .
  Laulente boccha elemenne delopecto letocchao alemie braccia latenne
  basciando ma domandao . Messere se uenite agire non facciate adimora(n)za
   chenone bona usanza lasciar lamare e partire .

[c. 83r]

Allotta cheo mipartio edissi adeo uacchomando labella guardo i(n)uerdime
 sospirando elagrimando. Tanterano lisospiri cheapena mirispondea ladolcie
 domma mia no(n)mia lasciaua partire.
Io non uo silontano chelmeo amor non uobriasse Nenoncredo che tristano
 isaotta tanto amasse. Quandi ueggio uenir laulente infrale donne eap
 parere. lochor mitrae dimartiri eallegrami  lamente .
  • letto 514 volte

CANZONIERE P

  • letto 631 volte

Riproduzione fotografica

[c. 21r]

  • letto 339 volte

Edizione diplomatica

[c. 21r]

                                                                          Mess(er) piero daleuigne
                 L                                                      
Adolceciera piasente· eliamorosi sen
                                                                        bianti.
                                                                         locoremallegra elamente quando le
                                                                         sono auanti
                                                                          Siuolentieri la ueio quellacui eo
                                                                        amai labocca keo basai ancor laspec
                                                                        to edisio.
                                                                 
                                                                        laulente bocca [...] delopecto
                                                                       letocca [.]
                                                                        alemie bracia laten(n)  basando ma     
                                                                       domandao.
             messere se uenite agire no(n) faciate adimoranza· kenonebona  usanza
             lassar lamore epartire
 

              Alotta keo mi partiui edissi adeo uacomando
             labella guardo inuermeni e sospirando lagrimando
             Tanteranoli sospiri ka pena mi [...]pondea la [...] mia no(n)mi
            lassaua partire·

            Io no uo si lontano kelmioamor no.
            Ne non credo ke tristano·ysota tanto amasse·
             Quando uegio uenire laulete intrale donne aparere locor mitrae
            dimartiri. eralegrami lamente.

             

  • letto 541 volte

CANZONIERE V

  • letto 601 volte

Riproduzione fotografica

[c. 17v]

  • letto 486 volte

Edizione diplomatica

[c. 17v]

                                      Giacomino pulgliese

L        adolcie ciera piagente· egliamorosi sembianti· locore malegra elame nte·
          quando mipare dauanti· Siuolontieri laueio laboca chio basciai· quella chuio
amai· ancora laspetto edisio·
L    Aulente boca elemene· elopetto leciercai· fraleme braza laten(n)e· basciando midi
      mandai· mess(er) seueni agire· nom faciate Adimoranza· chenon(n)e bona usanza· lasci
 are lamore epartire.
Q   uando miuenni apartire· madon(n)a adio uacomando· la bella guardo uermene
      sospirando lagramiando· tanterano lisospire· capena mirispondeia· ladolze
don(n)a mia· nonmi· lascia partire·
I o nomfuiui silontano· chelmio amore uubriasse· enoncredo chetristano· isotta
  tanto amasse· quando uegio uenire laue nente· ele done aparire· locore mitrae
 dimartire· eralegrami lamente·
 

  • letto 609 volte

Lontano amor mi manda sospiri

Repertorio: RMS 79:3
Manoscritti: Vaticano latino 3793, c. 17r (V)
Metrica: a10 b10, a10 b10; c11 c11 b11. Canzone di cinque stanze singulars di sette versi, di cui l'ultima con funzione di congedo; strofe costituita da una fronte di decasillabi e da una sirma indivisa di endecasillabi. Come in Morte, perché m'ài fatta sì gran guerra, con struttura di endecasillabi e quinari con sirma bipartita, la rima b collega i due piedi della fronte alla sirma. L'accostamento di decasillabo ed endecasillabo è un unicum. Sul versante rimico è possibile istituire una relazione con la canzone anonima L'amoroso conforto, con gli ottonari di S'io doglio no è maraviglia di Giacomo da Lentini, e con fronte di endecasillabi e sirma polimetrica di In gioia mi tegno di Rinaldo d'Aquino. La combinazione di decasillabo e quinario è peraltro propria del solo Giacomino, assieme al rarissimo uso, nella poesia delle origini, del verso decasillabo, come segnalato da Brunetti (Brunetti 2008, p. 595).
Edizioni: D'Ancona-Comparetti 1875-'88, I, p. 390; Monti 1924, p. 156; Santangelo 1937, p. 69; Lazzeri 1942, p. 633; Wartburg 1964, p. 130; Guerrieri Crocetti 1947, p. 214; Vitale 1951, p. 273; Monaci-Arese 1955, p. 124; Panvini 1962, p. 187; Salinari 1968, p. 130; Skubikowski 1979, p. 51; Brunetti 2008, pp. 595-602; CLPIO, 325.
  • letto 1123 volte

Edizioni

  • letto 467 volte

Brunetti 2008

I
 
Lontano amore manda sospiri
merzè cherendo inver l'amorosa,
che falso non mi deggia tenere
che falsitate già non m'acusa:
non ch'io fallasse lo suo fino amore,
con gioia si dipartisse lo mio core
per altra donna, ond'ella sia pensosa.
 
II
 
Di ciò si 'nganna, s'ell'à sospetto
ca piacimento d'altra mi sia,
chè 'n altra donna già non diletto,
se nonn-in voi che siete gioia mia;
Vista né riso d'altra non m'agenza,
anzi mi tegno in forte penitenza
i be' sembianti c'altra mi facìa.
 
III
 
Se mi 'ntendesse, a non crucïare
lo mio diritto senza cascione,
inanzi voglio ben confessare
ch'aggia torto de la mia rascione;
ma·ffaccia che le chiace, ch'io m'arendo
a sua merzè, colpa non mi difendo
e 'nver' l'amore non fo difensione.
 
IV
 
Se la mia donna ben si pensasse
ch'io son più ardente de la sua amanza!
Ch'ella si pensa ch'io la fallasse,
che m'à donato sì gra·leanza;
de lo suo amore, che m'à radopiato,
ch'ella si pensi ch'io non sia vietato
lo cor m'incende di grande adiranza.
 
V
 
Canzonetta, va a quella ch'è dea,
che l'altre donne tene in dimino
da Lamagna infino in Agulea:
di quello regno, che è più fino
de gli altri regni (a!,Deo, quanto mi piace!):
in dolze terra dimoranza face
madonna, ch'a lo fiore sta vicino.
 

  • letto 465 volte

Tradizione manoscritta

  • letto 614 volte

CANZONIERE V

  • letto 553 volte

Riproduzione fotografica

[c. 17r]

  • letto 467 volte

Edizione diplomatica

[c. 17r]

                                       giacomino pulgliese
L        ontano Amore mi manda sospiri· merze cherendo jnuerlla morosa· chefalsso non
          mi degia tenere· chefalsitate gia non ma chiusa Nonchio fallasse lotuo fino amore·
 congioia sidipartisse lo mio core· p(er) altra donna ondella sia pensosa.
D icio singan(n)a sella sospetto · capiaci mento daltra misia· chenaltra donna gia non midi
   letto· sen(on)inuoi chesiete lagioia mia· Uista neriso daltra non magienza· Anzi miten
gno imforte penitenza· ibesembianti caltra mifaciea·
Semitendesse anoncruciare· lomio diritto· senza cascione jnanzi uolglio bene conffe
  ssare· chagia tortto delamia rascione· Maffacca chele chiacie chio marenddo· Asua
mezze colpa nonmidifendo· enuerlamorte nomfo difemsione
Selamia donna bene sipensasse· chio sono piu Ardente delasua amanza· chella sipenssa
  chio laffallasse· chema donato sigrale<a>nza· delosuo amore chema rado·piato chellasi
penssi chio nonsia uietato· locore minciende digrande adiranza·
C anzonetta ua aquella chedea· chelaltre don(ne) tene jndimino· dala mangna jmfino jna
   ghulea· diquello rengno che piu fino· delglialtri rengni adeo quanto mipiacie· jn
dolze terra dimoranza facie· madon(n)a calofiore sta uicino·
  • letto 674 volte

Morte, perché m'ài fatta sì gran guerra

Repertorio: RMS 80:1
Manoscritti: Vaticano latino, c. 16r (V)
Metrica: a11 b11, a11 b11; c11 c11 b5, c11 c11 b5. Canzone di sei stanze singulars di dieci versi; strofe polimetrica, costituita da una fronte di endecasillabi e da una sirma invariabile di endecasillabi e quinari. Lo schema è un unicum ed è presente, con sirma indivisa e in diversa misura sillabica, soltanto in Lontano Amor, in S'io doglio no è meraviglia di Giacomo da Lentini e in In gioia mi tegno di Rinaldo d'Aquino. Sul solo versante rimico è possibile individuare un'ulteriore relazione con la seconda strofe di Dolze coninzamento di Giacomo da Lentini. Per la combinazione di endecasillabi e quinari valga il confronto con le due canzoni, di fronte uguale ma sirma differente, di Percivalle Doria, Come lo giorno, e Iacopo d'Aquino, Al cor m'è nato. La medesima rima b a fine di ogni piede e di ogni volta collega fronte e sirma. Le stanze sono collegate tra loro a due a due: I-II e III-IV sono unite da legame capfinit e IV-V dalla ripetizione della suddetta rima b (si veda Brunetti 2008, pp. 559 e 560).
Edizioni: D'Ancona-Comparetti 1875-88, I, p.379; Carducci 1907, col. 31; D'Ancona-Bacci 1908-17, I, p. 66; Bertoni 1921, p. 107; Monti 1924, p. 158; Santangelo 1937, p. 44; Scolari 1941, p. 213; Lazzeri 1942, p. 635; Guerrieri Crocetti 1947, p. 216; Vitale 1951, p. 265; Monaci-Arese 1955, p. 125; Contini 1960, I, p. 145; Panvini 1962-64, p. 179; Salinari 1968, p. 123; Skubikowski  1979, p. 12; Morini 1999, p. 79; Brunetti 2008, pp. 559- 572; CLPIO, 324.
  • letto 2739 volte

Edizioni

  • letto 466 volte

Brunetti 2008

I
 
Morte, perchè m'ài fatta sì gran guerra,
che m'ài tolta madonna, ond'io mi doglio?
La fior de le belleze mort'ài in terra,
per che lo mondo non amo, nè voglio.
Villana morte, che nonn-à' pietanza,
disparti amore e togli l'allegranza
e dai cordoglio;
la mia alegranza post'ài in gran stristanza,
chè m'ài tolto la gioia e l'alegranza,
c'avere soglio.
 

II
 

Solea aver sollazo e gioco e riso
più che null'altro cavalier che sia;
or n'è gita madonna in paradiso,
portòne la dolze speranza mia,
lasciòmi in pene e con sospiri e planti,
levòmi de sollazo, gioco e canti
e compagnia;
or no la veggio, nè le sto davanti
e non mi mostra li dolze sembianti
che far solia.

III
 

Oi Deo, perchè m'ai posto in tale iranza?
Ch'io son smaruto, non so ove mi sia,
chè m'ài levata la dolze speranza,
partit'ài la più dolze compagnia,
che sia i·nulla parte, ciò m'è aviso.
Madonna, chi lo tene lo tuo viso
in sua balìa?
lo vostro insegnamento e dond'è miso?
E lo tuo franco cor chi mi l'à priso
madonna mia?

IV

Ov'è madonna e lo suo insegnamento,
la sua bellezza e la gran canoscienza,
lo dolze riso e lo bel parlamento,
gli ochi e la boca e la bella sembianza,
lo adornamento e la sua cortesia?
Madonna per cui stava tutavia
in alegranza,
or no la veggio, né notte né dia,
e non m'abella sì com' far solia
in sua sembianza.

V

Se fosse mio 'l reame d'Ungaria,
con Greza e Lamagna infino in Franza,
lo gran tesoro di Santa Sofia,
non poria ristorar sì gran perdanza
come fui 'n quella dia che si n'andao:
madonna d'esta vita trapassao
con gran tristanza,
sospiri e pene e pianti mi lasciao
e giamai nulla gioia mi mandao
per confortanza.

VI

Se fosse al meo voler, donna, di voi
dicesse a Dio sovran che tuto face
che giorno e notte istessimo ambondui;
or sia il voler di Dio, da ch'a·llui piace.
Membro e ricordo quand'era comeco,
sovente m'apellava: «Dolze amico»,
ed or nol face;
poi Dio la prese e menolla conseco,
la sua vertute sia, bella, conteco,
e la sua pace.
 

 

  • letto 435 volte

Tradizione manoscritta

  • letto 565 volte

CANZONIERE V

  • letto 509 volte

Riproduzione fotografica

[c. 16r-v]

  • letto 472 volte

Edizione diplomatica

[c. 16r]

                                          giacomino pulgliese
M            orte p(er) che mai fatta sigranchguerra· chemai tolta madonna ondio mido
               lglia· lafiore dele belleze morttai jnterra· p(er) chelomonddo nonamo ne[..]
               lglio· Uillana morte chenona pietanza· dispartti amore etolgli lallegra
nza· edai cor dolglio· lamia Alegranza· postai jngrantristanza che mai tolto la jo
ia elalegranza cauere solglio·
S    ollea auere sollazo egioco eriso· piu chenullaltro caualiere chesia orsene
      gira madonna jmparadiso· portone ladolze speranza mia lasciomi impene
ecomsospiri epianti· leuomi dagio co e canti· eda la dolze compangnia chio ma
uea delglia manti· ornolauegio nelesto dauanti· enonmi mostrano lidolzi sem
bianti· chesolia·
O   ideo p(er)che mai posto intale jranza· chio sono smarato nonso oue misia· che
      mai leuata ladolze speranza· partitai lapiu dolze compagnia· oime che
sia jnulla partte ciome auiso· madonna lotuo uiso· chilo tene insua ballia louo
stro insengnamento edonde miso· elo tuo franco core che mi la priso dona
mia·
O  ue madonna elo suo jnsengnamento lasua belleza elagrancanoscienza· lo
    dolze riso elo bello parlamento glio chi elaboc[.]a elabella sembianza Relosuo
adornamento elasua cortesia· elasua nobile gientilia madon(n) p(er) chui sta ua tuta
uiajnalegranza· ornolauegio ne notte nedia enoma bella sicome faren solia· jn
tua· sembianza·
S    efosse mio loreame dungaria congreza elamangna jnfino jnfranza logra
      ntesoro disanta sofia· nompi poria ristorare sigrande p(er) danza come [...]
 

[c. 16v]

jnquella dia chesinandao· madon(n)a desta uita tra passao· congrantristanza· sospiri
epene epianti milasciao· egiamai nulla gioia mimandao· p(er) comfortanza·
S      efosse Almeo uolere don(n)a diuoi diciesse adio sourano che tuto facie· chegiorno
        enotte istessimo ambondiuoi· orsia iluolere didio dacallui pia cie· membro erico
rdo quandera comeco· souente mapellaua dolze amico - edora nolfacie· poi dio la
prese emenolla comseco· la sua uertute sia bella conteco· ela sua pacie·
  • letto 625 volte

Quando veggio rinverdire

Repertorio: RMS 90:4
Manoscritti: Vaticano latino 3793, c. 17v (V)
Metrica: 8  a  b,  a  b;  c  d  c  d  c. Canzone di quattro strofi singulars di nove versi ciascuna, con sirma indivisa, variabile in I e IV; allacciamento capfinit rigoroso tra II e III, meno tra I e II e III e IV. Testi isometrici di ottonari includono S'io doglio no è meraviglia e Amor non vole ch'io clami di Giacomo da Lentini, assieme a Dolze meo drudo di Federico II e La dolce cera piasente del medesimo Giacomino. Con diversa quantità sillabica lo schema è alla base di Tutor la dolze speranza. Sovrapponibilità perfetta, metrica e rimica, con i testi noti di Compagnetto da Prato, come segnala Brunetti 2008, p. 623 e con le due canzoni anonime Biasmar vo' e L'altrieri fui in parlamento. Lo schema rimico è unico ugualmente fra trovatori (Frank 1957-57, n. 408:1) e trovieri (Mölk-Wolfzettel 1972, n. 2310; RS 1460). 
Edizioni: D'Ancona-Comparetti 1875-88, I, pp.398-399; Sundby 1889, p. 14; Monti 1924, p. 139; Santangelo 1937, p. 95; Guerrieri Crocetti 1947, p. 197; Vitale 1951, p. 279; Monaci-Arese 1955, p. 120; Panvini 1962-64, p. 192; Salinari 1968, p. 136; Skubikowski 1979, p. 83; Brunetti 2008, pp. 623-630; CLPIO, 326.
  • letto 964 volte

Edizioni

  • letto 490 volte

Brunetti 2008

I

Quando vegio rinverdire
giardino e prato e rivera,
gli auscelletti odo bradire:
udendo la primavera
fanno lor gioia e diporto,
ed io voglio pensare e dire:
canto per donar conforto
e li mal d'amor covrire,
che l'amanti pere a torto.

II

L'amor è leggiere cosa,
molt'è forte esere amato.
Chi è amato ed ama in posa
lo mondo à dal suo lato.
Le donne n'ànno pietanza
chi per lor patisce pene;
sed è nullo c'aggia amanza,
lo suo core in gioi mantene,
tutor vive in allegranza.

III

In gioi vive tutavia;
al cor sento ond'io mi doglio,
madonna, per gelosia;
 'l pensamento mi fa orgoglio.
Amor non vol vengiamento,
ma vuol esser sofritore
di servire a piacimento
quello che 'ntende amore,
si conviene a compimento.

IV

Vostra sia la 'ncomincianza,
chè m'invitaste d'amore,
non guataste in fallanza,
ché  comprendeste il mio core.
Donna, per vostra 'noranza
sicurastemi la vita,
donastemi per amanza
una treccia d'auro ponita:
io la porto a membranza.
 
 

  • letto 422 volte

Tradizione manoscritta

  • letto 545 volte

CANZONIERE V

  • letto 610 volte

Riproduzione fotografica

[c. 17v]

  • letto 566 volte

Edizione diplomatica

[c. 16v]

                                   giacomino pulgliese
Q          Uando uegio rinuerdire· giardino eprato eriuera· gliau scielletti ado br
             adire·udendo laprimauera fanno loro gioia ediportto· edio uoglio pen
             sare edire· canto p(er) donare comforto· eli mali damore courire chegla
manti perono agrantortto·
L amore legiere cosa· molte efortte esere Amato· chie amato edama jmposa· lomo
   nddo adalsuo lato· Le donne nanno pietanza· chi p(er) loro patiscie pene· sede
nullo cagia amanza· losuo core jngioia mantene· tutora uiue jnallegranza·
I Ngioia uiue tutauia· Alcore sento ondio mi dolglio· madonna p(er)gielosia· lopensa
  mento mifa orgolglio· Amore nonuole jnuegiamento· mauuole essere soferitore·
diseruire apiacimento· quello chetende amore·· siconuiene acompimento·
U   ostra sia lancomincianza· cheminuitaste damore· nonguardaste jnfallanza· che
comprendeste jlmio core· donna p(er) uostra noranza· sichurastemi lauita· donastemi
p(er) amanza· unatrecca dauro ponita· edio laportto arimembranza·
  

 
 

  • letto 582 volte

Tutor la dolze speranza

Repertori: RMS 100:1
Manoscritti: Vaticano latino 3793, c. 16v (V)
                   Laurenziano Redi 9, c. 104v, mano Lb1, (L)
Metrica: a8 b8, a8 b8; c10? d7 (d)c4+7 d7 (d)c4+7. Canzone di cinque stanze singulars di nove versi. Collegamento capfinit non rigido tra I e II stanza, tra III e IV, tra IV e V; stanze capdenals isolate: II-IV-V; I-II-III. La strofe è polimetrica, composta da una fronte di ottonari e da una sirma che parrebbe combinare decasillabi a settenari ed endecasillabi. Lo schema metrico è un unicum, sviluppato con ogni probabilità da quello di base a b a b; c d c d c impiegato da Giacomino su ottonari in Quando veggio rinverdire. Vista l'eccezionale combinazione endecasillabo-decasillabo-ottonario-settenario, la definizione dello schema è indubbia (si veda Brunetti 2008, pp. 573 e 574).
Edizioni: D'ancona Comparetti 1875-1888, I, p. 383; Sundby 1889, p. 12; Monti 1924, p. 141; Santangelo 1937, p. 54; Lazzeri 1942, p. 617; Guerrieri Crocetti 1947, p. 198; Vitale 1951, p. 267; Panvini 1962, p. 181; Salinari 1968, p. 125; Skubilowski 1979, p. 24, Brunetti 2008, pp. 573-581; CLPIO, 179 (L), 324 (V).
  • letto 1100 volte

Edizioni

  • letto 439 volte

Brunetti 2008

I

Tutor la dolze speranza
di voi, donna, mi conforta;
membrando la tua sembianza,
tant'è la gioi che mi porta,
che nulla pena mi pare sofrire,
cotant'è lo dolzore,
ca tut'ore   lo cor mi fa sbaldire.
Non pensai, dolze amore,
ca null'ore    dovessi da me partire.

II

Donna dolce e piagente,
la vostra gran caunoscenza
non falli sì grevemente,
c'abassi vostra valenza:
s'abandonassi ciò c'ai conquiso,
perderia lo gran pregio,
CRUX e 'l dispregio   vostro è miso,
posto donna, in tuto disio
sì alt'amore disceso CRUX.

III

Oi bella dolzetta mia,
non far sì gran fallimento
di creder a gente ria
de lor falso parlamento.
Le lor parole sono viva lanza,
che·lli cor van pungendo
dicendo   per mala indivinanza.
Donna, merzè, ch'io 'ncendo
vegendo   partire sì dolze amanza.

IV

Donna, se  non vuoli intendre,
ver' me non far sì gran faglia:
lo mio cor mi deggie rendre,
ch'è distretto in vostra baglia,
che grande perdanza di me saria
perder lo core e voi,
abendui;   bella, per voi non sia:
lo dolce amor, che fui
infra noi dui   non falli, dona mia.

V

Donna, se 'nver' me falzassi,
be·llo saccio tanto fino 
che 'l vostro amor si n'abassi,
di voi diria Giacomino
che vostra usanza sia spessamente
che ti 'nfinga d'amare,
poi pare   a noi trezeria parvente.
Donna, merzè, non fare:
in fallare   non aggie cor, né mente.
 
 

  • letto 396 volte

Tradizione manoscritta

  • letto 606 volte

CANZONIERE L

a cura di Virginia Machera

  • letto 587 volte

Riproduzione fotografica

[c. 104v]

 

  • letto 394 volte

Edizione diplomatica

[c. 104v A]

                                          Giacomo pulliese
GiacomoPugliesi [T]utora ladolze speranza· di uoi
                            don(n)a mico(n)forta·me(m)brando latua
                        sembianza· tante lagioia chemi por
                        ta· che nulla pena mipare sofrire.

[c. 104v B]

cotante lodolzore· catutora lo core.
mifa sbaldire· no(n) pensai dolze amore.
canullore· douessi dame partire·
[D]onna dolcie epiagente· Lauostra
grande canoscenza· no(n) falli sigreue
me(n)te· cabassi uostra ualenza: sa
bandonassi cio cai co(n)quiso· p(er)derea lo
gran pregio· eldispregio uostro e
miso· posto don(n)a intuto disio· sialta
more discieso :.
[O]ibella dolzetta mia no(n) fare sigra(n)de
fallimento·dicredere alegente rie
delloro falso parlame(n)to: leloro pa
role sono uiua lanza·chelli cori ua(n)
no pungendo· edicendo p(er)mala jn
diuinanza· don(n)a merze chio ciendo.
ueggendo· partire sidolze ama(n)za :.
[D]onna seme no(n) uole jnte(n)dere·
uerme no(n)fare sigra(n) fallia· lomio
core midegi rendere chedistriecto
inuostra balglia· chegra(n)de p(er)dan
za dime saria· p(er)dere locore euoi·
anbendui· bella p(er)uoi no(n)sia· lodol
cie amore chefui· i(n)franoidui· no(n)
falli don(n)a mia:
[D]onna sen uerme falzassi· bello i
saccio tanto fino· chelo uostro a
more simabassi· diuoi diria giaco
mino: che uostra usanza sia spessa
mente· che tinfinga damare· poi r
para noi trezeria paruente· donna
merze no(n)fare· infallare·nonagie
core nemente :.
 
  • letto 440 volte

Edizione diplomatico-interpretativa

 Stanza I Stanza I
                   Giacomo pulliese
  [T]   utora ladolze speranza· diuoi
         don(n)a mico(n)forta· me(m)brando latua
 sembianza· tante lagioia che mi por
 ta· che nulla pena mi pare sofrire.
 cotante lodolzore· catutora locore.
 mifa sbaldire· no(n)pensai dolze amore·
 canullore· douessi dame partire :.
 
[T]utor la dolze speranza
di voi, donna, mi conforta,
membrando la tua sembianza
tant'è la gioia che mi porta
che nulla pena mi par sofrire,
cotant'è lo dolzore
ca tutore   lo cor mi fa sbaldire.
Non pensai, dolze amore,
ca nullore   dove' da me partire.

 

Stanza II Stanza II
[D]onna dolcie epiagente· Lauostra
grande canoscenza· no(n) falli sigreue
me(n)te·cabassi uostra ualenza: sa
bandonassi cio cai co(n)quiso· p(er)derea lo 
gran pregio· eldispregio uostro e
miso· posto don(n)a intuto disio· sialta
more discieso :.
[D]onna dolce e piagente,
la vostra gran canoscenza
non falli sì grevemente
ch'abassi vostra valenza:
s'abandonassi ciò ch'ài conquiso
perderia lo gran pregio
+el dispregio   vostro è miso
posto donna in tuto disio
sì alt'amore disceso+.

 

Stanza III Stanza III
[O]ibella dolzetta mia no(n) fare sigra(n)de
fallimento· dicredere alegente rie
delloro falso parlame(n)to: leloro pa
role sono uiua lanza· chelli cori ua(n)
no pungendo· edicendo p(er)mala jn
diuinanza· don(n)a merze chio ciendo.
ueggendo· partire sidolze amanza :.
[O]i bella dolzetta mia,
non far sì gran fallimento
di credere a gente ria,
de lor falso parlamento.
Le lor parole son viva lanza
che·lli cor van pungendo
e dicendo,   per mala indivinanza.
Donna, merzé, ch'io 'ncendo
veggendo   partire sì dolze amanza.

 

Stanza IV Stanza IV
[D]onna seme no(n) uole jnte(n)dere·
uerme no(n) fare sigra(n) fallia· lomio
core midegi rendere chedistriecto
inuostra balglia· chegra(n)de p(er)dan
za dime saria· p(er)dere locore euoi·
anbendui· bella p(er)uoi no(n)sia· lodol
cie amore chfui· i(n)franoidui· no(n)
falli don(n)a mia:
[D]onna, se non vuoli intendre,
ver' me non far sì gran faglia:
lo mi cor mi deggie rendre,
ch'è distretto in vostra baglia;
che gran perdanza di me saria
perder lo core e voi,
abendui;   bella, per voi non sia:
lo dolce amor che fui
infra noi dui   non falli, donna mia.

 

Stanza V Stanza V
[D]onna sen uerme falzassi· bello i
saccio tanto fino·che lo uostro a
more simabassi·diuoi diria giaco
mino: che uostra usanza sia spessa
mente· che tinfinga damare· poi r
para noi trezeria paruente· donna
merze no(n)fare· infallare· nonagie
core nemente :.
Donna, se 'nver' me falzassi
be·llo saccio tanto fino 
che 'l vostro amor si n'abassi;
di voi diria Giacomino
che vostra usanza sia spessamente
che t'infinga d'amare,
poi pare   a noi trezeria parvente.
Donna, merzè, non fare:
in fallare   non aggie cor né mente.
  • letto 385 volte

CANZONIERE V

  • letto 517 volte

Riproduzione fotografica

[c.16v]

  • letto 380 volte

Edizione diplomatica

[c. 16v]

                              giacomino pulgliese
T           utor ladolze speranza· diuoi donna micomfortta· membrando latua sem
             bianza· tante lagioia chemi portta· chenulla pena mipare sofrire cotante
             lodolzore· catutora locore· mifa sbaldire· nompenssai dolze amore canu
llore· douessi damo partire·
D  onna dolcie epiagiente· lauostra grande canoscienza· nomfalli sigreue me(n)te
    cabassi uostra ualenza· Sabandonassi cio cai conquiso· p(er)deria logrande presio·
eldispresgio uostro emiso· posto donna jntuto disio· sialta more discieso·
O   i bella dolzetta mia· nomfare sigrande fallimento· dicredere Alagiente ria· de
loro falsso parlamento· leloro parole sono uiua lanza· chelli cori uan(n)o pungiendo·
ediciendo p(er)mala jndiuinanza·don(n)a merze chio ciendo· uegiendo fidelze
amanza·
D  onna seme non uuoli jnte(n)dre uerme nonfare sigran falglia· lomio core mide
     gie rendre· chedistretto jnuostra balglia· che grande p(er)danza dime faria· p(er)
dere locore euoi· Abendui· bella p(er) uoi nonsia· lodolcie amore chefui· jnfranodui·
nomfalli dona mia·
O  idon(n)a senuerme falzassi· bello fatto tantofino· chelo uostro amore sinabassi· poi
uoi diria giacomino cheuostra usanza sia spessa mente· che tinfinga damare· poi
para noi trezeria paruente· don(n)a merze nomfare· jnfallare· nonagie core nemente

 

  • letto 326 volte
Credits | Contatti | © Sapienza Università di Roma - Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma T (+39) 06 49911 CF 80209930587 PI 02133771002

Source URL: http://151.100.161.88/?q=laboratorio/giacomino-pugliese